| Anna aveva deciso che quella sera avremmo fatto a modo suo. Niente pub, niente alcol, niente mondanità e soprattutto niente discoteca. Voleva una serata semplice e normale. Quindi saremmo rimasti a casa, avremmo ordinato le pizze e guardato un film. Se il film lo avesse scelto lei, di sicuro ci sarebbe stato da addormentarsi presto. Mentre stavo apparecchiando, Anna si stava ritoccando il trucco. Da quando stava con Bill si curava molto di più. Come se ne avesse avuto bisogno. Io, invece, ero rimasta in tuta. Ovviamente nera e un po’ attillata e con le converse consumate ai piedi. Non mi andava proprio di mettermi in ghingheri. Tanto che, stranamente, non misi nemmeno un filo di trucco. Qualcuno bussò alla porta e, sapendo già di chi si trattasse, andai ad aprire. 1 metro e 80 di maleducazione si intrufolò in casa sbattendo contro la mia spalla e facendomi indietreggiare. “Che finezza Tom!” “Da che pulpito Maggie…” Rispose il finto rapper che già si era stravaccato sul divano. Poi mi voltai e sul ciglio c’era lui. “Buonasera” “Ciao…” Risposi al moro in tono minore. Mi osservava fermo sulla porta e ancora non era entrato. Ogni volta che mi guardava era come sottintendesse qualcosa che non riuscivo a capire.
“O forse fingi di non voler capire…perché è più comodo…”
Ci guardavamo come se esistesse tra noi una conversazione silenziosa e misteriosa che solo noi potevamo comprendere. Ma fu interrotta dall’avvento di Anna sul cantante. “Ciao amore, siete in anticipo, strano!” “Mi sottovaluti tesoro” Il moro posò un bacio sulle labbra della mia amica e insieme mi superarono e si sedettero accanto a Tom. Me ne andai in camera. Non riuscivo a sostenere quella situazione. All’apparenza così normale, ma in realtà così tesa e in sospeso. Mi sembrava di vivere un ante guerra. Era come se una bomba ad orologeria dovesse scoppiare da un momento all’altro. Mi scoppiava la testa. Nei miei pensieri avevo i suoi occhi, il suo sguardo gelido dopo il bacio di Tom, la sua carezza, il suo respiro sul mio collo. Dovevo fermare quelle immagini crudeli, dovevo smetterla, ma proprio non ci riuscivo.
“E ho guardato dentro a un’emozione e c’ho visto dentro tanto amore, che ho capito perché non si comanda al cuore”
“Ti sembra il modo di presentarsi quello? Tuta, converse consumate e niente trucco?” Disse un Tom schifato entrato in camera mia. “Tom non è aria, ho un mal di testa terribile e sono di cattivo umore!” dissi massaggiandomi le tempie. “Oh ma se è per quello io un metodo per fartelo passare ce l’avrei” Il biondo sorrise. “Si certo, sono proprio dell’umore giusto…” “Bisogna essere sempre dell’umore per affrontare del sano sesso” Esclamò Tom con aria saccente e con un dito alzato. “Disse il filosofo Kaulitz, dai torniamo dagli altri che se no pensano male” Il pensiero di tornare di la non mi entusiasmava e un filo di tristezza si rispecchiò nei miei occhi, tanto da farlo capire anche al chitarrista. “I pensieri che possono farsi loro non saranno mai tanto gravi quanto quelli che hai tu adesso” Fece per andarsene ma io lo trattenni per un braccio. Aveva capito tutto e anche se spaventata ero sollevata dal fatto di poter condividere con qualcuno queste