"Rise up!"

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~ Serenella ~
view post Posted on 19/1/2009, 16:40




L' ho scritta oggi durante l' ora di epica. Devo dire che nelle due ore di una noiosissima professoressa che narrava di un' altrettanta noiosa avventura di Ulisse, mi sono venute in mente parecchie idee.
Io scrivo comunque, dovunque e con chiunque. Anche al bagno ho certe tentazioni di scrivere, ma questo è un dettaglio.
Detto questo, godetevi il primo capitolo di una lunghissima fan fiction.
E devo dire anche bella...*-*
*se la tira*


Rise up


Non credevo che la mia famiglia fosse in grado di poter fare una cosa simile, eppure è ciò che sta accadendo ultimamente.
Credevo che la mia fosse una famiglia felice, senza problemi, o comunque con niente di così grave da costringermi a cambiare casa, scuola, amici.
Una famiglia come quella del Mulino Bianco la sognano tutti, ma è tutta fantasia e niente di più.
Vedo la mia camera svuotarsi di mobili e riempirsi di scatoloni.
Scatole grandi, piccole, medie, alcune addirittura con scritto "fragile" in modo che i lavoratori possano trattarle con un po' più di delicatezza rispetto alle altre.
Vedo mia mamma indaffarata a pulire il pavimento di questa casa per l' ultima volta.
Vedo alcuni vicini affacciarsi alla finestra e a osservarci con aria curiosa e anche un po' triste.
Tutti adoravano mia madre, per la sua disponibilità, per essere sempre stata così genitle con tutti, ma soprattutto... Per essersi sempre presa cura di chi era veramente in difficoltà.
Una specie di croce rossina ambulante della nostra via.
D' altra aprte, chi meglio di lei poteva sapere come infilare una siringa nella vena giusta? Proprio lei che faceva l' infermiera?
E dire che in casa nostra non è mai venuto un dottore.
Mio padre se n' è andato quattro mesi fa e di lui non so più niente, ma non che la cosa mi lasci particolarmente afflitta.
Mi squilla il cellulare. Quello di cui ho bisogno in questo momento è sentire la sua voce, parlare con lui. Solo lui.
- Pronto? - dico, rispondendo.
- Sono Bill. Come va? Siete ancora alla casa vecchia? - dice.
- Si. Mia madre sta pulendo il pavimento, in modo che quando vengano i nuovi inquilini trovino tutto pulito... - dico, sospirando.
- Ma se arrivano l' anno prossimo... - dice, perplesso.
- Lascia stare, sai che mia mamma è fatta così. Te, tutto a posto? - dico, cercando di sviare il discorso.
- Sto abbastanza bene. Tu piuttosto? - dice.
Sospiro. Non voglio andarmene da Berlino. Insomma, vado a Monaco e non è così vicino a Berlino come sembra.
- Io sto bene considerando gli eventi... -.
- Non è così lontano Monaco. Pensa se tua madre ti trascinava in Svizzera o peggio ancora in Italia. Sarei dovuto venire fino a lì. Oppure, pensa se tua madre avesse voluto dare una svolta radicale alla sua vita e andare a vivere in Polinesia... - dice, parlando a raffica.
Allargo le labbra in un sorriso. Mi fa ridere.
- Se avessi dovuto trasferirmi in Polinesia, anche se di malavoglia, avrei chiesto che l' affidamento fosse stato dato a mio padre. Ora, cambiando argomento, lì come vanno le cose? Degenerano o vanno avanti? - dico, trattenendo una risata.
Se ne accorge lo sento sbuffare. Cche bello.
- Non ridere, sai? Prima Gustav che se la tira e non chiama il medico, poi Tom una mattina annuncia la splendida notizia che un' influenza ha preso in posseso il suo corpo. Manco solo io e facciamo l' allegra combricola ammalata... -.
- Formereste un bel trio. Ma Georg sta ancora alle Bahamas? -.
- Si. Cioè... No, torno stasera. Quindi in teoria dovrebbe già essere in volo. Insomma, si, sta arrivando... -.
- Bill, respira, tranquillo. Comunque, sai che sistemando gli scatoloni ho ritrovato il tuo braccialetto? - dico, estraendo dalla tasca dei jeans quel braccialetto nero.
- Davvero? Puoi tenerlo, sei vuoi... -.
La sua dolcezza è infinita e mi accorgo che io, più di chiunque altro, non faccio quasi niente per ricambiare. Anzi, me ne vado dall' altra parte della Germania, anche se non per mia volontà.
- Grazie, lo terrò per portafortuna... -.
Sento la porta della camera aprirsi e mi volto.
- Io ho finito. Dobbiamo andare... - dice mia madre, chiudendosi poi la porta alle spalle, facedo il suo ingresso in camera.
- Ora devo partire per Monaco. Ti mando un messaggio appena arrivo, ok? - dico, amareggiata.
Qunto vorrei poter stare al telefono con lui anche solo per un paio di minuti.
- Ok, fai buon viaggio. Ti voglio bene... - dice, con tono dolce.
- Ti voglio bene anche io... -.
Chiudo la telefonata. Si, non eravamo ancora arrivati a quella fase in cui diciamo "Ti amo" , ma va bene così.
Mi volto verso mia mamdre e sorrido.
Prendo in mano lo zainetto che mi ero preparata per il viaggio, la borsa del portatile ed esco dalla mia camera.
Mia madre chiude la porta di casa molto lentamente. Si vede che ci sta male pure lei, ma allo stesso tempo sa che le cose non potrebbero andare diversamente.
Percorriamo il vialetto di casa e saliamo in macchina, partendo per Monaco, seguiti dai camion del trasloco.

