Capitolo 11.
Non ricordo molto di ieri sera, solamente che la priorità non era più quella di uccidere Bill Kaulitz.
Dopotutto, poteva anche andare peggio.
Mi rigiro nel letto avvicinandomi al comodino per guardare l' ora dalla sveglia.
Le tre del pomeriggio. Fantastico. Mi giro dall' altra parte e sgrano gli occhi.
Ora, non ho più tutto questo sonno. Scuoto il corpo accanto a me abbastanza energicamente da svegliarlo.
Il poveretto mi osserva come disorientato.
- Posso sapere cosa ci fai, tu, nel mio letto? - strillo, mettendomi le mani nei capelli.
Si strofina gli occhi e mi guarda, mezzo addormentato.
- Ieri mi hai implorato di rimanere – si giustifica, tornando a sdraiarsi per poi voltarmi le spalle.
Sbuffo e premo entrambe le mani sulla spalla, facendolo tornare con il viso rivolto a me.
- Non ci credo, non posso aver detto una cosa del genere. La Chiara intelligente e sana non lo farebbe mai – sbuffo, incrociando le braccia al petto.
Si alza fino ad appoggiarsi con la schiena al muro. Mi guarda perplesso, con il sopracciglio destro alzato.
- Beh, ieri non eri molto in te, effettivamente – concorda, annuendo.
- Ah! Quindi hai pensato di approfittarne – aggiungo, sconvolta.
- Non è vero, ho solamente assecondato una tua richiesta. Seriamente, avrei voluto filmarti. Ti sei addormentata prima ancora di salire in macchina e quando ti ho svegliato per dirti che eravamo arrivati, hai cominciato a blaterare sul cielo e le costellazioni. Una volta in ascensore, ti sei letteralmente buttata addosso a me dicendo: “Grazie di essere qui con me, questa notte”. Quando, invece, ti ho portata in camera da letto, hai aggiunto: “Rimani qui? Da sola non mi va di dormire. Ti prego, Tom Kaulitz, io ti voglio bene” -.
Rimango completamente allibita di fronte alla sua versione dei fatti. Dal momento che la mia non sarà mai fornita abbastanza da poterla confrontare, credo che dovrò accontentarmi della sua. Sbuffo, osservando le lenzuola del letto.
- E Leo non ha detto nulla? - chiedo, senza guardarlo.
- Leo, effettivamente, era abbastanza scocciato, dopotutto stavo per andarmi a coricare nel letto della ragazza di cui è visibilmente cotto. Neanche a me avrebbe fatto piacere che un ragazzo qualunque si fosse messo a dormire nel letto della ragazza che mi piace -.
- Non è cotto di me, come io non lo sono di lui. Siamo solo amici, per quanto mi riguarda -.
- Certo, certo -.
Sbuffo, tirandogli addosso il mio cuscino. Sorride divertito, riuscendo a schivare perfettamente il mio colpo.
- La vuoi smettere di farti gli affari miei? - lo imploro e per poco non scoppio a piangere.
- Non è colpa mia se ciò che vedo ti da fastidio -.
- E allora non guardare -.
Mi sembra un' osservazione abbastanza ragionevole – annuisce, pensieroso.
Mi alzo dal letto di scatto e guardo fuori dalla finestra.
Come al solito, piove. Siamo in pieno inverno perciò non me ne preoccupo più di tanto.
Sento dei passi venire vicino a me e due secondi dopo io e Tom Kaulitz stiamo guardando entrambi fuori dalla finestra.
- A volte mi piacerebbe mollare tutto e tornare ad Amburgo – sospiro, continuando a guardare il paesaggio fuori.
- Così mi...ci abbandoni, però – scherza, facendomi sorridere.
- Non me ne andrei comunque. Ci sono troppe cose che mi legano a Berlino -.
- Per esempio...? -.
- Troppe. Prima di tutto, il lavoro. Poi non lo so, ad essere sincera. Ma sento questo posto come casa mia, anche se sono nata ad Amburgo ed è là che vive la mia famiglia e la mia migliore amica. Ma non riesco ad andare via, anche se a volte ho la tentazione di farlo -.
