Every step you take

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kaulitzina92
view post Posted on 28/4/2009, 17:35




Ma che bella "Dopo di te"...
Ho appena finito di leggerla...
Complimenti!
 
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Kate ~
view post Posted on 28/4/2009, 19:41




Grazie care! *_*

**



Poco prima di mezzanotte, un messaggio di Sue raggiunse i cellulari di Lea e Mandy per comunicare loro i dettagli del volo. Sarebbero partite alle dieci, direzione Berlino. Nessuno scalo, volo diretto. Check in alle otto. Una comunicazione veloce, sbrigativa e sintetica, in puro “stile Sue”.

Era ormai l’una e Lea non aveva ancora comunicato a Marie la sua decisione. Era rientrata da un’ora, insolito per lei dato che avrebbe dovuto finire il turno non prima dell’una, ma Phil e Marie dormivano e non si erano accorti del suo arrivo.
In punta di piedi, per non svegliare il nipote, raggiunse la camera della sorella ed entrò. Si avvicinò a lei e le tocco una spalla, gentilmente. La ragazza emise un grugnito che fece sogghignare Lea, ma al secondo tocco si svegliò e accese la luce.

“Lea” borbottò “Ma che cosa succede? Che ore sono?” poi, senza aspettare risposta, guardò la radiosveglia e aggiunse “Ma è solo mezzanotte, che ci fai a casa?”
“Sono uscita prima da lavoro, perché ho preso una decisione importante”

Marie si passò una mano fra i capelli e si mise a sedere sul letto, squadrando la sorella con un’espressione che oscillava fra la preoccupazione e la curiosità.

“Cosa?” chiese, poi.
“Domani mattina vado a Berlino, non so quando torno”
“Scusa?”
“Hai capito, Marie. L’ho deciso stasera e… grazie”
“Grazie? Lea, non capisco nulla”
“Sai il libro che mi hai regalato? Leggendolo, ho capito di avere sbagliato tutto, con lui”
“Mi riesce difficile seguirti” rispose Marie.
“Lo so, ma fidati di me. Vado da Bill” disse, pronunciando per la prima volta, dopo mesi, il suo nome. Poi la strinse in un lungo abbraccio e le diede un bacio sulla guancia, prima di sgattaiolare via.
“Lea” la chiamò Marie, quando la ragazza era ormai fuori dalla stanza. Lea tornò indietro e si affacciò all’uscio “Buona fortuna, piccola”

**



Berlino in inverno è molto simile a qualsiasi altra città che faccia parte del medesimo emisfero, ma secondo la percezione di Lea, qualcosa la rendeva più speciale di tante altre. Non sapeva dire cosa fosse con esattezza, né se sarebbe mai stata in grado di scoprirlo, ma un piacevole senso di eccitazione l’aveva pervasa, facendola sentire libera come mai si era sentita prima.
Secondo Mandy, l’inguaribile romantica, il merito era di Bill che, per Lea, era molto simile al Principe Azzurro che faceva assomigliare quella metropoli ad un regno delle fiabe. Sue e Lea avevano riso quando l’amica aveva esposto la sua teoria ma forse non era poi così sbagliato il suo pensiero.

Con un taxi, si fecero portare all’indirizzo che Georg aveva dato loro, dopodiché scesero dalla vettura, pagarono la corsa e rimasero in piedi di fronte alla casa dei gemelli senza muoversi.
Era una piccola villetta a due piani, di mattoni a vista, circondata da un cancello di ferro oltre al quale si poteva scorgere un prato ben curato e un albero d’alto fusto. A sinistra, si intravedeva un garage chiuso e nessuna delle tre ragazze seppe dire se ci fosse qualcuno in casa.
Lea si accese una sigaretta mentre pensava al da farsi, quando una porta a pianterreno si aprì e ne uscì una donna di età imprecisata, stretta in un cappotto marrone. La videro armeggiare con i bidoni della spazzatura e gesticolare vistosamente, mentre pronunciava parole che le ragazze non captarono. Poi, così come era comparsa, sparì di nuovo all’interno della villetta.

