| Eccomi con un nuovo capitolo ^^
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Anche quella volta aveva fatto attendere Klaus almeno quaranta minuti. Ormai il ragazzo c’era abituato, ma neanche quella volta le risparmiò il suo disappunto. Oltretutto ad attenderla, in auto c’era anche il suo scagnozzo, Markus. Il fatto dell’uscita a più persone era stato solo un modo per abbordare la ragazza di turno, facendola cadere nel tranello del “non è un appuntamento, casualmente anche io sarò ala festa, con amici, ci troviamo lì”. Quegli “amici” appunto, erano Valentina e Markus. Comunque il fatto non le dispiacque, adorava le feste mondane, o forse adorava più che altro VESTIRSI per le feste mondane. Grazie alla sua bassa statura e alla magrezza, non esagerata, ma proporzionata, poteva permettersi di eccedere e ne approfittava volentieri. Quella volta, lo aveva fatto con un abito che lasciava le spalle nude, ma ricadeva morbido e casto fino a mezza coscia, ricordando più una maglia che un vestitino. Quando lo aveva visto la prima volta non le disse molto, era lì, bianco e anonimo e lo sorpassò, per poi venire illuminata e tornare indietro di qualche passo, immaginandolo già del tutto camuffato. Infatti, quella sera, era stretto all’altezza dello sterno da una fascia nera a mò di cintura, sulla spalla Vale aveva applicato una rosa nera, di stoffa, trovata un giorno ad una bancarella, caduta da un capo ormai invendibile. Il vestito finiva sopra i leggins in pelle che si era comprata per l’occasione. Dopo due ore era riuscita a decidersi per i tronchetti neri, con il tacco alto e come collana aveva indossata con pietre vere, agata verde e onice che Luca le aveva regalato per la laurea. Ma secondo lei, il tocco di classe erano i guanti alti fino al gomito, rigorosamente di pelle nera, che riprendevano i suoi adorati pantacollant. Klaus l’aveva squadrata a lungo, era convinto che il rossetto rosso fuoco e i leggins in pelle non si addicessero ad una festa del genere, ma quegli strambi abbinamenti non facevano sembrare niente fuoriluogo. Ormai c’aveva rinunciato, quello scricciolo, ne sapeva una più del diavolo. Il viaggio in auto non fu lungo e passò in fretta tra le battute tipicamente maschiliste di Markus e Klaus e le alzate di occhi al cielo della ragazza, intenta a stendersi il rossetto sulle labbra. L’auto di Klaus, fu lasciata in custodia ad un tipo fuori dal locale, incaricato di parcheggiare le vetture degli invitati ed i tre entrarono. Valentina si guardò intorno e riconobbe molti volti noti, musicisti, cantanti, ragazze da urlo, uomini d’affari intenti a sorseggiare drink e parlottare come stessero complottando, solita routine, per party del genere, quella volta si trattavo del Gala che la Universal organizzava ogni anno. Agli inizi del suo incarico per “Vogue” e, soprattutto agli inizi della sua amicizia con Klaus, si era chiesta molte volte cosa ci facesse lei, in mezzo a tanto sfarzo, a tanto luccichio. Lei che si era sempre sentita una nuvola grigiastra in un cielo di stelle, lei che era sempre stata la ragazza sola, insipida, che nessuno mai notava, se non quel giovane professore che tanto l’aveva aiutata a diventare una donna. Ma quella sera, niente le sembrava non appartenerle, si era ormai convinta che non esistesse un luogo in cui non siamo adatti. Esistiamo solo noi stessi e la voglia di sentirsi tali, che ci si trovi in mezzo al lusso o alla povertà. Per questo non si guardava più intorno con aria circospetta, ma anzi, scrutava curiosa la folla, azzardava sorrisi a chi posava gli occhi su di lei, talvolta anche provocatori. Perché, a lungo andare, aveva iniziato a piacerle sentirsi osservata, iniziava a piacerle “apparire”, iniziava a piacerle essere il contrario di quello che era stata in passato. “Vale, ti presento Nathalie.” La voce dell’amico