Scusate il ritardo, ho avuto un po' di impegni...
14 capitolo.
Ok, lo ammetto, forse è meglio.
Sono
momentaneamente attratta, almeno in parte, da Tom.
Ma solo perchè adesso andiamo decisamente più d' accordo di prima, e non in quel senso, gente.
No, o per lo meno non sono i livelli delle ragazzine urlanti là fuori.
La palazzina era piena e il backstage pullulava di tecnici da tutte le parti. Gente che va e che viene...se ne vessi la possibilità, scapperei all' istante.
Sentii una mano picchiettarmi la spalla, mi voltai, e un Tom tutto sorridente mi si presentò davanti, con le braccia incrociate al petto.
- So che muori dalla voglia di scappare, ma almeno evita di farti vedere. Non voglio passare i prossimi venticinque anni a spiegare al mondo che tu non stai con nessuno di noi quattro, anche se immagino che la gente partirà dal presupposto che tu sei la ragazza di Hagen -.
- Ma lei è bionda – sbuffai.
- Loro non lo sanno. Ora, per favore, potresti fare un paio di passi indietro? -.
Effettivamente, lui se ne stava appoggiato a un muretto ad almeno sei metri da me, mentre io, senza neanche accorgermi, stavo per finire sul palco.
Feci quattro passi indietro, il doppio di quelli richiesti d Tom. Giusto per stare sicura che non mi vedano.
– si complimentò, annuendo.
- Grazie. Ti serve qualcosa? -.
- Sì, mi chiedevo dove fossero finite le mie chitarre– sbuffò, fissandomi.
Il cuore cominciò ad accelerare più del solito, più del dovuto.
Le chitarre?
- Non lo so. Di solito non le lasci i tecnici che le sistemano accanto al palco? -.
- Sì, ma non ci sono -.
- E perchè, secondo te, dovrei sapere dove sono le tue chitarre? - sbuffo.
Beh, secondo il contratto sei tu quella che deve assicurarsi che sia tutto pronto e perfetto, accordarti con i tecnici e tutte queste cose. Ti avverto, di là la situazione sta degenerando. Bill sta impazzendo. Se non si trovano le chitarre, niente live -.
I sensi di colpa cominciarono a farsi strada dentro di me.
Se le chitarre non erano dove avrebbero dovuto essere, la colpa era soltanto di una persona: io. Come avevo fatto a dimenticarmi delle chitarre?
Cercai di mantenere la calma.
- Aspetta, ma io sono quasi del tutto certa di averle viste caricare nel camion – dico.
- Quasi? -.
- Tom, ti dico che quelle chitarre sono arrivate fino a qui. Questa mattina erano... -.
La porta si aprì. Fu un attimo.
David, Bill e tutto gli altri mi si pararono davanti. Tom era leggermente nascosto dietro di loro.
Non capivo.
- Tu. Sei. Licenziata -.
Sgranai gli occhi, sorpresa. Licenziata?
David mi fissava furioso. Bill, invece, era impassibile.
Fissava il fratello e poi me, quasi a scatti. Ma il suo ultimo sguardo, mi incenerì definitivamente.
- Non ho fatto nulla – sussurrai, senza guardarli.
- Sì, invece. Hai mentito a tutti quanti. Credevi che non ce ne saremmo accorti, che io non l' avrei scoperto? Sappiamo cos'è successo, alle chitarre di Tom -.
A quel nome, scattai.
- Non so dove siano finite le chitarre, ma io le ho viste mentre venivano caricate sul camion e portate vie insieme agli altri strumenti – dissi, alzando la voce.
- Ian, vieni qui -.
Un nome che non avevo mai sentito.
Un uomo vestito con maglietta blu e pantaloni leggermente più scuri, mi si presentò davanti.
Era un tecnico, vista la targhetta attaccata alla maglietta.
- Sì, la signorina mi aveva pregato, questa mattina, di assicurarmi che le chitarre non arrivassero a destinazione – disse, guardando serio David.