“E quella chi era?” chiese Mandy.
“La governante?” ipotizzò Sue.
“Magari la madre” continuò Mandy.
“La madre dovrebbe essere bionda” disse infine Lea “Non credo sia lei”
“Ecco, esce di nuovo” Mandy indicò con un dito la signora che, a differenza di poco prima, ora si avvicinava al cancello “Oh cazzo, esce proprio!”
“Fingete indifferenza” ordinò Sue “Io faccio finta di parlare al telefono”

La buffa scenetta messa in piedi da Sue funzionò, poiché la donna passò loro accanto senza degnarle di uno sguardo e si allontanò a piedi, borbottando.

“E’ andata” sospirò Mandy “Queste cose mi mettono l’ansia!”
“Adesso devi entrare, Lea. Vai, tocca a te”
“Se non fosse in casa?”
“Aspetteremo che ritorni, ma almeno prova a suonare”
“E se…”
“Lea vai!” la spinse Mandy, noi andiamo a cercare un bar o qualsiasi cosa che ci somigli e aspettiamo tue notizie, ok?”
“Ok” mormorò la ragazza, tremando “Vado”

**



“Tom!!!”
La voce squillante di Bill raggiunse il fratello, intento a sfogliare un giornale sul divano. Quel tono significava solo una cosa: guai. Ormai conosceva il suo gemello fin troppo bene, del resto erano la stessa persona ma divisa in due. Ma da un paio di giorni a quella parte, Tom cercava di non prendersela troppo per le sue sparate, dato che stranamente sembrava aver ripreso vita.

“Cosa c’è?” urlò, di rimando.
“La maglia nera!!!”
“Che maglia?” chiese il gemello.
“Quella nera con la scritta bianca! Dov’è?”
“Come cazzo faccio a saperlo, Bill?” rispose Tom.
“Era qui e adesso non c’è più! L’hai presa tu?” continuò Bill, comparendo in salotto a petto nudo.
“Primo: non metto le tue maglie. Secondo: è molto probabile che l’abbia presa Rosalie, non credi?”
“Cazzo! Volevo mettere quella!” protestò Bill.
“Hai l’armadio pieno di maglie, scegline un’altra! E sbrigati, ho detto ad Andreas che saremmo stati da lui alle tre!”

Mentre Bill tornava, sbuffando, in camera, il campanello squillò.

“E adesso chi c’è?” protestò Tom.
“Che ne so! Vai ad aprire, io vado a vestirmi. Se è Rosalie, chiedile della maglia!”
“Sì certo, come no” commentò Tom ironico, alzandosi dal divano e raggiungendo il citofono “Sì?” chiese quindi.
“Tom?”

Sul subito, il ragazzo non riconobbe quella voce. Del resto, aveva parlato poche volte con Lea e c’erano dei giorni in cui nemmeno ricordava con esattezza il suo viso. Per quanto fosse bella, non aveva mai posato gli occhi su di lei con troppa attenzione, per rispetto nei confronti del gemello.

“Sì” rispose, stando in guardia. A volte era capitato che qualche ragazza, che chissà come aveva scoperto il loro indirizzo, suonasse alla loro porta in cerca di un autografo.
“Sono Lea”

Tom si immobilizzò. Lea. In un attimo,il suo cervello collegò quel nome a quel viso, per poi unire il tutto in un unico filo conduttore che portava a Bill.

“Chi è?” urlò Bill, dalla stanza. Tom non rispose e sottovoce, disse: “Quella Lea?”
“Ne conosci altre?” chiese la ragazza “Sto cercando tuo fratello”. Il “click” della porticina del cancello fu l’unica risposta che Lea ottenne.

“Tom chi è?”chiese di nuovo Bill, uscendo, questa volta dal bagno, con in bocca lo spazzolino da denti e il dentifricio che gli colava sul mento.
“Pulisciti e mettiti una maglia, cazzo!” lo rimproverò Tom, bonariamente.
“Sei scemo? Piuttosto, chi cavolo era?”
“Il postino” mentì Tom, uscendo dalla porta d’ingresso.
“Il postino?! E dove vai?”
“Aspetta, torno subito”

Bill, perplesso, rimase in piedi in mezzo al corridoio, mentre il dentifricio gli sporcava ulteriormente il mento. Qualche istante dopo, la porta si aprì di nuovo ma Bill non vide il gemello.