Ditemi, secondo voi, com' è? Continuo?O__O"
 
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rok1
view post Posted on 19/1/2009, 16:57




Dico solo una cosa:oposti o posti e mi sà che potrei fare parte anch' io della combricola malata (ho un tappo al naso)?
 
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kaulitzina the best
view post Posted on 19/1/2009, 17:48




Mi piace ^^ continua *saltella*
 
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~ Serenella ~
view post Posted on 19/1/2009, 20:25




Grazie mille...^^
 
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Fee1702
view post Posted on 19/1/2009, 20:28




Brava Sere! Mi piace l'inizio.. Vedremo come se la caveranno con la distanza i due ragazzi. Continua presto...
 
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Lullaby;
view post Posted on 19/1/2009, 20:36




Continua ^_^
 
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~ Serenella ~
view post Posted on 19/1/2009, 22:19




Eccomi...^^

Durante tutto il tragitto in auto non feci altro che pensare alla cosa nuova, a come sarebbe stata la prima notte nella mia nuova stanza, alla mia prima colazione dentro ad una cucina completamente nuova.
Tutto era nuovo per me e la cosa mi spaventava non pocco.
Ripensai a tutti i momenti passati a Berlino, a tutti gli amici che avevo dovuto salutare con il vano tentativo di non far scendere nemmeno una lacrima, alla domenica sera passata con Bill a casa sua, sempre a Berlino.
Berlino mimanca, mi manca tutto di quella città e non posso nasconderlo, non posso improvvisamente amare Monaco come se ci abitasse da sempre.
Se è questo a ciò che alludeva mia amdre con la frase quindici mnuti fa, allora si sbaglia di grosso.
Guardo l'orologio. Sono tre o ore quasi che siamo in macchina e ancora non siamo arrivate.
- Quanto manca ancora? - dico, svogliata.
- Poco. Diciamo mezz' ora. Perchè? -.
- Perchè mi sto stufando di rimanere qui seduta in macchina. Non riesco a stare ferma, è più forte di me... - dico, muovendomi appena.
Mi guarda dallo specchietto in alto e sorride.
Non so che cosa ci trova di così tanto divertente in questo momento, ma almenonon mi fa una predica come avrebbe sicuramente fatto se in questo momento ci fosse papà.
Già, papà.
Guardo fuori dal finestrino. Vedo tante macchine, alcune case e qualche goccia di pioggia.
Ci mancava solo questa ed eravamo a posto.
- Non fare quella faccia triste, Jessica. Vedrai che la nuova casa ti piacerà... - dice.
- Mamma, non ho dieci anni ma praticamente diciotto. Mi hai trascinato via da scuola a metà dell' ultimo anno di Liceo. Mi hai strappato completamente dai miei amici, mi stai costringendo a cambiare scuola, a cambiare casa. Cosa pretendi,a desso? Che ti strappi un sorriso, che ti salti al collo esultante e ringraziandoti di avermi reso l' ultimo anno di liceo il peggiore tra tutti? - dico, quasi fuoriosa.
Calò il silenzio, uno di quelli imbarazzanti. Uno dei più lunghi.
- Credi davvero che per me tutto questo sia facile? Credi davvero che io sia contenta di trasferirmi a Monaco. Conosci tuo padre e sai quello che è capace di fare. Mi conosci e te l' ho sempre dett che se mai avessi deciso di camibare casa, sarei uscita da Berlino... - dice, continuando a guardare la strada.
Sprofondo nel sedile e sbuffo. Che palle.
- E poi, mamma, mi hai portati via da Bill... - dico, stringendo le labbra, per trattenere le lacrime.
- Bill non è lontano da te. Ci sono i cellulare, ora hai anche un nuovo portatile, esistono gli aerei, i treni, gli autobus, le auto. Potrai vedere Bill quando vuoi... - dicce.
- Non è la stessa cosa. E' lontano quando è in tour, è lontano persino quando è casa a sua. Ora lo sento lontano più che mai, mi sento del tutto distaccata da lui... -.
Respira profondamente e continua a guardare la strada.
Io, senza farmi vedere, ascugo quella lacrima che mi ero lasciata sfuggire.
- Non dire così. All 'inizio sarà difficile, ma poi... -.
- Ma poi cosa? -.
- Un giorno capirai... -.
 