- Ma è assurdo. Non è vero! -.
Tom, dalle spalle di David, mi fissava, immobile.
- Continua – lo esortò David.
- Le abbiamo caricate comunque sul camion, visto che, a suoi ordini, non dovevamo dare il benché minimo sospetto. Aveva detto che se tutto andava come i suoi piani, lei ci avrebbe ricompensati, alla fine -.
Stavano per cedermi le gambe, poco ma sicuro.
Portai un mano sulla pancia, mentre a fatica tentavo di stare in piedi.
Mi mancava aria. Non riuscivo a respirare.
- Non...è...vero...io...non ho....fatto niente di tutto ciò. Lo giuro – dissi, implorante.
- Dice così perchè non vuole essere scoperta – aggiunge Ian, fissando David.
- Senza dubbio. E tu, raccogli la tua roba e sparisci, all' istante! Zac, Kevin, Assicuratevi che abbandoni il palazzetto tra non più di dieci minuti -.
Mi ritrovai in pochi istanti tra i due, mentre mi tenevano uno per il braccio destro e l' altro per quello sinistro.
Non osi voltarmi per guardare gli alti, consapevole del fatto che non potevo fare assolutamente nulla.
Potevo dire qualsiasi cosa. Qualsiasi.
Avrebbero trovato comunque il modo per usarla contro di me.
**
Fissavo il paesaggio sotto di me. La città era come un puntino, vista da quassù.
Un lacrime scese lenta sul mio viso, fino a posarsi sul mio ginocchio, inumidendo appena i miei jeans.
Ci avevano messo poco a prenotarmi un volo di sola andata per Berlino.
E questa volta sarebbe stata per sempre. Faticavo a crederci, eppure era così.
Perchè a me? Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo?
Ma soprattutto, a chi davo così tanto fastidio da mettermi in situazioni come questa?
Quando scesi dall' aereo, mi diressi al ritiro bagagli.
Ad spettarmi, c' era Giulia, arrivata di corsa dopo la mi telefonata.
Mi getti letteralmente tra le sue braccia, mentre un fiume di lacrime prese a scorrere rovente lungo le mie guance.
- E' stato orribile, Giu – singhiozzai.
- Tranquilla Chiara, risolveremo tutto. Ora andiamo a casa, ti fai una doccia e poi ne parliamo, ok? -.
Lungo il tragitto fino ad Amburgo, nessuno parlò.
Stavo tornando a casa, e questa era ' unica nota positiva in tutto questo casino.
L' appartamento era proprio come me lo ero ricordato; non era cambiato nulla.
Mi lavai e mi vestii con una tuta, giusto per stare comoda.
Tornai in salotto, dove Giulia mi aspettava, quasi ansiosa.
- Dai, racconta – mi incitò, sforzandosi di sorridere.
- Stavo osservando le fan nella palazzina da dietro il tendomi dietro il palco. Ad un certo punto è arrivato Tom, chiedendomi che fine avessero fatto le sue chitarre. Ero sconvolta. Ero sicura al cento per cento che le chitarre fossero state caricare sul camion. Poi, dieci secondi dopo, è arrivato David con tutti gli altri e ha fatto parlare un certo...Ian, mi pare. Sì, si chiamava Ian e ha cominciato dire che io avevo corrotto lui e i suoi colleghi per nascondere le chitarre di Tom e impedire il concerto di questa sera. E David mi ha licenziata. Ci ha messo dieci minuti a prenotarmi un volo di sola andata per Berlino -.
Ricominciai a piangere, presa d una miriade di emozioni: odio, tristezza, rancore, frustrazione. Faticavo ancora a credere che la mia vita era stata distrutta in tre ore.
- Chiara, devi scoprire come mai ti hanno...incastrata così -.
- Sinceramente, Giulia? On mi va di affrontare lo sguardo di Tom e gli altri...non mi crederanno mai -.
- Non puoi deludere Tom -.
