Hamburg.

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; Lady ;
view post Posted on 16/1/2010, 22:27




Ok, so che per quanto riguarda il titolo, c'è poco da dire se non che nel mentre ci pensavo avevo poche idee in testa. Effettivamente...è andata così.
E' la prima volta che scrivo una ff comica. Vediamo come andrà a finire '-'




Trailer della fan fiction fatto dalla mia cognaten Marty *-*



Capitolo 1.



Ho sempre saputo di attirare catastrofi, disgrazie e qualsiasi altro tipo di calamità, ma oggi credo di dover dare un taglio alla mia flessibilità.
Primo, perchè ho davvero esagerato.
Secondo, perchè per una cosa così non ne vale davvero la pena.
Come diamine ho fatto a cacciarmi in un pasticcio del genere?
Osservo il la mia macchina e quella che ho indubbiamente rovinato con aria di sconforto. Tutte a me.
Se c'è qualcuno, mi va bene chiunque, che esiste, lassù...ti prego, guarda in basso e dammi un segno.
Osservo il cielo ricoperto da un mantello di nuvole grige, apparentemente cariche di pioggia.
Qualcosa mi bagna il viso, poi di nuovo, di nuovo ancora...sta piovendo.
Ok, non era questo il segnale che avevo chiesto ma per lo meno qualcosa è arrivato.
Ritorno a fissare la mia attenzione sulla mia macchina ipotizzando i possibili danni che la mia assicurazione sarà in grado di coprire (si spera) e piangendo al solo pensiero dei danni subiti all' altra auto.
Nonostante la macchina abbia un' aria decisamente familiare, si può dire che, in ogni caso, di così in giro se ne vedono poche.
Recupero l' ombrello dal cruscotto della mia auto e lo apro, tornando a vigilare sulle due macchine.
Qualcuno uscirà a recuperare questa poveretta prima o poi, no?
E' così piccola, sembra quasi indifesa e in confronto alla mia non si può parlare di piccole differenze.
Vale tre volte il mio umile mezzo se non di più, mi dispiace solo per l' ammaccatura frontale.
- Che è successo alla mia macchina? - urla qualcuno alle mie spalle.
- Aaaaaah! - urlo, voltandomi di scatto.
Scoppio a ridere, per una ragione sconosciuta perfino a me.
Mi guarda senza capire, lanciando varie occhiate preoccupate alla sua auto.
- Ho tamponato l' auto di Tom Kaulitz! Mamma mia, che colpo! -.
- Ti sembra una cosa divertente? - domanda, accigliato.
- Beh, in tutta sincerità, sì -.
Scuote la testa e fissa più da vicino il danno subito alla sua auto.
Poi torna a fissarmi, sorridendo.
- Mi dispiace guastarti il divertimento...o forse no, non mi dispiace. Ma in ogni caso, mi devi pagare i danni -.
- Io non pago, paga la mia assicurazione -.
- Tutto ciò mi è indifferente. Tu hai fatto il danno? Tu? Bene. A te il piacere di trovare una soluzione -.
- Ma ti ho appena detto che paga la mia assicurazione! - rispondo, infastidita dalla sua...cocciutaggine.
Tom Kaulitz è uno cocciuto, con la testa dura, più dura del marciapiede su cui cammino tutti i giorni.
- Bene. Tira fuori i documenti, allora -.
- Tirali fuori pure tu, carino. Non sono mica l' unica -.
- Il carino era scontato, in ogni caso -.
-Pure orgoglioso è adesso -.
- Come scusa -.
Nulla. Tom Kaulitz, io andrei di fretta, non sono come te che riposo tutti i giorni dell' anno -.
Finiamo quella noiosissima pratica. Ci scambiamo i documenti, dopodiché salgo in macchina senza ricambiare i suoi saluti.
Fisso dal finestrino la sua auto mentre si allontano. Mi guardo allo specchietto retrovisore e scoppio a ridere.
Nessuno avrebbe il coraggio di ridere di fronte a una soluzione simile, ma io sono io e di stupirsi non ne vale neanche lo sforzo.
A casa, racconto tutto alla mia coinquilina, che rimane sconvolta ma non così tanto sorpresa.
- Cioè...gli hai riso in faccia? - mi chiede, sconvolta.
- Ma non ridevo di lui -.
- E di cosa ridevi allora? -.
- Non lo so, ma come situazione era divertente. Ho tamponato la macchina di Tom Kaulitz. Fico, no? -.
Scuote la testa e si alza dal divano.
- Prendi da bere anche per me – urlo, per farmi sentire fino in cucina.
- Certo, scema -.
- Io non sono scema -.
- Hai tamponato la macchina di Tom Kaulitz e gli sei scoppiata a ridere in faccia. Certo che sei scema – mi sorride, forzata.
Sbuffo.
- Ma secondo te sparlerà di me con suo fratello? - chiedo, guardandola.
- E' una domanda stupida, lo sai? -.
- No -.
- Non ne sono sorpresa -.
Momento di pausa, lei guarda la televisione e io il mio bicchiere vuoto. Come ho fatto a berne il contenuto senza averlo bevuto.
- Ma questo bicchiere è sempre stato vuoto? -.
- Sì perchè? -.
- Oh...così -.
Torna a fissare la televisione. Mi alzo e vado a controllare se nel mio pc c'è posta.
Nessun messaggio.
Perfetto, adesso si sono addirittura dimenticati di me.
Torno in salotto e mi siedo di fianco a lei.
- E comunque, non hai ancora risposto alla mia domanda -.
- Quale? - chiede, senza capire.
Secondo te Tom sparlerà di me con suo fratello? -.
- Ti azzoppo se me lo chiedi di nuovo -.

Edited by ; Lady ; - 16/3/2010, 14:43
 
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....:GiulY:....
view post Posted on 16/1/2010, 22:55




Mi incuriosice, se posti forse posso dire di più
 
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; Lady ;
view post Posted on 30/1/2010, 22:07




Capitolo 2.



