CITAZIONE (rok1 @ 13/1/2009, 17:52)
W.O.W troppo fighetta! ma, io che sono di roma ed ero al concerto dei tokio non mi pare che poi erano anda ti in un locale la sera? o sbaglio?
No no, questa FF è puro frutto della mia mente! I fatti di cui parlo sono inventati ^^
Grazie a tutte per i commenti!
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“Ciao. Potrei avere un’altra vodka alla fragola e tre birre?” chiese.
“Sì certo. Un attimo” balbettò Lea.
“Ma tu sei mica il cantante dei Tokio Hotel?” gli chiese la ragazza bionda, in italiano.
Bill annuì, sorridendo, poi voltò lo sguardo verso Lea e sussurrò: “Ho capito solo Tokio Hotel. Cosa mi ha chiesto?”
“Se sei il cantante dei Tokio Hotel” rise Lea.
“Ah!” e poi, rivolgendosi alla ragazza “Sì, ciao!”
“Ma dai! Non è che possiamo fare una foto insieme? Mia cugina creperà dal nervoso, quando glielo dirò!” continuò la ragazza, sempre in italiano.
“Ha chiesto se potete fare una foto insieme, aggiungendo che sua cugina creperà dal nervoso quando lo saprà” tradusse Lea ad un incuriosito Bill.
Con estrema gentilezza, il ragazzo fece la foto, dopodiché la ragazza bionda lo salutò e si allontanò dal bancone con il suo cocktail.
“Siete gentili qui in Italia” disse Bill.
“Beh, diciamo che ti è andata bene! I maleducati ci sono pure qui!” precisò Lea, sistemando vodka e birre su di un vassoio.
“Allora ti ringrazio… per i drink e per avermi tradotto quel che diceva la ragazza! Non capivo proprio nulla! Ah… scusa ancora per mio fratello… lui fa lo scemo ma è un bravo ragazzo!”
“Figurati, non me la sono presa affatto! Tutto a posto, grazie a te”
Con un sorriso, il ragazzo si allontanò e Lea si ritrovò a fissare la sua figura snella che scompariva fra la massa di persone.
Inevitabilmente, la serata volse al termine. Pian piano, la gente cominciò a diminuire e arrivò anche il momento di vederlo andare via. Dal bancone, vide Tino salutare il gruppo, per poi avvicinarsi a lei, entusiasta. La figura di Tino coprì la visuale a Lea, così la ragazza non capì se Bill si fosse voltato a guardarla prima di sparire dalla sua vita per sempre.
“Si sono trovati bene! Mi hanno fatto i complimenti per il locale! Sono troppo felice! Adesso aspetta, aspetta…” si guardò intorno e, constatando che ormai non c’era più nessuno, fece un saltello “dovevo farlo!”
Lea scoppiò a ridere: “Tino, rilassati o ti verrà un infarto! Ad ogni modo, ero sicura che si sarebbero trovati bene! Sei un gestore eccezionale e un datore di lavoro eccellente!”
Tino le diede un buffetto sulla guancia e si allontanò.
Quell’uomo era l’unica figura maschile che più si avvicinava ad un padre, che Lea avesse mai avuto accanto a sé. Anche se non amava particolarmente quel lavoro, anzi, lo detestava, era molto affezionata a Tino e avrebbe fatto di tutto per lui.
Erano ormai le quattro quando Lea rincasò. Non aveva sonno, così dopo una doccia rinfrescante e rinvigorente, senza fare rumore andò in cucina e, con il portatile appoggiato al tavolo, si connesse ad Internet.
Le uniche due parole che poteva digitare, per ottenere qualsiasi tipo di informazione su di LUI, erano “Tokio Hotel” e “Bill”.
Come qualche ora prima, immediatamente apparvero una sfilza di risultati. Cliccò sul primo link che il motore di ricerca le proponeva e cominciò a leggere.
Scoprì così un mondo a lei del tutto sconosciuto. E anche un ragazzo. LUI era Bill Kaulitz, quasi diciannovenne, leader del gruppo tedesco Tokio Hotel, famoso prima in Germania e poi in tutto il mondo, nonché fratello gemello del chitarrista, Tom.