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.Blue Nacht;
view post Posted on 19/1/2009, 22:32




Molto carina serenella ^^
Continua presto.
Scusami, ma non ho molto tempo ora per inserire una recensione xD
 
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rok1
view post Posted on 20/1/2009, 12:34




Sere questa fanfiction me piace troppo:
''fanfiction, a me me piaccino''
 
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Fee1702
view post Posted on 20/1/2009, 12:38




Quando c'è l' amore la distanza non esiste. La storia con Bill non finirà, ne sono sicura.
 
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~ Serenella ~
view post Posted on 20/1/2009, 15:11




Grazie per i commenti...^^

15 giorni dopo.

Oggi è il mio primo giorno alla scuola nuova. Ho sempre odiato le divise, ed è per questo che la vecchia scuola mi piaceva un sacco, proprio perchè non avevamo l' obbligo di indossarle.
Mi guardo allo specchio e non mi riconosco più: calze bianche fino al ginocchio, un paio di sandali neri alla vecchia maniera, una gonna nera con le righe verdi che arriva poco più sopra ai calzini, una camicia bianca e alla mia sinistra un fiocchetto con in mezzo lo stemma della scuola.
E io che credevo che certe cose esistessero soltanto nei film americani.
Prendo il mio zaino, anch' esso coordinato al resto della divisa, e scendo le scale per la colazione.
- Ma come sei carina con quella divisa... - dice mia madre, porgendomi la tazza col tè al limone sul tavolo.
Mi siedo e sbuffo, mentre bevo un sorso di quel tè decisamente troppo caldo.
Noto che mia mamma ha ancora la vestaglia attorno e sta preparando il pranzo di oggi.
- Lo ha detto persino Bill nella foto che gli ho inviato. Iio non credo proprio, non sembro la stessa persona di un mese fa. In ogni caso, perchè prepari il pranzo? - dico, guardandola e poggiando sul tavolo la tazza.
- Oggi ho il turno del pomeriggio ed esco di casa alle 13.30, quindi quando tornerai io non ci sarò. Ti metto il piatto nel fornetto piccolo, così dovrai solo scaldare e mangiare. Nel frigo c'è il salame al cioccolato che ho preparato ieri sera, mentre tu eri di sopra. Prendine pure una fetta se vuoi... -.
Parla a raffica e fatico a starle dietro. Le uniche parole che fui in grado di decifrare furono "salame al cioccolato" e "una fetta se vuoi".
- Certo, va bene. Ora devo andare o perdo l' autobus... - dico, alzandomi e infilando la giacca, anch' essa coordinata al resto del' abbigliamento. Potevo accettare la gonna, i calzini, la spilla, lo zaino, ma non la giacca.
Do un bacio sulla guancia a mia madre ed esco.
Spengo il cellulare e lo infilo nella tasca piccola interiore dello zaino per evitare di perderlo.
Quando arrivo alla fermata ci sono già alcuni ragazzi e ragazze che aspettano l' autobus. Notai con un pizzico di sollievo che certi portavano addirittura la mia stessa divisa; magari ne avrei approfittato per non scendere alla fermata sbagliata e senza farmi notare avrei seguito i loro passi.
Certi si mettono a fissarmi, con lo stesso sguardo con si guarda una cosa nuova e mai vista. Mi sentivo osservata e non poco.
Faccio finta di niente e guardo la strada, per vedere quando sarebbe arrivato a salvarmi l' autista del' autobus.
Si avvicina una ragazza e si mette di fianco a me.
- Sei nuova? - dice, aspirando un' ultima boccata dalla sua sigaretta.