Continua...
 
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rok1
view post Posted on 28/4/2009, 20:22




Mmmm chissà che succede...
 
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Astrid_Mermaid
view post Posted on 29/4/2009, 12:41




CITAZIONE
“Tom chi è?”chiese di nuovo Bill, uscendo, questa volta dal bagno, con in bocca lo spazzolino da denti e il dentifricio che gli colava sul mento.

Avrei voluto essere presente *.*
 
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kaulitzina92
view post Posted on 29/4/2009, 13:00




Evvaiiiii!!!
Brava Leuccia!
 
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Kate ~
view post Posted on 29/4/2009, 13:05




Grazie per i commenti, davvero! *_*

*Click click*


**



Lo spazzolino da denti gli penzolava, comicamente, dalla bocca mentre con una mano cercava rapidamente di pulirsi il mente imbrattato di dentifricio.

“Io vado a farmi un giro” esordì Tom, sparendo alle spalle di Lea. Nessuno rispose, perché in quel momento non esisteva nessun altro che loro. Lea fece qualche passo in direzione del ragazzo, mentre gli occhi le luccicavano. D’improvviso, il ragazzo si mosse e allungò una mano verso di lei. Lea gli sfiorò la punta delle dita, quasi come se avesse timore di toccarlo e vederlo sparire come una bolla di sapone.
Bill, incurante di avere ancora dei residui di dentifricio sul mento ed una mano sporca della medesima sostanza, afferrò la mano di Lea e la tirò violentemente a sé, stringendola contro il petto nudo. Rimasero stretti in quell’abbraccio per minuti, dondolando come la prima volta che si erano abbracciati, fuori dal bistrot parigino, con gli occhi chiusi e come sottofondo il rumore della città che proveniva dall’esterno.
Lea alzò il viso e puntò i suoi occhi in quelli di Bill, occhi che adesso grondavano lacrime di gioia. Si sporse ancora più in avanti e posò le labbra su quelle del cantante, morbide come ricordava, con un leggero retrogusto di menta.
Bill lasciò cadere lo spazzolino che ancora teneva stretto in mano e ricambiò quel bacio che aspettava di darle da mesi.
Quando si staccarono, Bill sorrise e con un dito levò a Lea un baffo di dentifricio che le era rimasto attaccato al mento.

“Ti ho sporcata” furono le sue prime parole. La ragazza ricambiò il sorriso e lo baciò di nuovo, ma questa volta fu un bacio a fior di labbra, più una carezza che altro. Senza bisogno di dire nulla, Bill la prese per mano e la condusse in stanza, facendola sdraiare sul letto ancora sfatto. La ragazza si levò il cappotto e la sciarpa e buttò tutto sul pavimento, poi si voltò su un fianco e gli sorrise, maliziosa, battendo con la mano dei colpetti sul materasso, invitandolo a raggiungerla. Bill non se lo fece ripetere e si sdraiò accanto a lei, uno di fronte all’altra, di nuovo occhi negli occhi. Con la mano, le spostò una ciocca di capelli dietro all’orecchio e le carezzò la punta del naso.

“Vorrei dire qualcosa, ma mi pare tutto così scontato” disse poi, cingendole la vita con un braccio. Erano così vicini che i loro nasi si sfioravano. Lea non aveva ancora proferito parola da che era entrata in casa sua, così rispose: “Non c’è nulla da dire”

Poi un altro bacio, seguito da carezze, innumerevoli carezze lievi come pioggia fresca su un viso accaldato.

“Mi sei mancato” esordì Lea, dopo una lunga sessione di incontri ravvicinati.
“Ho seriamente creduto di impazzire, per quanto possa sembrare idiota da dire”
“Non sarei mai dovuta partire, ho mentito a me stessa e a te. Potrai perdonarmi?”
“L’ho fatta dal momento in cui ti ho vista entrare in casa” le sussurrò Bill, a fior di labbra.

