Every step you take

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Kate ~
view post Posted on 22/5/2009, 18:30




Scusate per il ritardo e, come sempre, grazie! *_*

**



Mandy subodorava guai e Mandy era infallibile su questo. Il suo sesto senso era marcatissimo e finiva sempre per avere ragione così, nonostante non sentisse Lea dalle cinque e mezza di quel mattino, cioè da quando erano sbarcate, si diresse a casa sua.
Suonò il campanello e la ragazza le aprì poco dopo, sul viso i segni di una giornata cominciata male.

“Lea, ho un sospetto. E dalla tua faccia, credo di non sbagliarmi”
“Mi chiedevo quando saresti arrivata, infatti” rispose Lea, facendola entrare e dirigendosi verso la sala. La casa era vuota, Marie non c’era e Philip era ancora all’asilo.
“Sei sola?” chiese Mandy.
“A quanto pare… Marie è sparita e penso di sapere dove sia”
“Cosa succede?”
“Ho parlato con mia madre e con Edward. Risultato: ho rimediato uno schiaffo e un gran mal di stomaco. Ora credo che Marie sia da loro”
“Hai sentito Bill?”
“Non parlarmene. Mi ha praticamente sbattuto il telefono in faccia!”
“Per quale motivo?” chiese Mandy, dubbiosa. Per come lo conosceva, non si sarebbe mai aspettata un simile comportamento a meno che non ci fosse stato un motivo ben preciso.
“Mi ha chiesto perché non ho voluto che venisse a Roma ed io gli ho semplicemente detto che non volevo che sprecasse tempo per i miei problemi, che è una questione che non lo riguarda. Dopodiché, mi ha salutata in malo modo e ha interrotto la comunicazione. Ci mancava solo lui”
“Lo sapevo…” sbuffò Mandy “Lo sapevo!”
“Cosa? Cosa sapevi?”
“Capisco che è la tua prima relazione importante, ma…”
“La prima in tutti i sensi” la corresse Lea.
“Ecco, appunto. E dicevo, capisco che questa sia la tua prima relazione importante, ma non è un’attenuante, Lea. Anche se non hai esperienza in questo campo, dovresti essere più malleabile, dovresti renderti conto che in amore si divide tutto, anche i problemi” sentenziò Mandy, con aria da vera esperta.
“Non credo di seguirti… o forse sì. Stai forse dicendo che è colpa mia?”
“In parte sì. Lui voleva starti accanto e tu, invece, l’hai rimesso al suo posto, come fosse un amico impiccione. Lui non è un tuo amico, è il tuo ragazzo, capisci la differenza?”
“A scapito di essere presa per superficiale, credo che la differenza stia nel semplice fatto che con lui condivido anche l’intimità, mentre con un amico no” mormorò Lea, quasi imbarazzata.
“Ecco dove sta l’errore!” proruppe Mandy “Tu credi che Bill sia un amico con il quale vai a letto, ma in realtà è molto di più! Lui dovrebbe essere la tua spalla, quello a cui raccontare i tuoi dispiaceri, le tue paure, quello a cui fare riferimento quando il mondo ti volta le spalle”
“Per questo ci siete tu e Sue, le mie migliori amiche”
“Certo Lea, ma ora c’è anche lui. E la differenza fra noi è Bill sta nel fatto che noi ti vogliamo bene, come se fossi nostra sorella, ma lui ti ama”
“Non capisco, Mandy. Che differenza fa? Anche voi mi amate, sebbene in modo diverso” disse Lea, cominciando a sentirsi vagamente in colpa.
“L’hai detto tu stessa: in modo diverso. Io, per quanto ti voglia bene, non avverto la necessità di averti accanto costantemente e, con questo, non fraintendermi Lea”
“Ho sbagliato a non permettergli di venire a Roma?” chiese Lea, in un sussurro “Lui è pur sempre Bill Kaulitz, fatico a pensare che sia semplicemente Bill. O meglio, lo penso quando siamo soli, ma in mezzo alla gente… non lo so”
“Capisco Lea, ma ora, prima di essere Bill Kaulitz, sarà sempre Bill per te. Quando pensi a lui, dovresti immaginartelo come un normalissimo ragazzo di Berlino e non come la rockstar che infiamma le arene”
“Facile dirlo, Mandy! Non potrei mai passeggiare per Roma con lui, ci assalirebbero o meglio, LO assalirebbero in meno di un minuto!”
“Lui non ti ha chiesto di passeggiare per Roma. Sono certa che se ne sarebbe stato in hotel, calmo e tranquillo, ad aspettarti, ma con la consapevolezza di essere nella tua stessa città. Così, invece…” non fece in tempo a finire la frase che la porta di casa si aprì violentemente ed entrò Marie, rossa in volto e tremante.