la riscosse dai suoi pensieri e le fece posare lo sguardo sulla biondina di fronte a lei, che la guardava con la mano tesa ed un sorriso di circostanza. “Oh… ciao, piacere, Klaus mi ha parlato di te.” Esordì, stringendo la mano alla sconosciuta, guardandola sottecchi dal bicchiere di spumante che Markus le aveva portato. “Mi fa piacere e posso dire che vale la stessa cosa per me. Tu saresti l’assistente tuttofare, giusto?” La castana sollevò un sopracciglio, notando la punta di ostilità con la quale le era stata rivolta la domanda. “…Se è così che mi hanno presentata, sì, sono io.” Le due si guardarono negli occhi per qualche secondo, scrutandosi. I quattro, poi si sedettero ad un tavolo prenotato appositamente per loro, scambiandosi chiacchiere, per lo più disinteressate. Valentina continuava a guardarsi intorno, mentre Markus aveva attaccato bottone con una moretta piuttosto scollacciata e la bionda e Klaus flirtavano sapientemente. Durante quel tempo trascorso, venne fuori che Nathalie fosse una visagista, nello specifico, la truccatrice e consulente di moda personale di Bill Kaulitz, cantante della band più famosa della Germania. Vale un po’ si vergognava a dire in giro che di quel gruppo sapesse poco o nulla, proprio lei che lavorava per una delle riviste di moda più in voga del momento. Ma a dire il vero, la moda era sì, una grande passione della ragazza, ma non la moda lanciata da altri, ma la sua. Quella che lei stessa si costruiva e andava a scovare, ricamandoci su articoli sempre interessanti, o quantomeno, curiosi. I Tokio Hotel, invece, appartenevano, ai suoi occhi, ad un qualcosa di già scoperto e sfruttato, commercializzato e, in quanto tale, fuorimoda per lei, in contraddizione. Per questo motivo non si era mai documentata a fondo su di loro, preferendo, magari, dedicarsi a personaggi emergenti, per quanto le capitasse di scrivere qualcosa su persone fisiche, dato che ormai, si occupava quasi esclusivamente di abiti. “Com’è lavorare per Kaulitz?” Chiese Klaus a Nathalie, curioso. “Stressante…” Si portò una mano tra i capelli, lei, in maniera civettuola e sospirando. “…stressante e al tempo stesso, cool.” Accentuò il suo accento americanizzato, per sottolineare il fatto di essere una tipa “internazionale”. A Vale scappò una risatina, che annegò in un sorso di ciò che aveva nel bicchiere, che in quel momento non ricordò nemmeno cosa fosse e come lo avesse. La bionda la guardò con aria interrogativa. “Scusami, ti stavo solo dando ragione.” Si scusò l’altra. “In che senso?” La incitò la truccatrice. “No, è che, voglio dire…mi rendo conto di quanto possa essere stressante svolgere un mestiere così faticoso.” Annuì, mascherando la sua ironia. “Sì, infatti. Insomma, bisogna sempre avere nuove idee, ma al tempo stesso soddisfare i gusti della star in questione.” Smanaccò la biondina. “Eh, capisco, poi doverlo seguire a questi Gala, viaggiare il mondo di continuo, pernottare in alberghi di lusso, a spese di altre persone, sorbirsi concerti ed esibizioni… credo proprio che in pochi ti invidino.” Rispose Valentina, cercando di essere convincente, pensando in realtà a tutti coloro che lottano per arrivare a fine mese, lavorando giorno e notte in miniere, cantieri e così via. “Beh ovviamente sì, ci sono anche i lati positivi.” L’altra ragazza tentò di salvare la conversazione, sentendosi oltraggiata. “Già, ma tranquilla, mi rendo conto di quanto possa essere stressante, figurati.” Dette l’ultimo sorso, alzandosi. Le era sempre piaciuto avere l’ultima parola. “Vado a fare un giro, vogliate scusarmi.” Nathalie la fulminò, Markus continuò la sua conversazione “accesa” con la nuova arrivata e Klaus si tranquillizzò adesso che Vale aveva finito di mettere in difficoltà la sua preda, avendo paura di farla innervosire e non poter portare a termine la “missione”.