Lea ripensò al suo ingresso di poco prima, a come fosse stato emozionante trovarselo di fronte in carne, ossa e dentifricio, a quanto gli avesse fatto tenerezza vedere quel gigante dalla pelle chiara che la squadrava imbambolato, con l’espressione di un bambino che si trova di fronte al giocattolo che desidera da sempre, ripensò alle sue mani che tremolavano, nonostante cercasse di non darlo a vedere e ai suoi capelli che gli ricadevano sulle spalle e dei quali avvertiva l’inconfondibile profumo anche dalla distanza. Un sogno non sarebbe stato così bello.

“Temevo che mi avessi già dimenticata” disse poi Lea, imbarazzata. Certe frasi, così melense, faticavano ad uscire dalla sua bocca, ma con lui fra le braccia sentiva di poter dire qualsiasi cosa.
“Non mi ha nemmeno sfiorato l’idea” rispose Bill, sfregando il naso contro il suo “Non credevo di essere in grado di pensare ad altro se non alla musica. Ho sempre pensato che venisse prima di qualsiasi altra cosa, ma lontano da te anche i miei progetti vacillavano. Anche io ho temuto che tu mi avessi dimenticato”

Lea si sentì colpevole. Non lo aveva dimenticato, ma aveva permesso ad un altro ragazzo di baciarla e, benché non fosse successo null’altro, rabbrividì a quel pensiero.
Prima o poi, glielo avrebbe detto perché con lui voleva essere sincera in tutto, non gli avrebbe più mentito. Se si fosse svegliata un mattino con la voglia di dirgli “ti amo” lo avrebbe fatto, subito, ovunque si trovassero, se avesse avuto voglia di fargli una carezza non avrebbe atteso un momento di intimità, gliela avrebbe fatta immediatamente, perché aveva già provato a trattenere le sue emozioni e aveva guadagnato solo sofferenza e lacrime.
Guardandolo in volto, promise a sé stessa che non avrebbe mai più permesso alla razionalità di interferire fra loro.

C’è un momento nella vita in cui due mondi, apparentemente inconciliabili, si trovano, si scontrano, si confrontano e poi si abbandonano l’uno all’altro, finendo per unirsi in una sola ed unica cosa, che ha la potenza di un uragano indomabile.
Il mondo di Bill e quello di Lea. Due mondi che su quel letto divennero un solo universo.

Continua...
 
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kaulitzina92
view post Posted on 29/4/2009, 13:12




OH MY GOOOOOD!
 
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Kate ~
view post Posted on 1/5/2009, 19:03




Grazie cara! *_*

**



Sue e Mandy avevano trovato, nel frattempo, un delizioso bar a pochi metri di distanza dalla casa dei gemelli. Entrando, le loro narici erano state invase dal profumo del caffè e infreddolite, avevano subito ordinato due tazze della calda sostanza.
Sedute una di fronte all’altra, ad un tavolino poco distante dal bancone, parlottavano fitto fitto.

“Questa attesa mi ammazza” disse Mandy, controllando il display del telefonino “Secondo te come sta andando?”
“Non so” rispose Sue, stringendo la tazza fra le mani “La mia paura è che lui rifiuti di parlarle. Non sappiamo quale sarà la sua reazione, potrebbe infuriarsi”
“Infuriarsi?” domandò Mandy.
“Sì… lei lo ha lasciato, lui ha sofferto e non ha potuto far altro che incazzarsi in solitudine, ed ora che la rivede, chi ci assicura che non le urlerà in faccia tutto il suo dolore?”
“Tu stai psicanalizzando la situazione, Sue! Secondo me, farà la cosa più scontata possibile: le volerà fra le braccia” commentò Mandy, con espressione sognante.
“Non ne sono certa” ribadì la ragazza “Dipende dal suo carattere, dal suo background”

Mandy rise. Lo faceva sempre quando Sue utilizzava termini scientifici. Con la parola “background”, Sue voleva addurre al passato di Bill, alla sua vita prima di Lea e al fatto che avrebbe potuto associare l’abbandono di Lea a qualche spiacevole situazione che, magari, aveva vissuto anni prima.