- Ehm, si, sono arrivata quindici giorni fa e oggi è il primo giorno alla scuola nuova... - dico, guardandomi i piedi.
- Dal momento che hai la mia stessa divisa, ti dirò alcune regolette fondamentali per evitare di fare figure di emme il primo giorno, ok? Allora, per prima cosa, non guardarti intorno. Vai dritta per la tua strada e non fare caso alla gente che ti guarda. Seconda cosa, appena entri in classe non cominciare con il solito "buon giorno professore, sono nuova, dove mi posso mettere?". No, metti sulla cattedra il modulo che ti consegnano in segreteria, dai il buon giorno e ti siedi al primo banco libero che trovi, senza tante storie. A ricreazione, vieni da me che ti faccio conoscere un po' di gente... -.
- Grazie per i consigli. Ehm, in che clase sei? -.
- 5D. Secondo piano. E' la classe di fronte al bagno delle ragazze. In che classi sei tu? -.
- 5C. Sempre al secondo piano, o almeno così mi hanno detto... -.
- Si, è la classe accanto alla mia. Non mi sono ancora presentata. mi chiamo Mikela Bahuer. Te? -.
- Jessica Hurman... -.
- Hai un bel nome, salta subito all 'occhio. Perchè sei venuta a Monaco? -.
La guardo e abbasso gli occhi. Non so se vergognarmi di avere un padre come il mio oppure buttare tutto fuori e sfogarmi.
- Ho capito, tuo padre se n' è andato di casa e tua madre ha eciso di trascinarti il più lontano possibile dalla sua città. Giusto? -.
- Si, è proprio così. A me piaceva la vecchia scuola, avevo tanti amici e, non vorrei vantarmi, ma ero una tra le più "popolari". Non facevo la ragazza PonPon, se è queso che hai pensato. E' che semplicemente ho un carattere vicino a quello di mia madre, sono gentile e non mi tiro mai indietro se una persona è in difficoltà. Credo che sia questa una delle ragioni per le quali tutti mi stimavano... -.
- Ti capisco, sai? Io mi sono trasferita a Monaco tre anni fa, prima abitavo a Bremen e mi trovavo bene. Poi, per le stesse tue ragione, sono atterrata qui... -.
- E all' inizio era difficile? -.
- Molto. Ma se incontri le persone giuste, ti accorgi che questa è stata la scelta più giusta che tua madre abbia mai avuto l' idea di prendere. A Berlino, hai il fidanzato? -.
- Si, ehm, ma è una storia molto complicata. Non ci siamo lasciati, ma sono venti giorni che non lo vedo... -.
- Tranquilla. La distanza non è mai stata una problema per nessuno. All' inizio sarà dura, decisamente, ma non devi preoccuparti. Piuttosto, ti piacciono i Tokio Hotel? -.
Mi verrebe da ridere, ma evito.
- Si, certo che li conosco. Ti piacciono? -.
- Molto. Trovo che siano davvero bravi, anche se credo siano passati decenni dall' ultima volta che hanno fatto un concerto... -.
Questa me la segno e la dico a Bill, magari si rendono conto che sarebbe ora di un live nel loro Paese.
- Già, glie lo dirò. Voglio dire, magari se li sogno glie lo dico.. - dico, correggendomi.
- Certo che sei strana. Forza, saliamo sull' autobus, è ora di andare a scuola... -.

Edited by ~ Serenella ~ - 20/1/2009, 19:40
 
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Lullaby;
view post Posted on 20/1/2009, 21:33




Strana Jessica?
XD
Continua!
 
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Fee1702
view post Posted on 21/1/2009, 21:10




Bella Sere mi piace! Poi scrivi in maniera fluida e leggera. Brava cara..
 
