Soundtrack: Ludovico Einaudi, AndareSi raggomitola contro la spalliera fredda del letto. Incastra il cuscino tra le gambe e il petto, e già sente qualcosa che si agita dentro. Una lampadina dalla luce giallo spento è sospesa sopra la sua testa e sa che tra poco comincerà a muoversi.
L'orologio appeso alla parete davanti a lei segna le sei appena passate. Comincia già a sentire la paura farle tremare le mani. Stringe il cuscino con le braccia, sentendo che anche i denti cominciano a sbattere violentemente tra loro. Uno dondola. La maestra dice che ad una certa età vengono via per farne crescere altri più sani e più belli, ma lei non ci crede. E’ sicura che a furia di battere tra loro, i suoi denti si rompano e comincino ad altalenare, prima poco, poi sempre più instabili. Poi cadono, come i palazzi scossi dai terremoti che si vedono nei film.
Una porta sbatte e lei sussulta forte. La lampadina accesa comincia ad ondeggiare. Vorrebbe scappare via e nascondersi, lontano, dove non potrebbe più trovarla, ma non ci riesce. E’ bloccata. Forse l'Uomo Nero l’ha messa in punizione con uno dei suoi incantesimi.
Sente dei passi, le braccia cominciano a tremare attorno al cuscino. Spalanca gli occhi, atterrita. Ha all'improvviso freddo e piccoli brividi che partono dalla schiena scuotono la sua testa senza che lei lo voglia. Si stringe nella coperta posata sulle sue spalle, sperando che riesca a scaldarla, che riesca a proteggerla in qualche modo.
Sta scendendo le scale, sente i suoi piedi pesanti. Un po' di polvere si stacca dal soffitto e cade su di lei e sulle coperte, ma lei non la avverte.
Una voce comincia ad gridare nella testa, una voce di maschio che la spaventa. La vista della stanza viene sostituita da un panorama nero e rosso. Le dà il tormento, sta per scoppiare.
Eppure non si muove. Non ci riesce.
Sta arrivando, basta che svolti e che apra la porta del sottoscala. Pochi secondi.
Ha freddo. Ha freddo e suda.
La porta si spalanca, la maniglia sbatte contro il muro. Lui si appoggia ad uno stipite, anche stasera non ce la fa a stare dritto.
Lei non parla, non riesce a fare niente. I denti che prima tremavano adesso si serrano, le braccia stritolano il cuscino.
Stasera Lui è il Lupo. Stasera non chiederà alla mamma come va la sua malattia, non le scompiglierà i capelli.
“Ciao Biancaneve. Sempre tutta sola soletta qui...” dice con la sua voce strana, chiamandola con il suo soprannome.
Cammina verso di lei ondeggiando, tendendo le mani in cerca di un appiglio, strizzando forte gli occhi.
Lei si appiattisce contro la spalliera e trema, trema ancora di più. Lei ha paura del Lupo, ha sempre avuto paura di questa maschera che lui indossa con ormai sempre più frequenza. Più si appiattisce e più lui si avvicina barcollando. Finalmente la luce illumina la sua faccia e la mente viene annebbiata dal terrore.
“Non mi saluti Bianca? Non si fa così con papà.” le dice ridacchiando. Lei prega, scongiura che finisca presto stasera. E’ avvolta dal plaid, ma non si è mai sentita più svestita di adesso.
Allunga una mano e cerca di toglierle la coperta dalle spalle, ma le sue mani bianche si muovono senza la sua volontà e cercano di scacciare le sue dando piccoli, impotenti schiaffi. Riesce a vedere i suoi occhi rossi e bianchi, gli occhi del Lupo.
“Bianca non fare la cattiva bambina.” la ammonisce con voce severa. “Fai vedere a papà quanto sei bella.”
Si sta arrabbiando. E’ una cattiva bambina se lo fa arrabbiare, vero?
Un piccolo vagito esce dalla sua bocca, nonostante il nodo in gola.
Le sue mani serpeggiano ancora, ma lei lotta con tutte le sue forze senza nemmeno sapere perchè lo fa, cerca solo di scacciarle.
“Adesso basta!” urla all’improvviso. Bilancia il braccio e le tira un forte schiaffo. Cade di lato sulle lenzuola sfatte. Il cuscino rovina a terra e sente più freddo di prima.
Si risolleva, poggiando una mano sulla guancia e lo guarda. Comincia a piangere.
Si, è una cattiva bambina.
Lei piange e lui ride, ride così forte che ha paura che la sua risata faccia crollare tutto.
“Si obbedisce a papà, Biancaneve” le dice, mantenendo quel sorriso che le fa desiderare di morire, in questo istante. Ma non deve essere cattiva.
Le sue mani ripartono all'attacco.
E lei non lotta più.
Semaforo rosso, chiudi la porta
non guardare indietro
svestita nel buio, mi nascondo da te
da tutto ciò che sei
non saprai mai il modo in cui
le tue parole mi hanno tormentata
non riesco a credere che mi hai chiesto certe cose
tu non mi conosci...
"Appartieni a me,
la mia regina di neve bianca
non c'è nessun posto dove scappare
quindi superiamo la situazione
presto so che capirai
tu sei proprio come me
non urlare più amore mio
perchè tutto quel che voglio sei tu"
mi sveglio in un sogno
una paura gelida
le tue mani su di me
non riesco ad urlare
non posso scappare dal pensiero
contorto che hai su di me
ti sento nei miei sogni e non dormo
"Appartieni a me,
la mia regina di neve bianca
non c'è nessun posto dove scappare
quindi superiamo la situazione
presto so che capirai
tu sei proprio come me
non urlare più amore mio
perchè tutto quel che voglio sei tu"
non posso salvare la tua vita
sebbene nulla di quello per cui sanguino
sia più tormentoso
sto perdendo la testa e tu
stai solo lì a fissare
il mondo che ci divide
"Appartieni a me,
la mia regina di neve bianca
non c'è nessun posto dove scappare
quindi superiamo la situazione
presto so che capirai
tu sei proprio come me
non urlare più amore mio
perchè tutto quel che voglio sei tu"
Snowhite queen - EvanescenceNote dell'autrice: piccolo delirio scritto tempo fa. Anche questo, non so perchè l'ho scritto. E non so perchè lo pubblico, perchè il risultato non è nemmeno decente, ma sento di farlo e va bene così. Ispirato all'omonima canzone degli Evanescence, Snowhite queen.