*** Girò un po’ per il locale, osservando le persone, divertendosi ad immaginare il loro carattere e a scambiare chiacchiere con i vari sconosciuti che le rivolgevano la parola e le offrivano qualcosa da bere. Si stava divertendo abbastanza, infondo a lei bastava poco. Non amava bere più del dovuto, anche se le era capitato di prendersi qualche sbornia con Klaus ogni tanto, e non amava scatenarsi in danze in mezzo alle piste piene di gente. Voleva sempre avere tutto sotto controllo, odiava lasciarsi andare troppo, dal passato aveva imparato a non dare molto alle persone, perché c’è sempre qualcuno pronto ad approfittarsene, come le era accaduto ormai troppe volte. Per questo motivo non si era mai innamorata davvero, o quanto meno, non aveva mai avuto rapporti completi, ma solo storie spezzate in tempo per non lasciarsi coinvolgere. Scappava, scappava non appena qualcosa iniziava a profumare d’amore, parola non presente nel vocabolario della ragazza, o forse soltanto cancellata per forza. Sua madre aveva sempre pensato che la sua esperienza a Berlino, non fosse altro che una delle solite fughe dalla possibilità di una storia con Luca e glielo aveva confidato, facendola andare su tutte le furie, etichettando da quel momento il discorso “Luca” off limits. Reazione che per sua madre, non fu altro che una conferma. “AHIA CAZZO!” Imprecò, tornata bruscamente alla realtà dopo un fastidioso dolore al braccio. Si scostò la pelle ed osservò il rossore causato dalla bruciatura di un mozzicone di sigaretta. “Wow… devi aver studiato ad Oxford per ostentare tanta finezza.” Una voce saccente le arrivò alle orecchie. Vale alzò gli occhi, incrociando quelli scuri e penetranti del ragazzo davanti a lei. Aveva un viso pallido, lineamenti fini, tanto perfetti da sembrare disegnati. Aveva visto foto di modelli, attori, ma non aveva mai visto tanta perfezione concentrata tutta insieme. La sua bocca era contratta in una smorfia, ma le labbra sottili e perfette erano ben visibili. Gli occhi erano contornati di nero, severi, profondi, fondenti, bellissimi e quel naso pitturato la fece arrossire. Tuttavia il suo sguardo era austero, superficiale. “Oxford o no, ho studiato abbastanza da capire che la risposta corretta sarebbe stata “scusa”.” Lo apostrofò lei, strusciandosi la pelle nella parte colpita. Il ragazzo inarcò il sopracciglio destro, adornato da un cerchietto di metallo e portò alle labbra la sigaretta in questione, facendo un tiro e rilasciando del fumo, che si allungò verso il viso della ragazza, facendola tossire appena. “…Scusa.” Sibilò lui, con un sorriso tanto bello quanto falso e stronzo. Vale rimase impietrita, stupita da tanta arroganza. “Dico ma sei idiota?” Il moro scosse la testa, lasciando che i suoi capelli raccolti in una cresta sparata in aria, si muovessero un po’, non degnandosi di rispondere, guardandola come una poveraccia e facendo per andarsene, destando le ire di Valentina. “Ma tu guarda questo! Ma chi cazzo ti credi di essere per comportarti così?” “Non scaldarti bambolina e modera i termini quando parli con me.” La perforò con lo sguardo, dall’alto della sua figura slanciata ed elegante. “Io non modero proprio niente! Tu piuttosto vedi di scendere dal piedistallo o rischi di cadere, rovinandoti quel bel visino che ti ritrovi.” Lo fulminò, ricevendo in risposta una risata per niente divertita. “Ehi… tu, Champagne..” Ordinò, con fare altezzoso, al cameriere passato con un vassoio vuoto, non degnando Vale di uno sguardo. Lei lo guardò allibita, mai le era capitato di essere trattata così. Preferiva di gran lunga venir presa ad insulti, derisa come a scuola, ma non ignorata così, quello era davvero troppo. “Io non