“Non ridere” la ammonì Sue, ridendo a sua volta “Non voglio fare la sapientona, però bisogna considerare anche questo. I suoi genitori sono separati, vero?”
“Sì, ma che c’entra?”
“Bill potrebbe associare Lea al padre, ad esempio. Se ne è andato lui, se non sbaglio” di nuovo Mandy scoppiò a ridere, facendo voltare la barista.
“Cosa ridi?” chiese Sue.
“Ma dai! Sue, possibile che tu non riesca a considerare nulla senza psicoanalizzarlo?”
“Amo farlo!” ridacchiò Sue.
“Non me n’ero accorta!!! Beh, non ci resta che aspettare. Io spero tanto che quei due si ritrovino”. Appena terminò la frase, Mandy alzò la testa in direzione della vetrata che dava sulla strada e vide passare un ragazzo, imbacuccato in una felpa gigante, con il cappuccio calato sulla testa e un paio di grossi occhiali neri.
“Sue, mi sa che è appena passata la risposta alle nostre domande”
“Che?!” ma Mandy si era già alzata e stava correndo verso l’uscita. Sue, sorpresa, si alzò a sua volta, pagò la consumazione e raggiunse la ragazza in strada.
La vide a pochi metri dal locale, ferma di fianco ad un ragazzo molto alto che sorrideva.

**



“Cosa hai fatto in questi mesi?” Bill era seduto, con la schiena poggiata alla testata del letto e la testa di Lea sul grembo. Con una mano, le carezzava la schiena mentre con l’altra giocherellava con il lenzuolo.
“Ho lavorato, studiato, sono uscita con le amiche, insomma nulla di diverso dal solito. O meglio, qualcosa è cambiato”
“Cosa?” chiese Bill.
“Dopo Parigi, sono cambiata. Ho iniziato a dedicare più tempo a me stessa, ai miei affetti, alle cose che mi piace fare. Tutto grazie a te” concluse, alzandosi e poggiandogli un bacio sulla guancia.
“Non è merito mio” sorrise Bill.
“Oh sì, che lo è! Non fare il modesto, su!” ridacchiò Lea, dandogli un buffetto. Cercava di guadagnare tempo, ma sapeva che sarebbe arrivato il momento della confessione “E tu? Che hai fatto?”
“Lavorato, tanto. Sempre in giro, mai una sosta. Tranne questo mese, per fortuna. Io e Tom siamo stati alle Maldive, qualche settimana fa”
“Ma davvero? Devo preoccuparmi?”
“Beh, nonostante avessi una fila di ragazze che seguiva ogni mio passo” scherzò Bill “Ce n’era solo una che occupava i miei pensieri, non so se la conosci”. La guardò negli occhi e sorrise.
“Bill, c’è qualcosa che dovresti sapere” esordì dunque Lea. Era giunto il momento della verità “Ho conosciuto un ragazzo”
Bill si irrigidì, Lea avvertì i suoi muscoli contrarsi “Siamo usciti insieme una sera e prima che tornassi a casa ci siamo baciati”
“Ah…” fu tutto quello che uscì dalla bocca del cantante.
“Lui aveva i tuoi stessi identici occhi e per un secondo ho pensato che se mi fossi lasciata andare, ti avrei scordato. Ma non è stato così e la cosa è finita ancor prima di cominciare”
“Ci sei… insomma, sei andata a…”
“No! Non siamo stati a letto!” lo tranquillizzò Lea “Un bacio, basta. Ma sentivo il bisogno di dirtelo”
“Ti piace?” chiese ancora, confuso.
“No Bill. Non mi importa nulla di lui anche se tutta questa storia mi è servita. Ho capito che dopo di te, è dannatamente difficile fare spazio a qualcun altro” lo disse tutto d’un fiato, senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo “E sono tornata, perché la verità è che non me ne sono mai andata”
“No, non te ne sei mai andata” rispose il ragazzo, stringendola a sé.
“Sei arrabbiato?” chiese poi Lea.
“Non potrei esserlo, Lea. Non mi hai tradito, in quel momento noi non eravamo insieme e tu hai reagito in maniera del tutto normale. Se anche ti fossi innamorata di un altro, non avrei di certo potuto incriminarti. Quel ragazzo, probabilmente, lo vedrai ogni giorno mentre io…” Lea lo interruppe.
“Lavora con me”
“Ecco” sospirò Bill “Lo vedi ogni giorno, posso capire il tuo stato d’animo”
“Ma non è più un problema, Bill. Anzi, non lo è mai stato”
“Mi fido. Mi fiderei di te anche se mi dicessi che la Luna è raggiungibile in auto” Lea rise, di gusto.
“Anche io mi fido di te”

Un bacio suggellò quello scambio di promesse, perché nulla è più importante della fiducia quando si ama. Soprattutto quando si ama qualcuno che, spesso, sarebbe stato vicino col cuore ma dannatamente lontano nello spazio.