“Quello con i rasta, se non sbaglio” pensò Lea, facendo mente locale.
Figlio di genitori separati, proprio come lei, aveva sviluppato l’amore verso il canto grazie ad un’artista tedesca e al patrigno.
Continuò a leggere, fino all’alba, tutto quello che trovò su di LUI. I commenti delle fan, le storie a lui dedicate, i fan club, i forum di discussione, i testi delle canzoni. Andò perfino in camera a prendere le cuffie del suo ipod, le collegò al computer e ascoltò alcuni dei loro brani. Alle sei del mattino, con gli occhi cerchiati e un mal di testa ancora più forte, si trascinò in camera. Lasciandosi cadere sul letto, si addormentò con in testa la melodia di una loro canzone e la voce del ragazzo che ne sussurrava i versi.
Alle dieci, dopo appena quattro ore di sonno, Philip la svegliò.
“Ma che ci fai a casa a quest’ora?” brontolò Lea, strofinandosi gli occhi.
“Zia, è sabato!”
“Oddio. Me ne ero completamente scordata!”
“Vieni a fare colazione! Anche io e la mamma ci siamo appena svegliati!”
Ormai era sveglia, quindi tanto valeva buttare giù qualcosa di caldo. Calzò le pantofole e seguì Phil in cucina. Marie, come al solito, era intenta a preparare il primo pasto della giornata.
“Allora, come è andata ieri sera?” le chiese, avvicinandosi a lei per darle un bacio.
“Bene”
“Solo bene?” chiese Marie.
Lea le rispose con un’occhiataccia, come a dire “ti spiego quando non c’è Phil!”. Non voleva parlare di certi argomenti di fronte al nipotino. Era troppo piccolo e avrebbe fatto troppe domande.
Dopo la colazione, Philip uscì a giocare in giardino, così le due donne rimasero sole. Lea accese una sigaretta, seguita a ruota dalla sorella.
“Allora, adesso mi racconti che succede?”
“Ma nulla. Solo che… beh insomma. Marie, il ragazzo che canta in quel gruppo è… cioè… è fantastico!”
Marie sogghignò.
“Non dirmi che ti sei presa una cotta per un cantante!”
“Ma no! Solo che… non so, è così diverso dagli altri”
“Dagli altri chi? Lea, tu non ti sei mai concessa una storia d’amore, nemmeno alle scuole medie cazzo!”
“Lo so! Ma ho gli occhi e sai quanti ne vedo al locale? Tutti muscolosi, con i capelli biondi, gli occhiali da sole anche di notte, la camicia aperta sul petto per mostrare i pettorali, la camminata sicura di chi pensa di avere il mondo in mano… lui invece, non so… lui danza”
Marie scoppiò a ridere, strozzandosi con il fumo della sigaretta.
“Cosa c’è da ridere?”
“Danza? Sei sicura che non fosse Joaquin Cortez?”
“Smettila!” rise Lea “Intendo dire che è così delicato, nei movimenti, nel linguaggio”
“Adesso mi stai facendo paura” borbottò Marie “Pianeta Terra chiama Lea!”
“Marie dai! Sono qui, sono fra di voi… stanotte” continuò Lea “anzi, stamattina quando sono rincasata, mi sono connessa alla rete per cercare informazioni su di lui”
“Lea, mi fai sempre più paura! Dov’è finita la razionale Lea?”
“E’ qui e ti implora di aiutarla”
“A fare cosa?” domandò Marie, spegnendo la sigaretta.
“A farla rinsavire”
“Lea, seriamente parlando, non c’è nulla di male. Insomma, voglio dire, tu l’hai visto e ti ha fatto una bella impressione, tutto qui. L’importante è che questo non ti limiti, che non diventi un’ossessione. Lui non fa parte del nostro mondo”
“Ci ho parlato” mormorò Lea e prese a raccontare alla sorella la serata, per filo e per segno, come a voler dimostrare a sé stessa e forse anche a Marie che, tutto sommato, pur non facendo parte del loro mondo, Bill era una persona normale.