Lea si alzò di scatto dal divano.

“Sei andata da loro, vero?”
“Vogliono trasferirsi in Inghilterra!” urlò, gettando la borsa per terra e bestemmiando, cosa che non faceva mai.
“Marie calmati” Lea cercò di accarezzarle una guancia ma la sorella si divincolò.
“E sai cosa mi ha detto? Che vorrebbe portare anche Phil a Londra, per fargli studiare l’inglese! Io lo odio, Lea, lo odio!” e senza aspettare risposta, si precipitò verso il bagno e vi si chiuse all’interno.

Lea chiuse gli occhi. Le sembrava di essere tornata bambina, quando la sorella rincasava ubriaca fradicia e si chiudeva in camera, seguita a ruota da sua madre che le urlava improperi di ogni tipo, salvo poi scoppiare a piangere di fronte ad una figlia che aveva smarrito il senso della sua vita.
Nonostante fosse davvero piccola, capiva perfettamente ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo. E quella vita era durata per anni, fino a quando non era nato Philip, in pratica.
Solo allora, forse per senso del dovere, Marie aveva ritrovato la “retta via”, aveva riposto in suo figlio ogni speranza e aveva iniziato a sentirsi meno sola.
Aveva chiuso con le storie sbagliate, con le sbronze serali, con il sesso occasionale ed era diventata una mamma a cinque stelle. Ma dentro, qualcosa continuava a divorarla e quel qualcosa, adesso, era tornato in carne ed ossa.

“Lea, io vado” mormorò Mandy, ancora scossa dalla scena alla quale aveva appena assistito “Ti chiamo domani”
“Sì, scusa Mandy. E grazie” Lea la abbracciò forte.

**



Marie non era ancora uscita dal bagno, Lea la sentiva piangere sommessamente. Era quasi ora di andare a recuperare Phil all’asilo, così informò la sorella dalla porta del bagno e poi si diresse all’asilo.
Quindici minuti dopo, faceva ritorno a casa.

“La mamma?” chiese Philip “Oggi abbiamo fatto dei disegni e ne ho uno per lei e uno per te!” trillò.
“Tesoro, la mamma sta facendo la doccia” mentì Lea “Adesso vai a cambiarti e poi glielo mostri, ok?”

Il bambino annuì e si recò, diligentemente, in camera. Lea lo seguì con lo sguardo, mentre calde lacrime le facevano brillare gli occhi.
D’improvviso, avvertì la necessità di sentire la voce di Bill. E capì perfettamente il discorso di Mandy: era quella la differenza fra lui e un amico. Di lui aveva BISOGNO.

Il primo tentativo di chiamata non andò a buon fine e Lea pensò che il ragazzo fosse ancora arrabbiato. Sul subito, decise di lasciar perdere, ma qualcosa in lei le suggerì di ritentare. Al quarto squillo, uno scontroso Bill rispose.