Continua...
 
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salamandra940
view post Posted on 2/5/2009, 08:51




Sìììì, decisamente sìììììì
 
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Astrid_Mermaid
view post Posted on 2/5/2009, 10:15




Oddio, sono stupendi Bill e Lea *.*
Magari esistessero ragazzi PALPABILI così...
 
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salamandra940
view post Posted on 2/5/2009, 12:00




esistono...
 
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Kate ~
view post Posted on 2/5/2009, 12:48




Grazie per i commenti! *_*

**



Sue raggiunse Mandy,trafelata e con l’espressione di chi non ha capito nulla di quello che gli capita attorno. Avvicinandosi, squadrò la figura incappucciata che parlava con la sua amica e arrossì a causa dei pensieri che le balenarono in testa: quello era uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto.

“Sue, vieni!” la chiamò Mandy, allegra “Ti presento una persona”
“Ciao!” esordì Tom, allungando una mano verso Sue e sfoderando un sorriso a trentadue denti.
“Piacere, Sue” rispose la ragazza “E tu sei?”
“Ah sì, scusa!” si intromise Mandy “Lui è Tom, il fratello gemello di Bill”
“Ah ecco!” disse Sue, annuendo e ricambiando la stretta.
“E’ una fortuna averti incontrato” continuò Mandy “Ci stavamo chiedendo come stesse andando fra Lea e tuo fratello”

Tom sorrise e si passò la lingua sul piercing: era il suo modo di provocare qualsiasi ragazza gli stesse di fronte. Ormai non era più solo un divertimento, era diventato un gesto spontaneo
“L’ultima volta che li ho visti, erano impalati l’uno di fronte” rise Tom “Ma secondo me, adesso sono in tutt’altra posizione”

Sue arrossì di nuovo mentre Mandy scoppiò a ridere “Lo penso anche io!”
“Bene, dato che i miei impegni pomeridiani sono cambiati, che ne dite se ci sediamo da qualche parte a bere qualcosa?”
“Noi eravamo in quel locale” disse Mandy, indicando con la mano il locale pochi metri dietro di loro “Sembra molto discreto, possiamo tornarci”
“Va bene” acconsentì il ragazzo. Si diressero tutti e tre verso il bar, come fossero vecchi amici che si ritrovano ed entrarono, occupando lo stesso tavolo al quale le ragazze sedevano poco prima.
“Ho una domanda da farti” esordì Mandy, appena il suo fondoschiena toccò la sedia “Puoi anche non rispondere”
“Dimmi” rispose Tom, fissandola negli occhi.
“Come sono stati i mesi di Bill lontano da Lea?”
“Un incubo” Tom si rilassò e iniziò a raccontare “Non l’avevo mai visto così! Era spento, depresso, si animava solo sul palco! In queste ultime settimane non usciva mai di casa, mi sembrava di vivere con un adolescente alle prese con la prima cotta! Mi sono arrabbiato con lui, forse sono stato anche troppo duro, ma era necessario. Non sopportavo di vederlo così. Se la vostra amica ha deciso di tornare, sarà il mio idolo a vita!” concluse, sorridendo.
“Ha deciso, ha deciso” commentò Mandy “Mai stata così decisa in vita sua!”
“E lei, invece?” chiese Tom “Lei come ha vissuto?”
“Bene e male. Bene perché dopo Bill è come risorta, ha iniziato a prendersi cura di sé stessa senza lasciarsi assorbire completamente dal lavoro e male perché fingeva di stare bene quando invece non faceva altro che pensare a tuo fratello”
“Non avrei mai pensato che Bill si innamorasse” mormorò Tom.
“Che c’è” lo stuzzicò Mandy “sei geloso?”
“No” ridacchiò Tom “Solo che è strano vederlo così”
“L’amore è qualcosa di talmente incomprensibile che fatichiamo a capirlo se non lo viviamo” Sue parlò per la prima volta da che si erano seduti al bar. Tom e Mandy si voltarono a guardarla e la ragazza continuò “Nemmeno noi abbiamo mai visto Lea così”
“Allora parli!” la scherzò Tom e Sue, per la terza volta, arrossì violentemente.
“Sì, parlo. Ma solo se ho qualcosa di utile da dire” rispose Sue, restando sulle sue. L’ultima cosa che voleva era quella di mettersi a civettare con lui, ma nonostante i suoi sforzi, il tono della sua voce tradiva una certa emozione.