mie preoccupazioni. Si voltò, avrei voluto gridarli tutta la mia rabbia per non riuscire a cacciare via l’immagine di suo fratello dalla mia mente. Ma non accadde. Rimasi immobile e scoppiai a piangere. Lui mi prese tra le sue braccia e mi accarezzò i capelli. Io immersi il mio viso nella sua maglietta. Assaporai il suo odore, così dolce e mi abbandonai alla sua stretta, così rassicurante. “Tom perché? perché? Non smetto di pensarci” “Lo so, non c’è una spiegazione..” “Deve esserci, devo trovarla e annientarla!” “Devi solo essere forte e non cedere” “Io non so se ne ho la forza, lui è così maledettamente dolce, c’è qualcosa nel suo sguardo da bambino che mi fa perdere il controllo, sono così idiota! Lei è la mia migliore amica cazzo!” “Non farti ingannare dall’apparenza di mio fratello, lui è molto di più di quel che sembra. E’ mio fratello e lo amo, io conosco la sua parte migliore, ma so anche quanto può essere spietato. Lui, in una relazione, ama solo se stesso” Alzai lo sguardo verso il rasta, era sincero, tremendamente sincero. Che Bill davvero non amasse Anna? No, non avrebbe potuto fingere così palesemente. “Ehi! Voi due? Smettete di fare cosacce e venite di qua!” La voce spensierata di Anna mi distolse da quei pensieri. Lasciai andare Tom e mi avviai verso la porta. Poi mi voltai verso di lui e dissi: “Grazie” “A buon rendere Maggie…” Leccò il suo piercing quasi a lasciar intendere i sui pensieri poco casti e mi sorrise. Sapeva che poteva giocare con me e gli piaceva un sacco. Finalmente anch’io sorrisi e asciugandomi le lacrime mi avviai in cucina. Trovai Bill sul divano a scolarsi una birra e ad accarezzare il gatto, che tranquillo dormiva accoccolato sulle sue lunghe e magre gambe. “Oh finalmente, ma che facevate eh?” Anna conficcò il gomito nel fianco di Tom e lui rispose con un sorrisetto: “Questo non si può dire” “Ti ho mai detto quanto sei prevedibile Kaulitz?” Dissi “Almeno centinaia di volte”. “Allora ragazzi, io vado a prendere le pizze” Esordì Anna. “Ma non possiamo farcele portare?” “No Maggie, voglio andarle a prendere da Bruno, lui le fa divine e non ha il servizio di consegna a domicilio.” “Allora ti accompagno, che esile come sei ti cadranno tutte per le scale” “Ha parlato il gigante Golia, comunque non voglio che tu mi accompagni, tanto poi finisce che paghi tu e non è il caso, è stata un’idea mia.” “Vai tu con lei Tom, io sono stanco e mi sono appena rifatto la manicure con lo smalto di Anna” Disse Bill con un sorriso raggiante. Il suo piano era ovvio, Tom lo aveva capito. Voleva rimanere solo con me e il biondo non sapeva come fare ad impedirlo perché se Bill Kaulitz aveva in mente qualcosa, di certo lo avrebbe ottenuto in tutti i modi. “E dai Bill, muovi il culo e accompagna la tua ragazza, un po’ di moto non ti farà male!” “No, non c’è bisogno, vado io, ti prometto che non pago!” “Eh no cara mia, ti conosco, so come fai!” La situazione si faceva difficile, sapevo che non l’avrei scampata stavolta. Guardavo Tom supplichevole, ma anche lui non sapeva come aiutarmi. “Dai su, andiamo e poche storie” Anna prese il biondo per la maglia, lo trascinò con forza fuori dalla porta e la sbatté dietro di se.