- Credo di aver capito. Forse -.
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
- Forse è meglio avvisare Leo che siamo svegli. E' dalle dieci di questa mattina che entra a sbirciare e poi scappa – sbuffa, Tom.
- Già, direi di sì – sospiro, allontanandomi.
In cucina, ad aspettarci come previsto, c'è Leo.
- Vi siete svegliati – annuncia, con un mezzo sorriso.
- Sì – annuisco.
Leo lancia varie occhiate a Tom che, dandogli le spalle, si affretta a consumare la sua colazione in mia compagna.
E' estremamente snervante il suo comportamento; non stiamo mica insieme, per la miseria!
Prima di cena Tom se ne va, lanciandomi sola con Leo.
Mentre apparecchia la tavola, io preparo la pasta.
- Come sei tornato a casa, ieri notte? - chiedo, per interrompere il silenzio.
Con la mia macchina, dopo aver finito di aiutare gli altri a sistemare. - Sono simpatici – annuisce, avvicinandosi alla mensola dei piatti.
- Sì, proprio delle brave persone – sospiro, mescolando la pasta nella pentola.
Dispongo il cibo in entrambi i piatti e ci sediamo a tavola. Prendo il telecomando e accendo la televisione. Ameno quella è una buona compagnia...
Fuori nevica, ancora. Ha nevicato ieri, l' altro ieri, la settimana scorsa.
Sono stufa della neve.
Quasi quasi, prendo e me ne vado a Bora Bora.
- Domani prendo l' aereo e torno a casa. Ma prima volevo parlare con te...di una cosa... - annuncia, schiarendosi la gola.
- Certo, dimmi... -.
- Riguardo al bacio di ieri... -.
Mi blocco. Bacio? Quale
bacio?
Santiddio.
- Bacio? - chiedi, evitando di guardarlo.
- Sì, quello che ci siamo dati, diciamo, prima di andare alla festa... -.Sospiro di sollievo.
Rimango qualche secondo in silenzio a fissare il mio piatto, prima di parlare.
- Leo, senti... - comincio, schiarendomi la voce.
- Tranquilla, è tutto ok. L' avevo capito che sei cotta di quel coso –.
Coso. Coso.
Coso?
Dopo qualche istante metabolizzai il tutto e capii che anche lui aveva intuito come, del resto, tutto gli altri.
Sorpresa! Non sono cotta del...ehm...coso.
- Non sono cotta del coso e non sono cotta di te – puntualizzo, bevendo un sorso d' acqua.
- Ah no? Dimostramelo -.
- Come scusa? Io non devo dimostrare assolutamente nulla, né a te né a nessuno. Sicuro di non poter anticipare la tua partenza a tra qualche istante? - sbuffo, alzandomi da tavola.
Gli tiro via il piatto mezzo pieno e getto la pasta nel cestino. Prendo anche il mio e li metto nella lavastoviglie.
Mentre sparecchio l' intera tavola, lui non dice assolutamente nulla.
Con quel bel visino che si ritrova, potrebbe anche aiutarmi.
- Vado a preparare le valigie – sospira, alzandosi dalla sedia.
Faccio un applauso. Uno solo.
- Bravo -.
**
La strada fino allo studio non mi è mai sembrata così lunga. Forse perchè l' ho sempre guardata con occhi diversi.
Che cazzo sto dicendo?
In ogni caso, arrivo giusto in tempo per potermi definire in anticipo. Adoro arrivare per prima, soprattutto perchè il coso mette sempre la macchina dove vorrei metterla io.
Come immaginavo, non c'è nessuno oltre a me.
Ne approfitto per gustarmi quei pochi secondi di pace all' interno dello studio.
Di solito c'è sempre così tanto frastuono...
- Io vado -.
- Ok, ciao -.
In fondo non ero stata così maleducata con Leo. Avevo anche avuto la cortezza e la gentilezza di salutarlo. Non tutti lo avrebbero fatto.