“Ciao” biascicò.
“Bill… senti, mi dispiace per prima”
“Non importa”
“No, importa invece. Non è che non ti volessi qui, è che devo ancora abituarmi all’idea. Sono… sono una frana in questo senso, lo ammetto”
“Non volevo impicciarmi dei fatti tuoi, Lea. Credevo solo che ti avrebbe fatto piacere avermi lì. So che ci sono le tue amiche, ma è come se tu mi avessi tagliato fuori dalla tua vita. E’ vero” continuò, parlando velocemente “ci conosciamo, tutto sommato, da poco, ma a me sembra di conoscerti da sempre. Chiamami idiota, ma…”
“No, no, Bill! Non sei idiota! Oddio, sono io che… che ti tratto come se fossi un mio amico” e pensando alle parole di Mandy, continuò “ma non lo sei. Sei molto di più”

Bill non disse nulla, Lea sentì solo un sospiro. Era un sospiro di sollievo.

“Ti ricordi di Parigi, all’aeroporto? Mi avevi detto che, se mai avessi sentito la tua mancanza, avrei dovuto chiamarti, in modo da permetterti di raggiungermi ovunque fossi. Ricordi?”
“Certo, come fosse successo ieri”
“Mi manchi” mormorò Lea “E ho bisogno di te”

Lea sentì una risatina dall’altro lato della cornetta, ma non una risata di scherno. Era qualcosa di molto simile ad una risata di gioia.

“Arrivo” fu tutto quello che il ragazzo disse.

Continua...
 
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kaulitzina92
view post Posted on 22/5/2009, 19:17




evvvvvvvvvvvvvvvvvvvaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!
Che belloooooooooo!!!
Lo adorooo!
Brava Kate!
 
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Kate ~
view post Posted on 4/6/2009, 13:00




Scusate l'immenso ritardo e, come sempre, grazie! *_*

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L’aeroporto di Roma era gremito.
La gente andava e veniva, senza badare a chi stesse loro accanto, senza ascoltare i rumori della folla, senza chiedersi se la ragazza che sedeva su una sedia rigida e fredda stesse aspettando qualcuno, se i suoi occhi che vagavano febbrilmente da un lato all’altro della grande sala, cercassero quelli di un altro.

Quando il volo, in arrivo da Berlino, fu annunciato dalla voce metallica e fintamente trillante dello speaker, Lea sussultò.
Di lì a pochi minuti, lui sarebbe stato di nuovo davanti a lei, in tutto il suo splendore.

Un fiume di persone le passò davanti, indaffarati, di corsa, pieni di valige contenenti chissà cosa, con lo sguardo puntato verso l’uscita, verso la città.
E poi, come un miraggio per un disperso nel deserto infuocato, lo vide.
Camminava con sicurezza, un grosso paio di occhiali scuri sugli occhi, una cuffia che gli copriva interamente la fronte e gli schiacciava i capelli che, per l’occasione, aveva stirato, un giubbotto pesante a coprirgli il resto del torace e in una mano, un trolley gigante.
Lea ammise che si era davvero camuffato alla perfezione e, a completare l’opera, una sciarpa scura copriva anche la sua bocca, lasciando scoperto solo il naso.

La ragazza fece qualche passo verso di lui, che la notò immediatamente e, dal movimento che fecero i suoi zigomi, Lea intuì che avesse steso le labbra in un largo sorriso.
Si ritrovarono a pochi centimetri di distanza, Lea cercava di carpire la luce dei suoi occhi attraverso le lenti scure, ma il ragazzo la spiazzò abbassandoseli leggermente per poterla guardare meglio.

“Sei pazzo” sussurrò Lea, avvicinandosi ulteriormente a lui, le labbra a pochi centimetri di distanza dalle sue “Ti farai scoprire”

Bill non rispose, le diede un bacio appena accennato e la prese per mano, incurante della gente, del mondo che camminava accanto a loro, del rischio di venire scoperti.

Salirono su un taxi che partì sgommando e sfrecciò fra le vie romane, caotiche e rumorose, fermandosi di fronte ad un hotel anonimo, poco distante da casa di Lea.
Svolte le consuete pratiche di accettazione, i ragazzi salirono al secondo piano ed entrarono nella camera che Bill avrebbe occupato per quella settimana.
Prima ancora di chiudere la porta, Lea gli saltò al collo, cogliendolo di sorpresa e rischiando di farlo cadere sul pavimento.
Con tutta quella roba addosso, non riusciva a sentire il suo profumo, così gli sbottonò il giubbotto e vi infilò le braccia, stringendolo in vita e appoggiando la testa al suo petto, reso ancor più caldo dagli strati di indumenti, mentre con una gamba diede un piccolo calcio alla porta per richiuderla.

