Grazie ragazze!!! *_*
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“Sì, è magnifico. Il mio capo ha personalmente ideato il progetto. Desiderava che anche l’esterno del locale fosse accogliente. Non sembra nemmeno di essere a Roma. Pochi metri più in là, oltre al cancello, c’è la città con tutte le sue luci e i suoi rumori, ma qui è tutto ovattato”
“Un’idea geniale!” rispose il ragazzo, non trovando nulla di meglio da dire.
“Bene, io adesso dovrei andare…”
“Non hai tempo per fumare una sigaretta con me?” chiese allora Bill, titubante.
“Ma non stavi fumando un attimo fa?” lo punzecchiò Lea, stupendosi per essere riuscita a scherzare con lui.
“Beh sì, ma dentro non si può fumare, così le concentro!”
“Non dovresti farlo! Sei un cantante, ti rovini le corde vocali” rise Lea.
“Fumi anche tu! Ti ho vista prima, mentre passavi!” la rimbeccò Bill, ritrovando pian piano il suo naturale charme.
“Ma io non sono una cantante! Ad ogni modo, sto scherzando! Quel che fai nella vita, sono solo affari tuoi”
“Alcuni giornali hanno criticato questa mia scelta, dopo l’intervento che ho subito”
“Intervento?” chiese Lea.
Fu in quel momento che Bill capì che Lea non era una fan dei Tokio Hotel, perché la notizia era rimbalzata da uno stato all’altro, facendo agitare tutte le loro sostenitrici.
“Sì, mi hanno operato alle corde vocali questa primavera. Abbiamo dovuto sospendere un’intera tournee per questo motivo” spiegò Bill, con una nota di rammarico nella voce.
“Mi dispiace” mormorò Lea “Mi auguro che ora sia tutto risolto”
“Sì, grazie. Era solo una ciste, ma sono dovuto restare in silenzio per dieci giorni e credimi, per me è stata una tortura!”
“Immagino! Insomma, non ti conosco, ma da quanto ho capito sei un buon oratore!”
“Mi piace molto parlare. Lo faccio di continuo!”
“Io sono piuttosto taciturna, invece. O meglio, alterno periodi di mutismo a periodi in cui non disdegno di certo una bella chiacchierata. Comunque” continuò la ragazza “non ci siamo presentati! Io sono Lea, piacere” e gli tese la mano.
“Bill” sorrise il ragazzo, stringendo la mano di Lea “Ma mi sa che il mio nome lo sapevi già! A dire il vero, anche io sapevo il tuo”
“Il mio?”
“La maglietta” disse Bill, indicando la polo di Lea, sulla quale era stampato, in piccolo, anche il suo nome oltre al nome del pub.
“Ah già” rise Lea, toccandosi la fronte con una mano “La maglietta…”
“Lavori qui da molto?” domandò Bill, cercando di spostare la conversazione su temi più personali.
“Cinque anni. Mi trovo bene, il mio capo è quasi come un padre, per me” confessò Lea “E tu, canti da molto?”
“Da una vita intera” sorrise Bill “Fin da bambino ho sempre sognato questo mondo. Aver raggiunto la popolarità e riuscire a vivere facendo questo mestiere, è un sogno che si avvera”
“Sei molto fortunato! Migliaia di ragazzi vorrebbero essere al vostro posto…”
“Sì, me lo ripeto sempre. Non voglio perder di vista la realtà e crogiolarmi nel mio sogno. Abbiamo lavorato tanto per ottenere tutto questo, ma non posso scordare che il merito va anche alla fortuna. Se le nostre canzoni non fossero piaciute o se nessun discografico ci avesse mai notato, saremmo rimasti nell’ombra per sempre”
“Toglimi una curiosità” disse Lea “Da cosa deriva il nome Tokio Hotel?”
Bill scoppiò a ridere, facendo battere il cuore di Lea ad una velocità inaudita.
“Cosa c’è?” chiese la ragazza, incuriosita.
“Non sei una nostra fan, vero?” domandò Bill, continuando a ridere.
“Ehm… a dire il vero non vi conoscevo nemmeno! Voglio dire, avevo sentito una vostra canzone alla radio o in televisione… è imbarazzante tutto questo, lo so!” ridacchiò.
“Ma no, figurati! I gusti sono gusti!” rispose Bill.
“No no” si affrettò a spiegare Lea “Non è che non vi conoscessi per scelta. E’ che, negli ultimi cinque anni, non ho avuto il tempo di fare nulla se non lavorare e studiare. Quindi, non sono afferrata sull’argomento!”
“Sei stata in Antartide per cinque anni?” chiese Bill, ridendo.
“Quasi!” rispose Lea “Insomma, ho aiutato mia sorella dopo il parto poi, appena maggiorenne, ho iniziato a lavorare pur continuando a studiare. Insomma, cinque anni di esilio dal resto del mondo, in pratica”
“Capisco. Non dev’essere stata facile la vita, per te…”
“Sotto certi aspetti no, per nulla. Ma non rimpiango le mie scelte. O almeno, non totalmente. Sono fiera di quel che ho fatto fino ad adesso perché mi sono guadagnata tutto con il sudore della fronte, ma ho perso di vista tante altre cose…” e poi pensò
“Compreso te” senza, ovviamente, dirlo.
“Anche io, seppur in modo diverso, mi sono chiuso nel mio mondo. Mi manca la mia famiglia, la mia casa, le piccole cose di tutti i giorni, il piacere di andare a comprarsi un gelato senza temere di venir inseguito dai fotografi”
“Torni raramente a casa tua? Aspetta… mi sono documentata… Lo-loi…”
“Loitsche!” finì Bill, ridendo “Hai davvero chiesto informazioni su di noi?”
“Beh, non potevo sfigurare, insomma! Ho rimediato! Ma dicevi di Loitsche…” lo esortò Lea, che aveva già capito da un pezzo quanto Bill amasse chiacchierare… e quanto lei amasse ascoltarlo.
“Sì, ecco. Ci torniamo raramente. Mia madre ora non vive più lì, così passiamo qualche volta a salutare gli amici. Ora io e mio fratello abbiamo casa a Berlino, ma ci stiamo davvero pochissimo. Siamo sempre in giro, costantemente. E se abbiamo un lungo periodo di vacanza, preferiamo passarlo su qualche isola deserta”
“Alla faccia del mio campeggio al lago!” rise Lea.
“Non volevo sembrarti borioso” si scusò Bill.
“Ma figurati, hai detto solo la verità! Insomma, è evidente che facciamo due lavori pagati in modo assolutamente diverso! Ora però, a proposito di lavoro, devo davvero scappare…” aggiunse Lea, a malincuore “Sono fuori da mezz’ora, la mia collega sarà nera e spero che il mio capo non se ne sia accorto”
Fu in quel momento che Bill decise di giocare l’asso che teneva nella manica, quello che temeva di non avere il coraggio di esporre.
“Mi piacerebbe rivederti, dopo la chiusura"
Continua...