**



“Hai più sentito tuo padre?”

Bill e Lea si erano alzati dal letto e adesso sedevano in cucina, uno di fronte all’altra, con una tazza di the fra le mani.

“Ho deciso di lasciar perdere, ne ho parlato anche con mia madre e sono giunta alla conclusione che, per quanto mi sforzi, non potrò mai obbligare una persona a volermi bene”
“Forse lui te ne vuole, ma non sa come dimostrartelo” ipotizzò Bill.
“Ne dubito. Sono sua figlia, potrebbe dimostrarmelo anche solo chiamandomi per salutarmi, cosa che non fa mai. Quindi, ci ho messo una pietra sopra. E anche questo, grazie a te”
Bill la guardò, sorpreso, e Lea gli rammentò il discorso che avevano fatto a Parigi, tanti mesi prima.
“Mi stai attribuendo meriti che non ho” rispose Bill, imbarazzato.
“Sono cambiata, Bill. E tutto questo dopo che ti ho conosciuto. Penso di non sbagliarmi quando dico che mi hai cambiato la vita”
“In meglio, spero” disse lui, allungando una mano ed afferrando quella di Lea.
“Già” rispose Lea, sporgendosi verso il ragazzo e posandogli un bacio sul naso.
“Ma sei qui sola?” disse poi Bill, cambiando discorso.
“No, Mandy e Sue sono con me. Mi piacerebbe tanto farti conoscere anche Sue, non l’hai mai vista”
“Dove sono?” chiese Bill.
“Non lo so, mi hanno detto che avrebbero cercato un bar”
“Chiamale” suggerì il ragazzo “Dille di raggiungerci. Sarò lieto di fare la loro conoscenza”

Lea scoppiò a ridere.

“Cosa ridi?” chiese il cantante, perplesso.
“Sarò lieto di fare la loro conoscenza” lo imitò Lea “Ma come parli?!” poi rise di nuovo.
“Cosa credi, sono un gentleman io!” scherzò Bill, fingendosi indispettito.
“Mi scusi, monsieur!” poi Lea si alzò e si accoccolò sulle ginocchia del cantante.
Ora che l’aveva ritrovato, non voleva staccarsi da lui nemmeno per un secondo, anche se c’era qualcosa che le procurava una crescente ansia. Qualcosa che la faceva, anche involontariamente, sospirare.

Continua...
 
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kaulitzina92
view post Posted on 2/5/2009, 12:49




bellissimoooo!
 
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salamandra940
view post Posted on 3/5/2009, 11:57




bellissimo anche per me
 
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Kate ~
view post Posted on 3/5/2009, 13:47




Grazie, care! *_*

**



La chiamata di Lea raggiunse Sue proprio mentre i suoi occhi scrutavano, intensamente, il cerchietto di metallo che avvolgeva le labbra di Tom, cercando di non farsi notare.
Quando interruppe la comunicazione, in un inglese balbettante, annunciò: “Lea e Bill ci aspettano a casa, cioè a casa vostra” si corresse, guardando Tom “Dicono di raggiungerli”

Si alzarono, pagarono ed uscirono dal locale dirigendosi verso casa dei gemelli. Una volta arrivati di fronte al cancello, Tom estrasse una chiave ed aprì la porta, facendo galantemente passare prima le ragazze per poi scortarle fino all’ingresso.

La villetta era graziosa, immersa in un prato verdissimo, disposta su due piani. A pianterreno, ipotizzarono le ragazze, doveva esserci una taverna o qualcosa di molto simile, forse utilizzata per provare o per dare qualche festa, mentre una scala con il corrimano nero conduceva al secondo piano, il vero centro della casa.