La faccenda della macchina si era risolta abbastanza in fretta e sì...Tom ha sparlato di me con suo fratello. Ma c'è da dire che al posto suo avrei fatto la stessa cosa ma dubito che ci sia qualcuno, qui, in questa vita, capace di andare addosso alla mia macchina. Tutti sanno guidare meglio di me, perfino i cani.
- Chiara, che fine hanno fatto i miei jeans scuri? -.
Entra in camera mia a razzo e si posiziona davanti al letto, con le braccia incrociate al petto.
- Di che jeans stai parlando? - biascico, ancora mezza addormentata.
Mi alzo fino ad appoggiarmi con la schiena allo schienale del letto e la guardo, con aria assonnata.
- Quelli che ti ho fatto vedere ieri e che tu ti sei provata...che poi non mi hai più ridato – sbuffa, mentre alza gli occhi al cielo.
Sospiro, guardandola male.
- Cercali tu, io devo dormire -. E mi rimetto sotto le coperte.
Chiudo gli occhi e stringo tra le dita i lembi delle lenzuola, in caso decidesse di togliermele con un gesto veloce senza avvisarmi.
Ma ciò non accade.
Borbotta qualcosa di insignificante e se ne esce dalla mia camera, sbattendo la porta.
Guardo l' orologio. Sono le otto e nemmeno quando ho il giorno libero riesco a dormire quanto voglio. Siamo messi bene.
Sospiro sorridendo e mi sistemo meglio (più comoda) sul materasso.
Calma. Pace. Tranquillità.
C'è così tanto silenzio in questa casa che potrei giurare di essere sola.
...Ma io sono sola in casa!
Giulia è al lavoro e non abbiamo un cane perciò...
Meglio di così non mi potrebbe andare.
Penso alla meta che probabilmente sceglierò per le vacanze estive, sorrido beatamente e sul più del bello del mio bellissimo sogno...squilla il telefono.
Mi copro la testa con il cuscino per non sentire rumore, ma a quanto pare l' ignobile essere umano che mi sta chiamando non ha alcuna pietà nei miei confronti.
Mi alzo di scatto e afferro il telefono, premendo il tasto verde e portandolo direttamente al mio orecchio.
Chiunque tu sia, non ti hanno mai insegnato che dopo dieci squilli se una persona non ti risponde o è impegnata o non è in casa? -.
Attendo una risposta da colui che mi chiama ma che non arriva.
- Parlo con la signorina Chiara Mill? -.
- Sì chi è? -.
Le scuse da parte mia sarebbe cascate a pennello ma non mi andava di interagire proprio adesso con uno sconosciuto.
- Chiamo dall' ufficio del suo capo. Desidera un colloquio con lei oggi stesso -.
Riconosco la voce di Jessica e mi domando come mai non mi abbia ancora sbattuto il telefono in faccia.
- Oddio, scusa Jess. Stavo dormendo ed è squillato il telefono. Oggi? Proprio oggi, nel mio giorno libero? - sbuffo, scompigliandomi i capelli.
- Mi hanno chiesto di fissare un appuntamento con te entro le cinque di questo pomeriggio. Per che ora puoi venire? -.
- Tra un ora? -.
- Perfetto, fisso subito l' appuntamento e riferisco. Tranquilla, nulla di grave -.
Prima ancora di darmi la possibilità di salutare, chiude a conversazione. Rimango per un secondo di fronte al telefono, rimpiangendo il fatto di non avere un' attività tutta mia nella quale l' unico capo che può comandarmi sono io stessa.
Mi tolgo il pigiama e mi infilo sotto la doccia. L' acqua calda scorre veloce, dandomi la possibilità di svegliarmi completamente.
Mi asciugo i capelli, mi pettino, mi vesto e subito dopo mi sto avviando la mia macchina, pronta per andare a questo colloquio con il mio gentilissimo capo.
Metto piede nel grande edificio e il solito via vai di persone – tutte facce che tra l' altro conosco fin troppo bene – ingombra l' ingresso.
Dico di annunciare il mio arrivo dalla segretaria dell' ufficio informazioni. Faccio passare veloce la scheda magnetica sotto la macchina e mi infilo nell' ascensore insieme ad altre tre persone.
Ci salutiamo, ormai qui dentro siamo tutti fratello e sorella. Un po' come nei conventi, solo che non è prevista alcuna restrizione a livello...ci siamo capiti.
Mi avvicino alla scrivania di Jessica, mentre sorride nella mia direzione.
- Il capo ti aspetta. Auguri – dice, indicando con la penna l porta semi aperta di fronte.
- E' tanto arrabbiato? - chiedo, implorante.
Scuote la testa, sorridendo nuovamente.
Non più del solito, ma in ogni caso, non ce l' ha con te -.
Annuisco e, raccogliendo una buona dose di coraggio, mi avvicino alla porta e busso.
- Avanti -.
Entro nell' ufficio del mio capo e saluto con un sorriso. Mi fa cenno di sedermi nella grande sedia di fronte e io ubbidisco senza dire nulla.
- Mi hanno chiamato dicendo che intendeva avere un colloquio con me. Mi dica -.
-Bene. Lei sa perfettamente quali erano le mie considerazioni nei suoi riguardi quando è arrivata a far parte del nostro team. Ebbene, volevo informarla che, dando un' occhiata al lavoro svolto fino ad oggi, sono molto sorpreso dei progressi che ha fatto. Mi aspetto da lei molto di più, nei prossimi giorni -.
- Che cosa intende? -.
- Intendo dire che ho deciso di...premiarla. Che ne dice di un trasferimento? -.
Mi guarda sorridendo. Se per lui un trasferimento era una bella notizia, la cosa era paragonabile a un gatto con le ali.
- Un trasferimento...dove? -.
- A Berlino. Un dipendente a chiesto l' aspettativa di due anni per...motivi personali e hanno bisogno di qualcuno con le sue potenzialità e capacità -.
- Ah – riesco a dire, sorpresa.
Questo significava trasferirsi, cambiare casa e vedere raramente Giulia e a cosa non mi piace.
- Chiaramente non è obbligata ad accettare, però tutti noi crediamo che lei serva molto più là che qui -.
- Posso avere qualche giorno per pensarci? -.
- Certamente. Diciamo che entro settimana prossima dovrebbe darmi conferma -.
- Perfetto, le farò sapere. Grazie per aver apprezzato il mio lavoro svolto fino ad adesso -.
- E' un piacere averla in squadra -.
Esco a velocità razzo e mi avvicino alla scrivania di Jessica.
- Mi ha chiesto se voglio trasferirmi a Berlino. In sede, praticamente -.
- Lo so, secondo me è una buona opportunità -.
- Dici? -.
- Certo, al posto tuo accetterei -.
Mi strizza l' occhio e io annuisco, pensierosa.
La lascio lavorare e mi avvio verso l' uscita.
Il tragitto fino a casa sembra essere più corto del solito, forse perchè i mille pensieri che mi stanno affollando la testa mi hanno completamente distratta dalla strada.
Riesco a trascorrere la mattinata facendo le pulizie di casa e cucinare il pranzo.
Quando Giulia rientra, la obbligo a sedersi in cucina ad ascoltarmi.
- Cosa? A Berlino? Perchè? -.
- Perchè un dipendente ha chiesto l' aspettativa di due anni e vogliono mandare me come sostituzione. Dicono che sarei molto utile, a Berlino -.
- E mi abbandoni? -.
Piego leggermente la testa di lato, verso destra, e la guardo con un misto di tenerezza e tristezza.
- Ma non ti abbandono, sciocca. Solo per lavoro...poi passerò a trovarti ogni volta che potrò -.
- Ma sarai lontana...Berlino è una città lontana -.
Non così tanto e sono convinta che la tu macchina saprà arrivarci in meno di un' ora – sorrido.
- Può darsi, sperimenterò appena possibile -.
Guardo fuori dalla finestra. Le goccioline di pioggia bagnano l' esterno dei vetri. Rilasso le spalle e, senza dire nulla, mi avvio in cucina. Tiro fuori l' occorrente per fare una buona cena.
Infilo le patate nel forno e le lascio arrostire.
- Ma la casa te la danno loro o ti tocca trovartela? - chiede, facendo irruzione in cucina.
- Quelli sono dettagli che formalizzeremo dopo, quando firmerò il contratto -.
- Capisco. E credi che, una volta a Berlino, tornerai mai ad Amburgo? -.
- Certo -.
Qualsiasi persona sarei diventata, le mie intenzioni erano comunque quelle di tornare, prima o poi.
Ero spinta dal desiderio di cambiare; nuova aria, nuova vita, nuova esperienza lavorativa.
Sarei rimasta sempre la stessa o...sarei cambiata?
 