“Non avresti mai dovuto farlo Anna, ma non potevi saperlo”
Ecco, ero sola con lui, in realtà c’era anche il Bill in versione pelosa, ma non avrebbe potuto aiutarmi. Se mesi prima qualcuno mi avesse detto che un giorno sarei rimasta da sola in casa con Bill Kaulitz avrei sicuramente pensato di aver a che fare con un pazzo che aveva, al posto del cervello, solo cenere. La passione per quel gruppo, per quel cantante mi accompagnava dall’età di 16 anni. All’ inizio ne ero ossessionata, come normale per un’ adolescente di quell’ età. Avevo poster, cd, foto e tutto l’occorrente per fare della mia camera un vero e proprio tempio per il culto di San Kaulitz. Era un amore platonico per qualcuno di inarrivabile, di impossibile, di lontano, troppo lontano. Ma per questo più forte di un amore vero, più potente di qualsiasi uragano. Adesso era li sul mio divano, con quegli occhi truccati che regnavano nei miei sogni da bambina. Era come se all’ improvviso provassi di nuovo quelle sensazioni infantili e adolescenziali. Sentii il cuore accelerare i battiti, le tempie pulsare, dovevo prendere aria. Corsi in terrazza velocemente, come se dovessi riemergere da sott’acqua. Bill mi osservò uscire dalla sala. Pensò che quello sarebbe stato il momento giusto. Mi avrebbe avuto tutta per sé. Anna gli era piaciuta, ma da quando si era ritrovato quella pazza di fronte la prima volta, non aveva fatto altro che pensare a lei, a quella pettinatura buffa, a quegli occhi grandi, a quel corpo che voleva. Tom si sbagliava se pensava che stavolta sarebbe stata come tutte le altre. Ora aveva intenzione di dimostrarlo.
Mi appoggiai al para petto e respirai profondamente. Lui mi prese le spalle da dietro e mi tirò a sé. “Lasciami Bill, sto bene” “Non mi sembra, stai sudando e sei paonazza, hai la febbre?” “No, ti ho detto che sto bene grazie” Scrollai le spalle tentando di liberarmi dalla sua presa. Ma lui era più forte di me. “Non ti servirà respingermi” “Che diavolo vuoi Bill, eh?” Ero arrabbiata, ma non con lui, con me stessa perché io quelle mani sulle mie spalle le volevo. Mi divincolavo, ma desideravo che lui continuasse a tenermi. Cercavo di scappare, ma volevo rimanere li. Lottando, riuscii ad allontanarmi da lui, ma quando sentii la sua mano afferrare di nuovo la mia provai sollievo e mi odiai per questo. Odiai profondamente me stessa. “Smettila, smettila, non puoi, io non posso!” “Taci!” Immobilizzò il mio volto con le sue mani e chiuse le mie labbra con le sue. Sbarrai gli occhi e iniziai a battere i pugni sul suo petto, ma lui non sentiva niente. Cominciai a piangere. I suoi baci erano più violenti. Si impossessavano del mio corpo,della bocca, delle guance, degli occhi, della fronte. Poi si fermò, mi guardò dritto negli occhi. Perché non lo feci, perché non scappai quando ne ebbi l’occasione? Ancora non ci eravamo baciati veramente, potevo far finire tutto li e cancellare poi tutto, come se niente fosse. No, non feci niente. Ero la sua schiava. Ero la marionetta nelle mani del suo burattinaio. Ormai avevo dato a lui in mano il gioco. Mi sorrise e asciugò una lacrima che usciva dai miei occhi. Poi iniziò tutto da capo. Stavolta la sua lingua entrò nella mia bocca e cominciò a danzare con la mia. Sentii le sue gambe incamminarsi e costringermi ad indietreggiare, camminavamo su di un percorso che lui aveva stabilito. Mi ritrovai di colpo seduta sul divano. Le lacrime continuavano a scendere imperterrite e la voglia di lui non diminuiva. I suoi capelli, le sue mani, il suo corpo sul mio, era un sogno! Il sogno della mia infanzia, della mia adolescenza ed ora del mio presente. Sentii la sua mano gelida entrare nei miei pantaloni e l’altra accarezzare il mio fianco sotto la maglietta.
“Devi reagire Maggie, sei stata debole fino ad ora, dov’è la tua forza?”