Tom entrò senza bussare, del resto era casa sua, e il gruppetto fu subito investito da un piacevole odore di pavimenti puliti e bucato appena stirato.
L’arredamento era essenziale e giovanile, colori scuri ma ugualmente accoglienti, accessori saggiamente piazzati qua e là, qualche tappeto e qualche quadro alle pareti.

“Bill, siamo qui!” urlò Tom, buttandosi sul divano e facendo segno alle ragazze di accomodarsi. Bill e Lea sbucarono da quella che, intuirono Mandy e Sue, sembrava essere la cucina e si diresse subito verso di loro, salutandole.
“Finalmente ci conosciamo!” esordì Bill “Tu devi essere Sue!”
“Esatto, il piacere è mio!” si strinsero cordialmente la mano dopodiché Bill salutò anche Mandy.
“Hai già fatto la conoscenza di mio fratello” disse Bill, rivolto a Sue “Spero non ti abbia fatto una brutta impressione! Lui è così… come dire… così Tom!”

Le ragazze risero alla battuta di Bill, osservando il suo gemello che storceva la bocca in segno di dissenso. Accoccolati sul divano e sulle due poltrone del salotto, i cinque ragazzi trascorsero quel che restava del pomeriggio chiacchierando di scuola, lavoro, musica e cinema, senza sosta. Ogni tanto, Lea doveva tradurre in tedesco qualche parola che le ragazze non riuscivano a spiegare in inglese, ma l’atmosfera era calda e piacevole, tanto che perfino la tesissima Sue riuscì a mettersi a proprio agio, nonostante la presenza di Tom la lasciasse senza fiato.

“Sono quasi le sette!” disse poi Tom, guardando l’orologio appeso alla parete, sopra al televisore “Ho fame!”
“Pizza?” chiese Bill.
“Non avete nulla in casa? Potrei cucinare io, se vi va” propose Lea.
“Meglio di no!” si intromise Mandy “A meno che non abbiate intenzione di cambiare cucina!”
“Smettila! Ai fornelli sono brava!”
“Sì certo, anche i muffin del mese scorso lo pensano! Bruciati al punto giusto!” rise Mandy, seguita da Sue.
“Capita!” sbuffò Lea “Ma la pasta sono bravissima a cucinarla!”
“Io dico di ordinare una pizza” commentò Tom “Non vorrei morire”
“Mah! Ma sentilo!” sbottò Lea, fingendosi offesa “Eh vada per la pizza! Malfidenti!”

Bill si alzò dal divano e afferrò il cellulare. Compose un numero e dopo pochi secondi lo sentirono ordinare cinque pizze, in tedesco.

“In mezz’ora sono qui” comunicò poi il ragazzo “Scendo di sotto a prendere le birre” e sparì dietro alla porta d’ingresso.
“Ecco cosa c’è sotto! Una distilleria!” sogghignò Mandy.
“Almeno! C’è solo una grande taverna che, ultimamente, usiamo come magazzino. Utile, data la quantità di roba che compra Bill quando fa spesa! Se hai intenzione di sposartelo, compra una casa con magazzino annesso, ti conviene” commentò poi, guardando Lea, che arrossì violentemente. Era la prima volta che Tom parlava di lei e Bill come di una coppia e la ragazza temeva molto il suo giudizio, perché sapeva benissimo quanto fosse importante per Bill.

Un cellulare suonò improvvisamente e Lea riconobbe la suoneria: “Wish you were here” dei Pink Floyd. Si alzò e, con familiarità, raggiunse la camera di Bill dove poche ore prima aveva lasciato borsa, cappotto e non solo e prese il cellulare. Era Marie.

“Marie?”
“Ciao Lea” esordì Marie, piatta “Tutto bene? Siete arrivate?”
“Sì, da un pezzo. Mi spiace non averti avvisata, ma ho avuto da fare e…”
“Devi tornare a casa, Lea”
“Scusa?”
“Devi tornare a casa” ripeté Marie.
“Cosa è successo, Marie? Stai male? E’ Phil? La mamma?”
“No, si tratta di Edward”

Continua...
 
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