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CarinaCASTRATION.
view post Posted on 31/1/2010, 19:12




Come inizio non mi pare davvero male(:
Hai uno stile molto particolare, mi piace.
E poi la protagonista si chiama come me, quindi, come non amare questa fic?
Ahah bando alle ciance. Devo testare più carta, per dare un parere come si deve : D
 
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; Lady ;
view post Posted on 31/1/2010, 20:16




Ahahahah bene, il nome della protagonista mi piace molto, per questo ho scelto quello.
Comunque, questi due capitoli sono un po' così, una specie di introduzione.
Anche il prossimo probabilmente, ma si comincerà già a capire di più sulla storia.
Poi si entrerà nel vivo della fic quindi...buona lettura :=)
 
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; Lady ;
view post Posted on 1/2/2010, 22:15




Capitolo 3.




Berlino non è una brutta città, ma a ogni passo che faccio la tentazione di tornare ad Amburgo è tanta.
Per oggi non ho il trasporto e mi tocca andare a piedi fino all' ufficio.
Giro l' angolo e mi soffermo all' inizio delle strisce pedonali, mentre attendo che qualche santo si fermi e mi lasci attraversare la strada.
Stringo la borsa ancora di più, mentre comincio a battere ritmicamente il piede sull' asfalto per scaricare la tensione.
Arriva il momento di attraversare e mi fulmino immediatamente dall' altra parte della strada.
Cinque minuti dopo, sono in ascensore.
Un uomo e una donna sui quaranta mi scrutano attentamente come fossi un giocattolo nuovo.
Probabilmente mi credono un' imbecille.
E il fatto che io sia qui dimostra che c'è del vero nascosto dietro quell' espressione.
Non sono sicura di riuscire a sopravvivere, ma sono certa del fatto che, se proprio va male, saranno loro a cacciarmi via.
Non posso fuggire da dove mi trovo adesso.
Esco dall' ascensore senza rivolgere uno sguardo ai miei due compagni di viaggio – per giunta sconosciuti – e mi incammino verso l' ufficio del capo di questa sede.
- E' arrivata la signorina Mill. La faccio entrare? Certo, come vuole -.
Una donna mi fa cenno di entrare nell' ufficio e, prima di andare in pasto alla belva, busso.
- Venga, si accomodi -. Indica la poltrona di fronte a me e, senza dire nulla, mi siedo.
- Benvenuta a Berlino, spero si trovi bene. Oggi avrà il compito di assicurarsi che le persone che ora le indicherò, svolgano per intero il loro lavoro. Mi spiego meglio, se permettere. Qui ci occupiamo di tenere sotto controllo il lavoro dei nostri...dipendenti, per così dire. Ora, lei non dovrà fare altro che telefonare a questa persona e assicurarsi che i lavori siano a buon punto -.
Guardo il foglio che mi ha appena dato e osservo attentamente il nome inciso e il numero di telefono.
David Jost.
Il nome non mi è nuovo, il numero invece sì.
- Quindi io dovrei chiedere al menager dei Tokio Hotel a che punto sono con la registrazione? Tutto qui? Lei mi sta dicendo che dovrò fare solamente una telefonata in tutta la mattinata? -.
Mi guarda sorridendo, beffardo.
- Certo che no. Lei sarà...lei dovrà visionare il lavoro e assicurarsi che il materiale ci venga inviato in tempo -.
- Certo... - biascico, stringendo il foglietto nella mano destra.
- Bene, quando ha finito, voglio che scriva una relazione su quanto detto. Più tardi le verrà assegnato di controllarli più da vicino, ma questo sarà da vedere -.
- Mi metterò subito al lavoro -.
A dirla tutta, non ero affatto convinta che quello che mi era stato assegnato fosse un lavoro, ma non avevo alternative.
Arrivai alla mia scrivania e presi in mano il telefono.
Composi il numero, mezza spaventata all' idea di poter turbare un uomo a quest' ora del mattino.
Un menager non può svegliarsi così presto.
Ma evidentemente, questo menager, era diverso.
- David Jost, chi parla? -. Una voce squillante dall' altra parte del telefono mi fa crollare le spalle.
A quanto pare non è normale.
- La chiamo dall' Universal, sono Chiara Mill -.
- Sì, mi hanno informato della sua chiamata. Bene, ora le spiegherò brevemente il lavoro svolto fino ad... -.
- Non può spiegarmi brevemente, devo farne una relazione! - strillo, irritata.
Mi rendo di aver alzato eccessivamente la voce dal suo sospiro.
- Come vuoi. Posso darti del tu, no? -.
- Cambia qualcosa? -.
- No -.
- Appunto, ti do del tu allora -.
Respiro profondamente, cercando conforto psicologico per quello che sembrava essersi dimostrato il più arduo dei compiti: andare d' accordo con il famoso menager dei Tokio Hotel.
La cosa mi spaventava, ma non dissi nulla per evitare eventuali litigate e cose simili.
- Bene. Con le registrazioni siamo a buon punto, direi. Abbiamo inciso e registrato per intero due brani. Bill ha molte idee per i testi e Tom per le musiche e le composizioni, perciò ci sarà ancora molto lavoro da fare...ma direi che entro la fine dell' anno sarà finito -.
Annuivo e scrivevo, mentre lui si dilettava a parlare. Non era poi così male.