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~ Serenella ~
view post Posted on 22/1/2009, 19:57




Thanks!!!*_________*


Dopo 18 anni della mia vità, questa era la prima volta che vedevo un autobus così pulito. Ricordo perfettamente che, quando stavo a Berlino e prendevo l' autobus tutti i giorni per andare a scuola, non potevo nemmeno appoggiarmi al finestrino da tanto sporchi e unticci che erano.
Ora era davvero un sollievo toccare questi finestrini lucidi e puliti, sedersi su questi sedile e appoggiare la testa allo schienale senza la paura di poter prendere i pidocchi o qualche altra schifezza.
Davvero confortante. Ecco una cosa positiva di Monaco.
- Manca ancora molto? - dico, rivolgendomi e Mikela, che nel frattempo ascoltava la sua musica all' Ipod.
- No, tranquilla, cinque minuti e siamo arrivati - mi dice, togliendosi una cuffietta per sentire meglio quello che dico.
- Che canzone ascolti? - dico, sporgendomi verso lo schermino.
- 1000 Meere, dei Tokio Hotel. Hai presente qual è? - dice, sempre sorridendo.
Se la conosco? Se non la conosco io sarebbe da suicidio.
- Certo, è una tra le mie preferite... -.
- Vuoi una cuffietta? -.
- Magari... -.
Appena metto la cuffietta al mio orecchio, la sua voce mi prende nel giro di pochi secondi, facendomi dimenticare di stare su autobus verso il peggiore incubo di tutti gli studenti di mezzo mondo.
Dico mezzo, perchè a quanto pare c'è un vago 50% che pensa che la scuola sia "lo spasso più totale che esista".
In questa categoria ci sono quelli che il sabato sera se ne stanno a casa a guardarsi i documentari, che si definiscono astemi per principio, che nella loro vita non hanno mai provato una canna e che non sanno cosa sia il divertimento.
Con questo non intendo dire che mi faccio le canne, bevo una quantità esagerata di alcolici ecc ecc.
- Siamo arrivati... - mi dice Mikela, levandomi la cuffietta dall' orecchio. Rimango leggermente frastornata, ma poi mi riprendo e la seguo verso l' uscita.
La scuola che mi si presenta davanti non è molto diversa da quella che frequentavo prima. L' unica differenza era che qui c' era un parco tutto verde, enorme, con persino delle panchina.
O sto sognando, o stanno preparando le scenografie per un film o semplicemente mi ritrovo in America per sbaglio. Che abbia preso l' autobus sbagliato?.
Comunque sia, mi devo ricredere, mi costa tanto ammetterlo ma non posso farne a meno: Questa scuola è una cosa da urlo!.
Ditemi che non l'ho detto.
...
Ok, l' ho detto.
- Mikela, mi indicheresti la segreteria? Perchè devo... -.
- Si, il modulo. Seguimi e, mi raccomando, non fissarti intorno. Fai finta di niente, guarda dritto e cerca di non inciampare sui tuoi stessi piedi. Intesi? -.
- Cristallini -.
Percorriamo insieme il grande viale di ciottoli ed entriamo dalla porta a vetri, già stata aperte evidentemente da altri studenti.
- Questa è la segreteria. Ti aspetto fuori o preferisci che venga dentro? Sai, ogni tanto la Sandra è strana... -.
- La Sandra? - dico, alzando il sopracciglio.
- Si, una delle segretarie. La chiamiamo tutti per nome. E' un po' fuori con la testa, ma se la prendi in certi momenti è simpatica. Ok, ho capito, ti accompagno... -.
Mi prende per un braccio e bussa alla porta delle signora Sandra.
Dopo il suo "avanti" entriamo nell' ufficio.
- Salve Sandra. Lei è la nuova arrivata, Jessica Hurman. Le daresti il modulo da consegnare, quello solito che si da ai nuovi arrivati, con l' orario delle sue lezioni? -.
- Certamente. Classe? - dice, rivolgendomi un sorriso.
- Ehm... Sono in 5C... - dico, con un sorrisino timido.
- Ecco cara, tieni. Buon anno e benvenuta alla nostra scuola... - dice, tornando a osservare alcuni moduli.
- Grazie mille. Arrivederci... -.
- Arrivederci ragazze... - dice.