Mentre tenti di convincere perfino me stessa dell' inaspettata generosità, accendo le luci, apro le finestre, solo quelle necessarie, ed entro in sala registrazione.
Tiro fuori il portatile dalla borsa e lo accendo.
Comincio a sistemare la griglia con gli orari dei loro impegni, raccolgo i fax arrivati e modifico alcuni impegni.
Mi giro di scatto, improvvisamente spaventata dal rumore di alcuni passi dietro di me.
- Già qui? - domando, alzando leggermente lo sguardo dallo schermo.
- Potrei farti la stessa domanda – risponde, con un sorriso.
- Questo è vero, peccato che la prima a chiederlo sia stata io -.
Sorride abbassando lo sguardo, mentre si affretta a sistemare la sua giacca accanto alla mia.
Si siede senza badare molto alla finezza su una poltroncina e si copre il viso con le mani.
- Tom oggi non viene – biascica, senza scoprire il viso.
Deglutisco.
- Come mai? - chiedo, cercando di far suonare l mia voce come vaga.
- Ieri sera è tornato tardi e oggi pomeriggio preferisce esercitarsi al piano a casa – risponde.
- Quindi oggi niente prove – sussurro.
- Esattamente -.
Potevano anche prendersi la briga di telefonare e avvisarmi.
Mentre penso a una frase decente degna di note per insultare Bill, squilla il telefono.
Mamma.
- Dimmi – rispondo.
- Tesoro, è morto Freddy, il tuo coniglietto. Mi dispiace tanto -.
Sta piangendo. Il mio piccolo, tenero e amoroso Freddy non c'è più.
Mi si chiude la stomaco con una morsa, mentre tento di trattenere le lacrime.
- Quando? - chiedo.
- Prima. Ha cominciato a sbattere il muso contro la gabbietta e poi è morto. Vuoi che papà lo seppellisca in giardino? - chiede, premurosa.
- Certo, mi pare ovvio. Ora devo andare, ti chiamo stasera, ok, mamma? -.
- Certo, tesoro. A dopo -.
Click. Chiudo la telefonata e ritorno al pc. Apro la cartella con tutte le foto di Freddy da piccolo. La più bella decido di metterla come sfondo.
- E' successo qualcosa? -.
- E' morto Freddy, il mio Freddy – sussurro, con le lacrime agli occhi.
- Il tuo cane? -.
- No, il mio cricetino bello bellissimo, bianco bianchissimo. Puccio puccioso pucciosissimo -.
- Mi dispiace – sorride, accarezzandomi una spalla.
Lo guardo, sconcertata. E' per caso uscito di senno?
- E sorridi? -.
- Se vuoi posso fingere di piangere. Non è un problema, se mi lasci cinque minuti potrei... -.
- Ma stai zitto Kaulitz – sbuffo. Chiudo il portatile e lo infilo nella borsa.
Mi rimetto il cappotto con calma.
- Ah, mio fratello mi ha raccontato dell' altra sera – interviene.
- E quindi? - chiedo, seccata.
- Mi domandavo se... -.
- Se...? No guarda, so già a quali conclusioni stai traendo. Non sono innamorata di tuo fratello, nemmeno di Leo – sbuffo.
Annuisce, senza smettere di sorridere.
- Perchè ridi? -.
- Niente, è buffo come tu riesca a mentire. Se non fossi a conoscenza della verità, probabilmente potrei quasi credere alla tua scenata, al tuo patetico tentativo di cambiare i fatti. Quasi, però -.
La volete smettere, tutti quanti? Mi state dando sui nervi! - urlo.
Esco dallo studio sbattendo dalla porta. Alcune fans, appartate dietro ai cespugli, mi guardano, senza dire nulla. Sembrano quasi trattenere il respiro; probabilmente non volevano farsi beccare.
- E voi che avete da guardare? -.
Salgo in macchina e mi allontano, aumentando di secondo in secondo la mia presa sul volante.