Non stavo facendo assolutamente nulla di faticoso.
- E poi stiamo pensando di progettare nuove idee per il palco e lo scenario per il nuovo tour. Ma direi che queste sono cose di cui ci occuperemo, eventualmente, una volta terminato il lavoro, o almeno quando avremo in mano qualcosa di più concreto -.
Continuo a scrivere, senza sosta.
- Non sai quanto è frustrante l' idea di dover rendere conto a una bambina del lavoro che svolgo con i ragazzi -.
Rimango accigliata di fronte alla parola bambina.
Mi ha definita una bambina.
- Non sono una bambina. Tra un mese esatto avrò 20 anni e lei mi sta definendo una bambina – rispondo, irritata.
Ho esattamente diciotto anni in più di te, potresti essere mi figlia -.
- Ma ringraziando dio non lo sono – sbuffo, mentre l rabbia man mano si affievoliva.
In fondo aveva la risposta pronta sempre, così come l' avevo io e ciò non faceva che rendere sempre più difficile intraprendere una conversazione normale.
Ammesso e non concesso che le conversazioni normali esistessero.
- Passerò nei prossimi giorni per consegnare di persona il materiale. Pensate voi della sede ad inviare alle altre sedi negli altri paesi? -.
- Lo chieda al capo, io sono solo una bambina, dico bene? - rispondo, con sarcasmo.
Ride e fa una piccola pausa, ma poi riprende.
- Sì, sei soltanto una bambina -.
Chiude la telefonata e rimango un altro po' a fissare il telefono che emette quel lieve “tu tu tu tu” snervante.
Lo rimetto apposto e comincio a scrivere la relazione. La invio via mail al capo, anche se si trova dalla parte apposta del corridoio dove si trova il mio nuovo ufficio.
Uno scatolo grande e uno piccolo è appoggiato accanto all' appendiabiti.
Dentro ci sono le mie cose, quelle che ho fatto trasferire qui per evitare di perdere con l trasloco della casa.
Comincio a sistemare le varie cartelle sugli scaffali, la foto della mamma sulla scrivania l' ho accuratamente sistemata accanto a quella della nonna.
Sembra un vero ufficio e mi chiedo come io abbia ottenuto un posto così adesso.
Ero entrata nel team della sede di Amburgo come apprendista, e ora ho un ufficio tutto mio.
Giuro sul cane di mia nonna che non ho corrotto nessuno.
Bussano alla porta.
La segretaria di prima entra con un piccolo bicchiere di plastica in mano.
Anche lei giovane, non avrà più di trentacinque anni.
- Ho pensato che ne avessi bisogno – dice, appoggiando il bicchiere sulla scrivania.
- Grazie, anche se non ho fatto praticamente nulla. Ho chiamati un menager e mi sono fatta spiegare il lavoro che sta svolgendo con la band. Ho scritto la relazione al capo e glie l' ho spedita via mail, così non ho avuto nemmeno la scusa per alzarmi da questa sedia. E non ho avuto ordini precisi per le prossime quattro ore – sbuffo, sorseggiando il caffè.
Sospira e si siede sulla sedia di fronte alla mia.
- All' inizio è così, ma poi ti ci abitui – risponde, con un sorriso.
- E' molto che sei qui? - chiedo, curiosa.
- Non molto, a dire la verità. Sono arrivata cinque anni fa -.
Wow, cinque anni. L' idea di rimanere per un tempo così lungo è quasi spaventosa.
- E come hai fatto a sopravvivere nei momenti di noia come questi? -.
Ero sempre più curiosa di saperne di più sui suoi metodi di sopravvivenza. In fondo potevano servire anche me.
- Ti assicuro che non tutti i giorni, qui dentro, sono uguali. Ci son giorni che entri e ti spediscono dall' altra parte della città per incontri da parte del direttore. Altri in cui stai seduto a questa scrivania per ore senza fare assolutamente nulla. Le segretarie del piano di sotto si fanno i giri su facebook. Ma ti sconsiglio di fare una cosa così. Sei nuova e il capo ti controlla. Ci sono giorni in cui, invece, hai talmente tanto da fare che per fare pipì devi aspettare di vedere il bagno di casa tua, non so se mi spiego -.
Sapevo perfettamente come si svolgeva il lavoro, ma i ritmi erano certamente diversi qui.
- Grazie...anche ad Amburgo capitavano giorno così, ma non così spesso -.
- Buona fortuna. Ora devo andare, la mia pausa sta per finire e credo che stia per iniziare la tua – dice, alzandosi dalla sedia.
Annuisco, dando un' occhiata veloce all' orologio.
- Ne approfitto per chiamare a casa. Mia mamma è in ansia per ogni minuto che trascorro in questa città -.
- Non le piace Berlino? - domanda, alzando il sorpacciglio.
- No, non è quello il problema, ma mia mamma è più il tipo che preferirebbe tenerti sotto la sua ala a vita piuttosto che vedermi scappare in un' altra città -.
- Ma tornerai ad Amburgo, no? -.
- Appena il collega o la collega rientra io me ne torno a casina – affermo, con un sorriso.
Esce dall' ufficio e sprofondo di nuovo sulla poltrona.
Sbuffo, guardandomi in torno. Non mi piace per niente. La persona che aveva preso posto prima di me non possedeva il benché minimo senso estetico.
Lo schermo del computer si illumina. E' arrivata un' email.
E' di Giulia. Scoppio a ridere notando la foto che ha allegato.