Usciamo, o meglio, Mikela esce trascinandomi per il braccio, dal momento che io sembro aver perso tutte le facoltà motorie.
- Adesso succederà una cosa di questo tipo: devi entrare in classe. Mi raccomando, fai come ti ho detto. Lo dico per te... - dice, osservandomi negli occhi.
- Ne parli come se stessi per entrare in una trincea... - dico, alzando gli occhi al cielo.
- Ecco, ci sei andata molto vicino. Seguimi, andiamo in classe và... -.
Arriviamo al secondo piano. Di fronte mi ritrovo la 5C, mentre Mikela sparisce dentro la sua.
Rrespiro profondamente, prendo coraggio e busso, forse un po' troppo forte.
Dopo l' ennesimo "avanti", varco la soglia della mia nuova classe.
Tutti mi guardano come se provenissi da Marte. Cos'è che mi diceva Mikela?
Non fissarli, non stare a guardarli. Vai dritta per la tua strada.
- Ehm, buon giorno. Questo è il modulo che mi hanno detto di consegnare all' insegnante della prima ora - dico, porgendo alla professoressa il modulo.
- Così tu sei la nuova arrivata. Ragazzi, lei è la signorina Jessica Hurman, sarà con noi per la seconda metà dell' ultimo anno di liceo. Puoi sederti là, accanto a Katia... - dice, indicandomi un banco vuoto in ultima fila accanto alla finestra.
- Ehm, grazie... -.
Faccio un passo avanti e per poco non inciampo in una cartella vicino.
Sento una risatina provenire dalla bocca del proprietariod ella cartella. Mi sta già antipatico, perfetto, così ho eliminato subito uno dei ragazzi della classe.
Mi siedo accanto alla presunta Katia ed estraggo il quaderno e la penna per gli appunti.
- Comunque sia, Jessica giusto? Sono la professoressa Vivièn, insegno Storia... -.
- An ok... - dico, quasi in un sussurro.
- Bene ragazzi, tutti sappiamo che la civiltà minoicanon ha lasciato tracce scritte sulla sua storia. In compenso, molti dei dipinti... -.
La professoressa Vivièn comincia a spiegare i Greci.
Ho sempre odiato i Greci ma, giusto per fare una buona impressiopne già dal primo giorno, mi metto a prendere appunti, benchè la mia mente fosse altrove.
Più che altrove, era rivolta a qualcuno che in questo momento se ne stava dall' altra parte della Germania, magari a divertirsi.
- Subito sembra buona, ma poi durante le interrogazione diventa una piccola tigre della Malesia... - dice Katia, rivolgendomi la parola per la prima volta.
- Davvero? - dico, voltandomi a guardarla, sussurrando per non farci sentire dalla professoressa.
- Si, il voto più alto che ha dato è stato un 2 l' anno scorso a Marika, la ragazza in prima fila con gli occhiali blu, la vedi? -.
- Si, la vedo. Bhè, quindi i 6 e i 7 volano a flotte... - dico, con un' aria preoccupata.
- Proprio così. Io per fortuna riesco a mantenere la media del 3/4, però sai... Avere di più non guasterebbe... -.
- In effetti. Magari un 2 o un 1 lo darà prima o poi... - dico, speranzosa.
- Pochissina. Credo che i suoi 2 e 1 siano più unici che rari. Però, se ti va di puntare al 2 fallo, ma rischi davvero di strizzarti il cervelletto... -.
Sorriso, ma poi decido di ascoltare almeno un quarto della lezione ed entrambe prendiamo appunti.
Al suono della campanella nessuno si muove, si limitano a mettere in cartelli i libri della vecchia materia per estrarre quelli della nuova.
- Ma fate sempre così al cambio dell' ora? - dico, rivolgendomi a Katia.
- No, ma adesso c'è il professore di chimica. Quello è uno tosto, per quello cerchiamo di fare la meno confusiona possibile... -.
- Ragionamente che non fa una piega... -.
Un ragazzo biondo con gli occhi azzurri si avvicina e appoggia i gomiti sul mio bianco e mi fissa.
- Ehi novellina, io sono Jeck, Jeck Master... -.
- Ehm, ciao... -.
 
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Lullaby;
view post Posted on 22/1/2009, 21:23




Chi sarà questo Jeck???
Continua!
 
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