- L' ho già fatto -.
Ma non hai fatto niente -.
Sospirai.
- Lui crederà a tutta questa storia, ne sono certa -.
- Te l' ha detto lui? -.
- No ma... -.
Il cellulare vibrò da sopra la mensola, quella accanto alla finestra.
Lo presi velocemente. Un messaggio.
Mi si gelò il sangue.
- E' un messaggio di Tom – sussurrai, con la mano tremante.
- Leggilo, no? -.
Lentamente aprii il messaggio.
Sinceramente, Chiara. Non riesco a credere come tu possa essere in grado di fare una cosa simile. Ti prego, dimmi che si sbagliano. Dimmi che è stato quell' uomo a mentire a tutti noi e non tu.Deglutii.
- prega di dirgli che Ian è quello che mente, e non io – sussurrai, guardando Giulia.
- Visto che non è arrabbiato con te? Forza, rispondigli! -.
Non sono stata io. Sono pronta a giurartelo...non sono stata io, non potrei mai, Tom.Inviai.
Il messaggio di ritorno arrivo tre minuti dopo.
Ne ero certo. Volevo sentirmelo dire, almeno da te. Non preoccuparti, le chitarre sono magicamente apparse nella tua stanzetta qui alla palazzina. Ti tirerò fuori da questo casino e potrai tornare a lavorare con noi, te lo prometto.
Tom, non tornerò a lavorare con voi, anche se la verità dovesse venire a galla. Non riuscirei ad affrontare David, tuo fratello e tutto gli altri.
Mio fratello non ce l' ha con te.
Guarda che me la ricordo la sua occhiata di tre ore fa...Era arrabbiato, questo è vero. Ci abbiamo riflettuto ed effettivamente non puoi essere stata tu. Sei rimasta con me la maggior parte del tempo e non ti sei avvicinata in alcun modo ai tecnici. Proveremo che ti hanno ingannata, ok? Non preoccuparti.**
Era confortante scoprire che almeno un paio, forse poco più, di persone mi credevano, ma era devastante lo stesso.
Mamma mi pregò di andare a trovarla, per parlarne un po' con lei, ma non ne avevo voglia. Papà rimaneva sulle sue e Giulia, invece, cercava di trascorrere ogni secondo possibile con me.
- Forse dovrei cercarmi un altro lavoro. Sono due settimane che rimango chiusa in casa...dovrei darmi da fare – dissi, una sera, a cena.
Giulia annuì, sorridendo.
- Se vuoi posso chiedere se il posto da Dior è ancora libero... -.
- Non sarebbe male...grazie -.
In fondo, mi dava molto più di quello che meritavo.
Non sentivo Tom dal suo ultimo messaggio, e ormai davo per scontato il fatto che si fosse totalmente dimenticato di me. Non lo incolpavo di questo; dopotutto, era circondato da persone che sostenevano la mia colpevolezza nell' accaduto e gli avranno fatto il lavaggio del cervello.
Ma la vita non era così male, anche se non facevo più parte del “Tokio Hotel team”.
Sparecchia la tavola e salutai Giulia che aveva il turno di pomeriggio.
Passai le prime tre ore a guardare uno stupidissimo programma in televisione, poi decisi che era ora di cambiare pagina.
Mi vestii di tutto punto e uscii di casa.
Scesi la macchina e mi avviai per le strade di Amburgo. Questa città mi era mancata tantissimo, anche se con il tempo avevo finito per rimpiangere Berlino.
Quando ero in tour con la band, sentivo la necessità di un posto stabile e mi sentivo come se non avessi più una residenza e quel punto, mi sarei accontentata di tornare alla casa di Berlino.
Entrai nel parcheggio del grande centro commerciale, in cerca di un posto dove sostare con la macchina.
Dopo venti minuti abbondanti, arrivai a varcare per miracolo la soglia dell' entrata.
Mi diedi alle spese pazze. Comprai una borsa, due pii di jeans e una felpa.