“Simpatico, gentile, ma pur sempre un personaggio famoso. Lea, tu non lo rivedrai mai più, lo sai?”
“Sì” rispose la ragazza, sentendo una fitta al centro del petto.
“Coraggio sorella, sono sicura che passerà. Ti sei improvvisamente accorta che là fuori c’è un mondo che tu non hai mai voluto esplorare, è per quello che ti senti così. Forse la colpa è anche mia. Ho fatto troppo affidamento sul tuo aiuto, impedendoti di vivere la tua vita come una ragazza normale”
“Non dire sciocchezze!” protestò Lea “Tutto quel che ho fatto per te e per Phil, l’ho fatto in maniera del tutto consapevole. Tu non hai colpe, sono io quella che non ha mai voluto fermarsi un attimo”
“Promettimi che, da oggi in poi, ti prenderai più cura di te stessa, ti fermerai e ti concederai delle piccole distrazioni, intesi?”
“Promesso” sussurrò Lea, poco convinta. Era dura modificare il proprio carattere, ormai.
Nel tardo pomeriggio, dopo una lunga pennichella, Lea si trovò Marie in stanza.
“Premetto che forse non dovrei dirtelo, però…” esordì Marie.
“Però?”
“Ho appena sentito alla tv che stasera i Tokio Hotel suoneranno a Roma”
Lea cambiò colore in viso, passando dal bianco candido al rosso scarlatto. Poi, scuotendo la testa, disse: “Primo: stasera lavoro. Secondo: dubito che troveremo ancora dei biglietti. Terzo: non credo che sia il caso. Quarto: …”
“Allora non mi ascolti quando parlo!” la interruppe Marie “Cosa ti ho chiesto poche ore fa? Di prenderti una pausa, di concederti delle distrazioni e questa, nonostante tutto, mi sembra l’ideale!”
“Ma sei hai appena detto che non avresti dovuto dirmelo!”
“Beh, l’ho detto perché non vorrei che ti facessi ulteriori strane idee, però…”
“Marie, non ci saranno più biglietti e non saprei nemmeno a chi poterli chiedere”
“Se mi dai un quarto d’ora, faccio un giro di telefonate”
“Lascia perdere, io…”
Lo squillo del telefonino, interruppe le due sorelle. Lea si alzò, afferrò il cellulare adagiato sulla scrivania e rispose.
“Ciao Tino, dimmi!”
“Lea!!! Abbiamo fatto centro!!!”
“Tino? Non capisco nulla”
“Stasera! Di nuovo! Party privato! Esclusivo! Da noi!”
Lea deglutì, cominciando a capire a cosa si riferisse l’uomo.
“Spiegati meglio, per cortesia”
“Stasera i Tokio Hotel suonano a Roma”
“Questo lo so…”
“Ecco, ma quel che ancora non sai è che, poco fa, ho ricevuto la chiamata del loro manager che mi chiedeva se potevo riservare il locale al gruppo, per un party, alla fine del concerto! Capisci?! Hanno scelto ancora noi!”
Lea, seppur vergognandosene un pochino, sperò che la decisione fosse stata presa da Bill e che l’avesse fatto solo per poterla rivedere. Ma scacciò quel pensiero immediatamente.
“Hanno ricevuto un premio, qui” continuò Tino “e desiderano festeggiare l’evento dopo lo show! Capisci, un party privato da noi!”
“Capisco… capisco” mormorò Lea, trattenendo l’eccitazione.
“Quindi, alle 19.00 ti voglio qui”
“Ma Tino, il concerto non sarà finito prima delle 23.30, presumo!”
“Dobbiamo predisporre i tavoli per il buffet, preparare i cocktail, io devo mettermi d’accordo con il deejay e tu stasera mi servi come traduttrice!”
Dopo ulteriori spiegazione, Lea salutò Tino e interruppe la chiamata.
“Non ci sarà bisogno dei biglietti.” disse Lea, a Marie “Stasera daranno un party al locale”
Continua...