Bill ricambiò l’abbraccio senza sforzo alcuno, desideroso di poterla avere di nuovo accanto. Solo dopo qualche minuto, Lea alzò il viso, sfilò gli occhiali dal viso di Bill e la cuffia e lo baciò, ma questa volta con trasporto, consci di essere soli in quella stanza, lontano da qualsiasi sguardo indiscreto.

Baciandolo, pensava a quello che si era promessa pochi giorni prima, al fatto che non avrebbe più aspettato di essere soli per fargli una carezza o per dargli un bacio, ma in quell’aeroporto affollato non era riuscita a lasciarsi andare come stava facendo ora.

Staccandosi da lei, quel tanto che bastava per riuscire a parlare, Bill disse: “Hai visto, è andato tutto bene. Nessuno ci ha inseguiti ”
“La fortuna del principiante” ridacchiò Lea “Sbaglio o, da quando sei diventato famoso, è la prima volta che ti muovi da solo?”
“Non sbagli. E’ il primo lungo viaggio che faccio, completamente da solo. Solitamente sono con i ragazzi, con Tom o con le guardie del corpo. In aereo ho tenuto gli occhiali da sole e la sciarpa per tutto il viaggio, una hostess mi ha perfino chiesto se avessi freddo” ridacchiò “Stavo crepando di caldo, altro che freddo! Ho finto di essere un po’ influenzato e spero l’abbia bevuta. E guarda” sciogliendo l’abbraccio le mostrò le mani “non ho nemmeno lo smalto nero, solo una passata di indurente, per non dare troppo nell’occhio”
“Oh, com’è scrupoloso il mio cantante preferito” trillò Lea, con tono volutamente mellifluo.
“Non ho lasciato nulla al caso, mi sono preparato a dovere”.

Bill si sedette sul letto e Lea gli si accoccolò sulle gambe.

“Sarai stanco, perché non ti fai una doccia e poi dormi? Ti farà bene” con un dito gli carezzò il naso.
“Un attimo…” rispose lui, accarezzandole una guancia e baciandola di nuovo, per farla poi sdraiare sul letto e posizionarsi sopra di lei, facendo aderire alla perfezione i loro bacini.

La doccia, Bill la fece solo un’ora e mezza dopo, mentre Lea si rotolava fra le lenzuola, i capelli scomposti, il viso ancora arrossato e gli occhi che non si staccavano dalla sua figura esile.

“Sei la cosa più bella che abbia mai visto” mormorò la ragazza, mentre Bill varcava la soglia del bagno. Di rimando, il ragazzo le sorrise, vagamente imbarazzato.

Prima di entrare nel box doccia, udì Lea ridere. Si sporse dalla porta e le chiese: “Che c’è da ridere?”
“Sto diventando più stucchevole di un romanzo rosa!” ridacchiò Lea, passandosi una mano fra i capelli “Colpa tua, disgraziato!”
“Un’altra cosa della tua vita che ho contribuito a modificare?” chiese il cantante.
“Già… l’ennesima!”

Sorridendole, tornò alla doccia calda e vi si posizionò sotto, felice di essere da lei, con lei. Di essere lì per lei.

Continua...
 
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Astrid_Mermaid
view post Posted on 4/6/2009, 19:07




Ti perdono per il capitolo fantastico *.*
Bill e Lea sono semplicemente perfetti insieme, e nessuno dovra compiterepassi falsi per dividerli, altrimenti dovrà vedersela con me U.U
Billl è fiero di non essersi messo lo smalto XD
 
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kaulitzina92
view post Posted on 5/6/2009, 18:55




un attimo...

mi sto riprendeno...

ok...

ce l'ho fatta..

MERAVIGLIOSOOOOOOO!
 
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64 replies since 16/4/2009, 17:49   623 views
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