Mentre tu te ne rimani felice a Berlino, io mi devo sorbire...guarda che disgrazie!

La foto ritraeva lei con ricoperta di neve. Probabilmente Ste si era divertito parecchio a lanciarle palle di neve.

Comunque, le cose procedono abbastanza bene, nulla di strano o losco.
Per si sente la tua mancanza e perfino il pesce rosso si rifiuta di mangiare. Dimmi che cosa devo fare!
Al lavoro tutto ok, hanno licenziato un paio di persone e spero di non far parte dei prossimi cinque. In alternativa toccherò mantenermi. No scherzo, comprerò un cane – se questo dovesse succedere, di licenziarmi intendo – e andrò a fare la barbona.
Allettante come prospettiva, no?
Ti saluto che ora devo uscire a fare la spesa. Il frigorifero è praticamente vuoto!
Ti voglio bene
Giulia.

Decido di rispondere dopo, una volta arrivata nel mio appartamento.
Prendo la borsa e mi avvio al bar. E' l' ora della pausa.
Quando passo davanti alla segretaria di prima, mi fa cenno di avvicinarmi.
- Dimmi -.
- Il capo ti vuole nel suo ufficio, dopo. Stavo chiamando infatti per avvisarti -.
- Ok, grazie – sorrido e mi allontano, dirigendomi verso le scale.
Scendo i gradini con calma, tanto non ho alcuna fretta.
Mi siedo al tavolino e ordino il solito cappuccino con brioche.
 
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CarinaCASTRATION.
view post Posted on 2/2/2010, 18:05




Un capitolo di transizione a quanto pare..
Ma mi intriga, continua(:
 
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gelosa94
view post Posted on 10/2/2010, 22:23




hey^^ciao!sono una nuova lettrice la continui?
 
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; Lady ;
view post Posted on 11/2/2010, 22:28




Eccomi. Scusate il ritardo t.t

Capitolo 4.



I giorni che seguirono non furono meglio del primo, ma almeno non avevo più avuto a che fare con il signor menager-dei-miei-stivali.
Ora potevo intraprendere una conversazione con chiunque a proposito di musica, contratti discografici e una marea di altre cose che riguardano la musica. Avevo anche imparato a prendere un po' più sul serio il lavoro all' interno di un' industria come questa.
Lo schermo del mio computer si illuminò e capii che era appena arrivata una mail.
Aprii la busta che nel frattempo continuava a lampeggiare senza sosta.
Era Giulia.

Oh, immagino tu ti stia “divertendo” al lavoro. Mi sono presa l' influenza e devo stare chiusa in casa per almeno dieci giorni.
Non sai che noia, stare tutto il tempo sotto le coperte con mamma che gira per casa tutta presa dai lavori domestici.
Giuro che appena tornerai a Berlino ti farò pentire di avermi abbandonata tra le sue grinfie.
Per il resto, è tutto ok.
Te, invece? Spero bene...il fantomatico menager ha chiamato ancora?
Devo essere sincera: immaginarti al telefono con questo signore che ti da della bambina e tu che ti innervosisci...è uno spasso!
Ora devo andare.
Chiamami quando hai finito il turno.
Un bacio.
Giu.


Ragazza folle. Molto folle.
Salvo l' email con l' intenzione di risponderle durante la pausa pranzo.
Esco dall' ufficio, decisa a sgranchirmi le gambe visto che stare seduta di fronte a una scrivania per attendere un telefono che non ha la minima intenzione di squillare, non porta a nulla di buono per la mia saluta mentale.
In fondo al corridoio vedo la porta del' ufficio del grande capo aprirsi, mentre ne esce lui e un uomo, leggermente più basso.
Si salutano, proprio come vecchi amici.
- Oh, vieni, ti presento il nostro ultimo acquisto. Prima lavorava nella sede di Berlino -.
Il grande capo mi indica, posando una mano sulla spalla dell' amico.
- Lei è Chiara Mill. Lui è David Jost. Sai chi è no? -.
Oh sì, mi ha dato della bambina. Come posso scordarmi un nome come il suo?
- Certo, abbiamo parlato al telefono qualche giorno fa – dico, stringendo la mano l menager.
Lui, con un sorriso da ebete, ricambia la stretta.
- Sì, ricordo. Una ragazza molto professionale, devo dire. E' stata molto gentile – dice, guardandomi.
Se non fossero stati per i trenta centimetri di differenza, probabilmente l' avrei preso a testate.
- Bene. Io scendo un attimo, per la pausa – dico, allontanandomi appena.
- Certo, vada pure -.
Il grande capo fa cenno di consenso e poi riprende la sua chiacchierata con il menager.