Solo alla fine mi resi conto di aver fatto fuori il mio stipendio di un mese.
Ma non ero preoccupata nemmeno di quello. A breve avrei ritrovato un nuovo lavoro, no?
Erano quasi le sei e ormai faceva buio. Forse era il caso di tornare a casa.
Parcheggiai la macchina di fronte al cancello e scesi.
- Chiara -.
Mi voltai, quasi spaventata dal sussurro del mio nome.
- Bill? -.
Aggrottai le sopracciglia, del tutto sorpresa.
- Sì, ehm...sono io. Non dovrei essere qui, ma ci sono lo stesso -.
- Vedo -.
Aprii il cancello senza degnarlo di uno sguardo.
- Posso entrare? Devo parlarti -.
- Io non ho niente da dire -.
- Io sì, invece -.
- Ok -.
Giulia non era ancora rientrata. Il negozio chiudeva alle otto, stasera.
- Dimmi quello che vuoi dirmi e poi vai via. Domani ho un colloquio e non posso permettermi di non andarci a causa delle tue fans accampate qui fuori – sbuffai, dandogli le spalle.
Aprii il frigorifero e tirai fuori le lasagne che Giulia aveva preparato per questa sera. Le misi in forno e le scaldai.
- Volevo solo farti sapere che ti crediamo, io e Tom... -.
- Bastava un sms -.
- Non avresti risposto -.
- Lo so... - ridacchiai, tra me e me.
- Conoscendomi, avrei eliminato il messaggio ancor prima di leggerlo.
E poi un' altra cosa. Quando sei andata via hai dimenticato questa... -.
M porse una foto, che ritraeva me e gli altri appena scesi dall' aereo, in Francia.
L' aveva scattata Georg, giusto per farmi un dispetto e per dimostrare quanto i miei capelli, la mattina, fossero peggiori dei suoi. Casualmente erano venuti nella foto anche Bill, Tom e Gustav, anche se si intravede una piccola ciocca di capelli di Natalie.
- Non l' ho dimenticata... - sussurrai, guardandola.
- Beh dai, è carina. Dopotutto, sono tutte bellissime creature nella foto, no? -.
Scoppiai a ridere.
- Sì, direi di sì -.
- Tom mi ha detto che non vuoi tornare a lavorare con noi, anche se dovessero ammettere che la colpa non è tu ma di altri. Mi spieghi il perchè? -.
- Non c'è molto da spiegare. In molti, comunque, avrebbero una certa diffidenza nei miei confronti...compresi voi -.
- Non è vero – esordì, sicuro.
Scuotei la testa, decisa a non proseguire la conversazione. Mi domandai come mai non si fosse ancora alzato dalla sedia.
- Bill, senti, non ho intenzione di discutere ancora sull' argomento. Ve la caverete anche senza di me, come avete sempre fatto – sospirai.
Mi guardò, sbattendo le palpebre più volte.
- Ok, come vuoi. Ma io non mi arrendo ancora – disse, sicuro.
- Insisti quanto vuoi. Non cedo e vincerò io -.
- Io non perdo mai -.
- Mai dire mai -.
Scoppiammo a ridere insieme.
- Tra una settimana riprendiamo il tour, perciò ci tenevo a salutarti anche per questo. Tom sarebbe venuto, ma sai com'è. Poi la sua macchina si nota molto più della mia, anche se è più piccola. Non ci offenderemo se ogni tanto ci fai uno squillo, così, giusto per farci sapere che esisti ancora e che non hai preso la disperata decisione di porre fine alla tua vita. Sì, insomma... -.
Si strinse nelle spalle, come se stesse dicendo una cosa ovvia, che io già sapevo.
- Credi davvero che prenderò una decisione così drastica? Ma soprattutto, sei realmente convinto che vi farò sapere della mia ancora piena esistenza? -.
- Sì -.
Ok, era inutile discutere con Bill Kaulitz.
Inutile.