ho proprio parole! Ho conosciuto tante persone nella mia vita, ma tu rasenti davvero il comico da tanto che sei sgradevole…” Commentò, sconcertata. Il moro, intanto, prese tra le dita il calice di champagne per alzarlo appena verso di lei e mormorare: “Alla salute.” Valentina lo guardò piena di rabbia, diventando rossa in faccia e ringhiando: “Spero che quelle bollicine ti vadano di traverso.” Poi girò i tacchi, voltandogli le spalle, allontanandosi, ma non in tempo da non poter udire il ragazzo rispondere: “Oxford o no, la risposta sarebbe stata “alla salute”. Poi una risatina e, voltandosi, non lo vide più. Non vide più il ragazzo, che riconobbe, poi, come Bill Kaulitz. “Klaus, ce ne andiamo per favore?” Chiese al biondo, tornata al loro tavolo e trovandolo mano nella mano con la bionda ossigenata. “E’ successo qualcosa?” Chiese lui, notando l’espressione scazzata della ragazza e le sue mani che vagavano nella borsetta in cerca dell’accendino, con una sigaretta tra le labbra. “No, no davvero, ma è tardi e ho bevuto un po’ troppo, non mi sento bene.” Cazzate. Quel tipo le aveva fatto girare la luna storta e, semplicemente, se ne voleva andare, sicura che tanto la serata del suo amico non sarebbe finita lì, ma nel suo letto e, ovviamente, in compagnia. “Ah…ehm…ok, come vuoi, io, noi…” Balbettò lui, guardando incerto Nathalie. “Tranquillo, vai pure, tanto ci sentiamo.” Vale non poteva crederci, la tizia non l’avrebbe seguito, stupefacente. “Sì sì, certo.” Digrignò lui, per nulla soddisfatto. “E’ che magari, ti andava un passaggio…no?” “No, fa nulla, torno con Bill tanto.” Solo all’udire quel nome, Valentina sbuffò, impaziente di andarsene. Klaus guardò gli occhi azzurri della bionda di fronte a lui, così decisi, risoluti, per niente intimiditi da lui, come solitamente succedeva con le ragazza con cui usciva e si torturò il labbro, pensando che quella volta, forse avrebbe voluto più di sempre concludere la serata come desiderava. Ma, ironia della sorte, fu l’unica volta che non gli andò bene. “Bene, allora a presto Nat.” Le rispose, sporgendosi verso di lei a sfiorarle le guance con le labbra, socchiudendo gli occhi e prolungato un po’ più del dovuto quel contatto. Lei gli sorrise di rimando, per poi fare un cenno a Valentina, che ricambiò svogliata, e se ne andò. I due rimasti si avviarono all’auto. La ragazza sprofondò nel sedile, fumando e tirando la cenere fuori dal finestrino di tanto in tanto. Lui guidava, pensando a tutt’altro. “Scusami, ti ho rovinato la serata.” Accennò lei, seria. Klaus scrollò le spalle. “Temo che la serata sarebbe finita così in ogni caso.” “E’ una tosta, eh?” “Così pare, o forse, non le piaccio abbastanza.” Ammise, sconfitto. “Magari sei tu che sei abituato ad avere tutto e subito, per una volta pensa che qualcuno non si sta fermando al fatto che sei Klaus Woll, ricco e bello. Forse cerca di più, no? Dalle tempo.” Lui la guardò sottecchi, un sorriso accennato sulle labbra. “E tutta questa saggezza?” “Osservo, penso, rifletto… tutte cose che tu non fai.” Rise, Valentina. “Tutte cose che io chiamo “Pippe mentali”” Sghignazzò lui. “Esattamente e che, invece, potrebbero servirti.” Era brava a dare consigli agli amici, alle persone, ma non era mai riuscita a darli a se stessa. “Boh, chi lo sa…comunque grazie.” “Dovere, capo.” Ironizzò lei. Rimasero un po’ in auto a chiacchierare, scherzando su Markus e la nuova conquista, commentando sugli invitati e la ragazza si guardò bene dal parlargli di Bill, colui che le aveva rovinato la serata. Poi si fece tardi e i due si rintanarono nelle proprie case, ognuno pensando a cose completamente differenti.
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