**



- Chiara, posso sapere perchè non rispondi alle mie mail? -
Giulia, furiosa, si lamenta con me.
Ho dimenticato di rispondere alla sua mail due giorni fa e ora, giustamente, reclama.
- Scusami, ho avuto parecchio da fare ultimamente. Sai, il fantomatico menager è tornato all' attacco. Davanti al grande capo, tra l' altro. Sto scemo. Mi ha presa in giro. Giuro, se non fosse stato per l' altezza io... -.
- Alt! Fermati. La violenza non si usa, dovresti saperlo -.
E scoppia a ridere.
Giuro, sto tentando di capire cosa ci sia di così tanto divertente in quello che ho detto...m non trovo nulla.
- Giu, non c'è per niente da ridere. Non lo sopporto -.
- Ma non lo consoci nemmeno -.
- E non ne ho neanche l' intenzione -.
- Quanto sei scema -.
- Io non sono scema -.
Mi stava dando dell scema. E non era la prima volta.
- Sì che lo sei. E poi...mica devi sposarlo. Hai parlato con lui al telefono, per questioni di lavoro tra l' altro, soltanto una volta. E l' hai visto, per la seconda, due giorni fa e per di più in presenza del tuo capo. Non ti sbranerà, credimi -.
Non aveva tutti torti. Anzi, aveva pienamente ragione. Ma è così difficile ammettere di aver sbagliato...per chi ha un carattere orribile come il mio.
- Vuoi sentirti dire “sì, hai ragione tu!” ? Ok, hai ragione tu. Ma io l' ho sempre detto che hai sbagliato a frequentare quel corso di filosofia al quarto anno di liceo. Ricordi? Ora non saresti così saggia da superarmi – sbuffo, sistemando una ciocca di capelli che era caduta sull' occhio.
- Sei gelosa, non è così? - afferma, con tono soddisfatto.
- Scherzi? No, non sono gelosa ma certe pillole di saggezza potresti tenertele per te. Mi mandi in confusione il cervello! -.
Dopo una lunga discussione passata a litigare su chi fosse più intelligente, più filosofo, più scaltro o più buffone, chiudo la telefonata.

**



- Quindi...lei ora lavorerà come assistente del signor Jost. Non è una buona notizia per lei? -.
Il grande capo, con un gesto della mano, mi indica, con un sorriso esageratamente ampio stampato sul volto.
Oh sì, fantastica. Proprio, sì.
- Quando dovrò andare? - chiedo, cercando di mantenere un tono gentile.
- Da domani. Va allo studio, conosce meglio i ragazzi, fate conoscenza e dalla settimana prossima comincia a lavorare. Tutto chiaro? -.
- Certamente, tutto chiaro -.
Come potevo non aver capito? Mi stava mandando al patibolo; anche uno stupido se ne sarebbe accorto.
Questo significa vivere a stretto contatto (o quasi) con delle star.
Come potevo essere tranquilla?




 
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gelosa94
view post Posted on 12/2/2010, 14:54




bellissimo capitolo mi piace un sacco
e diertentissimo quando parla con l'amica a telefono
e anche quella specie di battibecco che ha con Jost
divertentissimo
poverinaXD
posta presto ti sei fremata sul piu bello
ciao!
 
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CarinaCASTRATION.
view post Posted on 12/2/2010, 17:03




Grandissima ahah XD
'stavano cercando di decidere chi fosse la più buffona' XD
stupendo, sei bravissima.
Continua così!
 
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; Lady ;
view post Posted on 12/2/2010, 17:29




Oh, grzie mille *-*
Non merito tutti sti complimenti. Na na v.v
 
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; Lady ;
view post Posted on 14/2/2010, 09:59




Capitolo 5.