Giro automaticamente a destra e prendo la seconda via sulla sinistra. Ho un solo obiettivo, uno solo: demolire Tom Kaulitz.
Arrivo di fronte a casa sua e scendo dalla macchina. Il grande cancello è di fronte a me. Se suono il campanello...sarei scema, visto che non c'è il campanello.
Prendo in mano il cellulare e compongo il suo numero.
Risponde al secondo squillo.
- Scemo, apri, sono davanti a casa tua -.
Un secondo dopo, sto già percorrendo il vialetto che porta all' ingresso.
Mi fiondo in casa sua senza degnarmi di chiudere la porta.
- Tu! - sussurro, a denti stretti.
Buongiorno anche a te. Sono felice di vederti, o forse no – sorride, beffardo.
Scemo. Scemo. Sei troppo
scemo.
- Tu desso vieni qui e parliamo. Perchè tutti, e non dico tutti per enfatizzare in concetto di totalità. Dicevo, tutti sono altamente convinti che io sia innamorata di te e che tu sia geloso di Leo, ma sappiamo benissimo entrambi che non è così. Ora, dicevo, dovresti aiutarmi a convincere queste persone che, per l' appunto, le cose non stanno come pensano loro. Capito? -.
Mi guarda, poi scoppia a ridere. Appoggia il bicchiere sul tavolino al centro della sala e si avvicina, lentamente.
- Dammi una valida ragione per fare una cosa del genere e io farò quello che mi chiedi, in meno di cinque secondi – sorride, incrociando le braccia al petto.
Sbuffo, stringendo i pugni. - Perchè se non lo fai...se non lo fai...ti demolisco. Ecco, sì. Se non lo fai ti demolisco – annuisco, sicura.
- Fammi capire. Dovrei avere paura di una ragazza alza un metro che vuole “demolirmi”? - chiede, trattenendo a stento una risata.
- E poi non sono molto d' accordo con te sull' ultima parte – aggiunge.
- E sarebbe? -.
- Leo non mi è mai stato simpatico -.
- Nemmeno a me – sbuffo, mentre il ricordo di ieri torna a galla.
Alza il sopracciglio sinistro, come sempre. Sbuffo e guardo la televisione accesa che trasmette un film vecchio, l' ultimo film che io ho visto in tv. E parliamo di parecchio tempo fa.
- Dunque, la cosa da fare è una sola – annuncia, sorridendo.
- Ovvero? - domanda, guardandolo di traverso.
- Si vede lontano mezzo chilometro che in un modo o nell' altro sei attratta da me. E non lo dico perchè io sono bellissimo, anche se è la verità. Lo vedo dal modo in cui mi guardi, dal modo in cui ti sforzi di insultarmi con frasi taglienti che devo ammettere, sono taglienti. Ma non spacchi, così, non mi butti giù. Confermi solo delle certezze, tutto qui -.
Mi sento ribollire il sangue nelle vene; immagino il fumo che mi esce dal naso e dalle orecchie, come una macchina a vapore che sta per esplodere.
E io sto per esplodere.
Perchè tutti continuavano a ripetermi l' unica verità che io non volevo sentire?
Non poteva essere una cosa giusta. Io e Tom...bella barzelletta.
- Tom, piantala – sbuffo, voltandomi.
Mi tira per un braccio costringendomi a voltarmi verso di lui. Tempo un secondo e le sue labbra sono sulle mie.
Spalanco gli occhi ma non muovo un muscolo.
- Alleluia – sorride, allontanandosi.
- Ti odio, Tom Kaulitz! -.
- Mi piace come complimento. Vedi, non ti sono del tutto indifferente. Se arrivi ad odiarmi, chissà quali ragionamenti complessi avrai messo in atto. Chissà quanto mi hai pensato... - enfatizza, con un gesto teatrale della mano.
Senza degnarlo di uno sguardo esco da casa sua e salgo velocemente in macchina.
Con la rabbia che mi ribolle nelle vene, premo l' acceleratore e mi allontano.
Sì, decisamente.
Io
odio Tom Kaulitz.