Sentii dentro di me queste parole e con un gesto istintivo spinsi Bill lontano da me, con una forza che non pensavo di avere. Dov’era andata a finire fino ad ora? Il moro cadde dal divano incredulo. Il suo sguardo non prometteva niente di buono, ma a me non importava. Mi ricomposi in un attimo e corsi in camera mia chiudendo a chiave la porta dietro di me. Mi appoggiai ad essa e mi accasciai a terra con le mani a tappare le orecchie. “Apri maledizione, apri!” Il cantante sbatteva i pugni più forte che poteva. “Ho bisogno di te, non lo capisci?” “Vattene, vattene!” “Non rovinare tutto Maggie, ci siamo trovati adesso!” “No no, non ci siamo mai trovati, è stata una cazzata, io non avrei mai dovuto! Mi fai schifo, hai preso per il culo la mia amica e io faccio ancora più schifo di te per non essermi controllata!” “Ti faccio schifo? Prima non sembrava, sei una puttana, non sei nient’altro che questo! Non ti bastava mio fratello, volevi collezionare un altro Kaulitz?” “Ti ho detto di andartene, sparisci! Tu sei morto per me, non esisti!” Piangevo sempre più forte, urlavo e lui urlava con me. Non pensavo ciò che dicevo, ma era l’unico modo per allontanarlo. Mi avrebbe fatto solo del male, come lo aveva fatto ad Anna e per colpa mia. “Stupida, stupida stupida! Non hai capito un cazzo di me, se mi avvicino a qualcuno è perché lo voglio davvero, cosa credi? a me piaceva Anna, poi ho visto te e sarebbe sicuramente nato qualcosa!” “E poi? Una volta nato, buttato via, giusto? A te non piaceva Anna e non piacevo io, ti piace solo sentirti amato e a me le persone come te danno la nausea! Stasera ho commesso l’errore più grande della mia vita!” “E’ questo che pensi?” La sua voce ora era più calma, non sbatteva più i pugni. Tolsi le mani dalle orecchie, mi alzai e mi appoggiai con una di esse alla porta, per sentire i suoi movimenti, ma sentivo solo silenzio. Bill si era fermato “Ho commesso l’errore più grande della mia vita”. A quelle parole era rimasto pietrificato. Era davvero capace di fare così tanto male agli altri? Che persona era diventato? Ora se ne stava li con una mano appoggiata alla porta, sotto di essa avrebbe voluto la pelle di Maggie,per accarezzarla e rassicurarla e dirle che lui per lei ci sarebbe stato, che non l’avrebbe gettata via come un oggetto. Invece ancora una volta sentì la sua voce: “Si, è questo che penso”. Lo dissi con un filo di voce, quasi impercettibile, ma sapevo che l’avrebbe capito, perché sentivo che era vicino, percepivo il suo respiro di la dalla porta. “Bene, addio Maggie!” Sentii dei passi e una porta sbattere violentemente. Uscii dalla mia camera e ancora potevo sentire il suo profumo. Ma di lui non c’era più traccia. Ora ero sola, avevo tradito la mia migliore amica e cacciato il ragazzo del quale mi ero innamorata.
“Era l’unica cosa giusta da fare Maggie, dovevi allontanarlo”
Quelle parole non mi furono di alcun conforto. Mi sedetti sul divano, dove poco prima ero sdraiata con lui, a dare inizio alla fine della favola della mia amica. Chiusi gli occhi e cercai di fingere che niente fosse accaduto. Ma non era così, ero stata debole e per quella mia debolezza Anna ne avrebbe sofferto. Sei un essere ignobile Margherita, sei una puttana, come ha detto lui, meriti di soffrire tu al posto suo, questo meriti.
„Keiner weiss, wies Dir geht. Keiner da, der Dich versteht. Der Tag war dunkel, und allein. Du schreibst Hilfe, mit Deinem Blut. Obwohl es immer wieder wehtut. Du machts die Augen auf, und alles bleibt gleich.“
|