Possibile che mi metta paura l' idea di entrare in macchina? Da un anno a questa parte, questa è la prima volta che starei volentieri a casa piuttosto che andare al lavoro. Le indicazioni che il grande capo mi ha inviato per email per arrivare direttamente al loro studio – uno dei tanti – sono in bella mostra sul volante della mia macchina.
Ok, ora devo girare a destra. Peccato che, alla mia destra, ci sia un muro dei cemento.
E' un modo molto fine e indiretto che ha usato il mio capo per mandarmi a morire?
O ero io che semplicemente stavo leggendo la cartina al contrario?
La risposta è la numero due. Io stavo leggendo male la cartina.
Feci retromarcia e tornai al punto di partenza. Ora, tecnicamente, dovrei imboccare la strada giusta.
Come avrebbe fatto sicuramente qualsiasi essere umano con condizioni psichiche normali, avrei dovuto accendere il TomTom e farmi dire direttamente la strada. Ma solo il nome mi faceva irritare; poi non avevo alcuna idea di dove mettere le mani, perciò era comunque impensabile questa alternativa.
In ogni caso, comunque, riuscii ad arrivare allo studio.
Parcheggiai praticamente di fronte all' entrata (unico posto libero di parcheggio), visto che un' Audi r8 occupava l' altro lato del viale.
Scendo dalla macchina, togliendomi gli occhiali da sole e aumento la presa sulla mia borsa.
Giungo davanti alla porta.
Potrei bussare oppure suonare un campanello che noto solo ora come inesistente. Non c'è nessun campanello.
Un ragazzo biondo, un po' cicciotto, si piazza di fronte a me. Lo guardo dal mio misero metro e sessanta con aria innocua. Più o meno.
- Sono Chiara Mill e... -.
- Sì, lo so. Vieni, entra. Gli altri sono in riunione – dice, spostandosi dalla porta per farmi entrare.
Tolsi il cappotto e lo appoggiai insieme alla borsa sull' appendiabiti.
Seguii Gustav fino alla sala riunioni, o almeno così l' aveva definita lui.
Appena entrai, erano tutti seduti attorno al tavolo rettangolare al centro della stanza.
Gustav si mise a sedere accanto a Georg e io contemplai, per qualche secondo, la scena.
Un sedia vuote era stata piazzata tra il menager e Bill, che intuii come la mia.
- Eccoti. Stavamo per iniziare la riunione – dice il menager, voltandosi verso di me.
Tutti si girarono a guardarmi, come se fossi il...giocattolino nuovo.
- Riunione? - chiedo, incerta.
Sì, ci siamo riuniti per discutere di alcuni dettagli riguardanti l' album.
- Siediti, abbiamo lasciato la sedia apposta per te -.
Possibile che mi sentissi una stupida?
Con una lentezza snervante, mi sedetti al mio posto. Sentii addosso gli sguardi di tutti, compresi quelli del cane che se ne stava sdraiato bello comodo sul cuscino del divanetto.
- Io sono Bill, piacere -.
Una voce alla mia destra mi fa voltare, quasi sobbalzando.
- Oh, ciao. Io sono Chiara – dico, ricambiando la stretta di mano.
- Io sono Tom, ti ricordi di me, no? – dice l' altro, strizzando l' occhio.
- Io Gustav, ci siamo già presentati prima, comunque -.
- Io Georg -.
Sì, certo, come se non lo sapessi.
Salutai tutti quanti e poi tornai al menager, che sfogliava tutto preso i fogli di fronte a sé.
- Bene, direi di cominciare. Bill, che hai portato oggi? -.
- Ho qui un paio di testi. Tom sta lavorando sugli arrangiamenti, dopo potremmo provare – comincia Bill, tutto serio.
Sto per scoppiare a ridere ma mi trattengo.
- Sì, poi abbiamo avuto delle idee sulla copertina dell' album – continua il fratello, rivolgendosi al menager.
- E dovremmo discutere sul primo singolo da far uscire – aggiunge Gustav, pensieroso.
- Sì, mi piacerebbe che il video venisse fuori come...come se fosse una specie di film, ecco -.
David annuisce e annota sul suo computer.
Mentre rifletto sul mio compito da svolgere oggi, la loro conversazione va avanti.
- Mi piacerebbe poter parlare con il regista con cui abbiamo parlato qualche mese fa. Ha avuto delle idee che mi interessano parecchio -.
Sembrano tutti molto presi da questa conversazione. Immagino che al mio posto vorrebbero esserci un sacco di fans che là fuori non aspettano altro che qualche gossip.
Ah, ma mi dispiace, i retroscena me li godo solo io, stavolta.
Stupide mucchine in calore.
Espressione che generalmente veniva usata da Giulia per definire le fans ai concerti dei Tokio Hotel.
Finalmente, si degnano di dare un senso alla mi presenza qui.
- Vedi, qui noi annotiamo tutte le idee. Poi le riguardiamo, buttiamo giù altre idee e infine si passa ai fatti. La settimana prossima i ragazzi avranno uno shot e tu potrai vedere come funzionano queste cose. Praticamente, il tuo compito sarà quello di aiutarmi a coordinare i lavori -.
Sei soltanto una bambina.
Eccerto.
- Oh bene. Ehm, volevo chiedere, ma dovrò venire in tour pure io? -.
Mi fissano per qualche secondo, sembrano sull' orlo di una crisi isterica di risate.
- Tesoro, certo che verrai con noi tutti in tour. Mi sarai molto più utile in giro per il mondo che qui – mi fa osservare il menager, con un sorriso tirato.
Ok, probabilmente la mia domanda è stata in modo devastante fuori luogo, ma cosa potevo farci se mi ignoravano completamente senza darmi spiegazioni?
Dopotutto, ero stata mandata qui senza alcuna specificazione sul mio lavoro da svolgere, a parte “sarà l' assistente del signor Jost”.
- Bene, ora facciamo una pausa – annuncio David, chiudendo la cartellina blu.
Guardai l' orologio. Erano passati esattamente dieci minuti da quando ero lì dentro e avevano appena iniziato. Se ogni dieci minuti fanno una pausa – pausa intesa come, molto probabilmente, una lunghissima pausa – forse entro domani sarei tornata al mio accogliente appartamento.
Forse.
Guardai gli altri alzarsi, sorridermi, e uscire dalla stanza. David mi fece segno di seguirlo ed entrammo tutti e sei in una stanza poco illuminata, che intuii come la sala registrazione.
- Chi viene a giocare a ping pong con me? - urla Tom, avvicinandosi a un' altra porta.
- Vengo io. Mi devi una partita – risponde Georg, seguendolo.
La porta si richiude e io rimango sola con Bill, Gustav e David.
Mi sentivo un piccolo folletto in confronto a loro.
Sono così esageratamente alti.
- Bene, vuoi che ti mostri tutto lo studio? -.
Mi volto. Bill mi sorride, con aria gentile.
- Certo, uhm...d' accordo – esclamo, forse con troppo entusiasmo.
Devo avergli fatto l' impressione di una psicopatica.
- Nella stanza di prima registriamo. Di solito ci sono i tecnici e gli addetti, ma oggi è il loro giorno libero. Io e Tom abbiamo una piccola stanza di registrazione dentro casa, ma preferiamo registrare qui. Là proviamo e basta – comincia, gesticolando con le mani.
Io annuisco, seriamente curiosa.
- Questa è la sala prove, io mi metto lì, al centro dove c'è il microfono. Gli altri si siedono ai loro posti e suonano. A volte capita che le idee vengano mentre suoniamo, perciò non è detto che una canzone esca da qui nelle stesse condizioni con le quali è entrata – ammicca, sorridendo.
- Wow... - riesco finalmente a dire.
- Già, siamo così fortunati. Qui c'è la cucina, o almeno ci assomiglia, più o meno. Il fornello non lo usiamo mai, perchè siamo troppo pigri per cucinare. Ordiniamo le pizze e le scaldiamo nel forno. E' molto più semplice -.
- Magari un giorno vi cucino qualcosa io – improvviso, sorridendo.
- Sì, magari... - risponde, sorridendo a sua volta.
Usciamo ed entriamo in un' altra stanza, più grande della precedente.
- Qui ci riposiamo, anche se forse il termine riposare non è tra i più appropriati. Visto che riposiamo ovunque -.
Scoppio a ridere. Inciampo in qualche filo e improvvisamente mi ritrovo a una decina di centimetri dal pavimento.
- Devo ricordare a Tom di rimettere a posto l' amplificatore -.
- Gran bella presa, comunque -.
- Ho dei buoni riflessi, io – specifica, sottolineando quel “io” con una certa enfasi.
- Anche io ho i riflessi buoni – borbotto, sistemandomi la felpa.
Mettiamo da parte il discorso e proseguiamo, salendo le scale al piano di sopra.
Miseria, è solamente uno studio di registrazione, non può essere così grande!
- Qui, beh...ci sono tutti gli strumenti -.
Apre la appena di fronte alle scale.
Rimango sorpresa dall' infinità di strumenti all interno della stanza.
Chitarre, bassi, una batteria e, a sinistra, un pianoforte.
- Li teniamo tutti qui, per non ingombrare la sala prove -.
- Perchè, vorresti dirmi che portate da un piano all' altro il pianoforte? - domando, quasi ridendo.
- No, abbiamo un pianoforte anche in sala prove, non l' hai visto? -.
- No. Ma allora perchè lo tenete qui, se ne avete già uno là? -.
Perchè semplicemente ogni tanto ci piace venire a suonare anche qui -.
- Oh, capisco... -.
Finalmente scendiamo e ritorniamo in sala registrazione.
David è rimasto sempre seduto al solito tavolino, con gli occhi concentrati sullo schermo del suo portatile.
- E' molto grande, per essere uno studio -.
- Ci piacciono i posti grandi -.
- Manie di grandezza, dunque... -.
- Purtroppo sì – sorride, sedendosi su una poltroncina poco distante.
David sembra essersi accorto della mia presenza solo ora.
- Chiara, potresti andare a chiamare Tom e Georg, per favore? - chiede, guardandomi.
- Se qualcuno mi dice dove sono, sì – sbuffo, senza dare a vedere la mia irritazione.
Se il mio compito era fare a loro da baby sitter...
- Nella stanza di là – mi informa, indicando la porta di prima.
- Ok -.
Entro nella stanza al di là della porta.
Tom e Georg sono visibilmente presi dalla loro partita per accorgersi dell mia presenza.
- Georg, arrenditi, ho vinto io – urla Tom, alzando le mani in alto.
- Un' altra – dice, ritornando al posto di partenza.
Mi avvicino, con calma. Non vorrei che nella foga di giocare mi arrivasse una racchetta in testa.
- Ehm...scusate, dovreste venire di là – dico.
Finalmente si voltano e mi guardano, interrompendo il gioco.
- Ciao. Sì, arriviamo. Straccio per l' ennesima volta Georg e arrivo – risponde Tom, tornando al tavolo da gioco.
- Ok, io torno in sala -.
Faccio inversione e torno alla stanza di prima, dove ad attendermi trovo i soliti tre.
- Tom deve stracciare per l' ennesima volta Georg, poi arrivano – annuncio, sedendomi sulla prima sedia che mi capita sotto mano.
Di fronte a me, trovo un sacco di bottoni, tutti diversi. Sembrava la base di comando di qualcosa.
- Con questi regoliamo i suoni, voci e tutto il resto – dice, una voce alle mia spalle.
- Oh, sì, certo – annuisco, osservando la piccola stanza al di là del vetro.
Il pomeriggio passò in fretta. Non era poi così male visto che, apparentemente, sembravano umani.
Tornai a casa e mi buttai sul divano a peso morto.
Avevo i piedi intrappolati nelle converse da quasi sette ore e ora gridavano pietà. Come dar loro torto...
Mi levai le scarpe e le gettai da qualche parte nella stanza. Colpirono un vaso, credo.
In televisione non davano niente, perciò la spensi quasi subito.
Non sapevo cosa fare; d' altra parte, dopo un pomeriggio passato in loro compagnia, anche la cosa che più riusciva ad esaltarmi sembrava apparire insignificante ai miei occhi.
Mi addormentai così, sul divano del mio salotto, meditando una scusa decente da dare a Giulia per giustificare il mio voler rimanere qui ancora un po'.
 
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gelosa94
view post Posted on 14/2/2010, 11:48




bellissimissimaaaaaaaa
mi piace tantissimo
sopratutto la parte dove lei arriva in riunione tutti la fissano
poi la pausa dopo 10 minuti di riunione
divertentissimo
poi mi piace...mmh quando Bill le fa vedere il tutto
e anche quando inciampa
mi dispiace per l'amica che credo rimmarra con la madre per un bel po'XD
vabbe mi piace tantissimo questo capitolo
posata presto^^
ciao!ciao!
 
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; Lady ;
view post Posted on 14/2/2010, 21:39




CITAZIONE
bellissimissimaaaaaaaa
mi piace tantissimo
sopratutto la parte dove lei arriva in riunione tutti la fissano
poi la pausa dopo 10 minuti di riunione
divertentissimo
poi mi piace...mmh quando Bill le fa vedere il tutto
e anche quando inciampa
mi dispiace per l'amica che credo rimmarra con la madre per un bel po'XD
vabbe mi piace tantissimo questo capitolo
posata presto^^
ciao!ciao!

ahahahahaha grazie xD
 
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80 replies since 16/1/2010, 22:27   699 views
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