In pieces.

« Older   Newer »
  Share  
Fee1702
view post Posted on 9/1/2011, 20:07 by: Fee1702




Grazie Fra *______* Tra qualche minuto arriva il secondo cap ;)

Cap scritto da me =)

2)

Era passata poco più di una settimana da quel bizzarro incontro e dovette ammettere a se stessa di averci sperato, un po’, di vedere brillare il display del proprio cellulare con un numero sconosciuto lampeggiante. Ovviamente, non era stato così e, infondo, avrebbe dovuto saperlo. Non seppe a cosa dovere tutto quello strano interesse, probabilmente, solo al fatto di poter raccontare alla sua Charlotte di essere uscita con il cantante dei Tokio Hotel. Ok, non che si trattasse di chissà chi, infondo, dato che alla fine, non le era apparso poi tanto diverso da un ragazzetto qualunque, ma sarebbe stato fico poterlo dire, un motivo in più per pavoneggiarsi un po’ e lei adorava farlo.
Trovava sempre il modo di adularsi, di ammirarsi, era una dannata narcisista. Per quel motivo, il fatto che non l’avesse mai richiamata, le stava rodendo abbastanza. Per lei si trattava di una piccola sconfitta personale.
Quella sera, dopo essersi preparata alla perfezione, badando bene ai dettagli, come sempre, si era recata in un locale nuovo, da sola. Lotte odiava il troppo casino, così, decisa a non rinunciare ad una serata mondana, si era recata per conto proprio, sicura che comunque, avrebbe trovato qualche conoscente, come sempre.
Scese dall’auto, mentre l’aria della sera le accarezzò i capelli lunghi e castani, lasciandoli svolazzare liberi, come lei, liberi, come il vento. Volteggiò sui tacchi alti, una delle tante proprie passioni e si strinse nel cappottino che le copriva le gambe fino a metà coscia, fasciate nelle calze scure, decorate.
Il locale le apparve gremito, le luci abbagliarono la sua pelle candida e la musica accarezzò l’udito, la serata si prospettava interessante. Non faticò a trovare un gruppetto di conoscenti, inserendosi tra di loro, sedendo al bancone del bar e lasciandosi offrire da bere. Portò il bicchiere alle labbra, sorridendo ad un amico, fino a bloccarsi in un istante, incontrando due occhi inconfondibili, di un castano fondente, caldo, contornati leggermente da uno strato di matita scura, rendendoli ancora più profondi, più espressivi. Pensò che sembrassero occhi appartenenti ad un bambino, curiosi verso il mondo, verso la gente, occhi mai distratti. Si riscosse dai suoi pensieri, dando la colpa di quell’attenta osservazione al suo dannato vizio di descrivere nella propria mente le sensazioni che gli altri le davano. Era sempre sembrata una tipa superficiale e, probabilmente, era stata proprio lei a voler essere considerata tale, non avendo mai voluto mai confondersi troppo con gli altri, non regalando mai fino infondo se stessa, a nessuno, forse per paura, forse involontariamente. Deglutì appena, quando quegli stessi occhi incrociarono i propri, lasciandola un po’ spiazzata, ma non più di qualche istante, tornando a mantenere la stessa espressione sfuggente di sempre, ostentando indifferenza, sentendosi nuovamente colta nel vivo, ripensando al fatto di non esser stata richiamata, permalosa come suo solito.
Non fu comunque l’unica a non rimanere impassibile a quello sguardo, incrociato tra tanti, ma anche qualcun altro ne era rimasto sorpreso, trovandosi a ricordare quanto fosse stato stupido e sprovveduto, qualcuno che, quella sera, aveva accettato l’invito del migliore amico, Andreas che aveva insistito per averlo tra i primi clienti del nuovo locale, appena aperto, assicurandogli un pubblico selezionato con attenzione, permettendogli di sentirsi al sicuro. Si era sentito sollevato all’idea di poter sempre contare su un locale del genere, nel quale sentirsi soltanto Bill, senza bisogno di scorte a seguirlo o di raccomandazioni di un manager apprensivo. In quel momento, si trovò a sorridere impercettibilmente, sicuro che ormai non avrebbe più rivisto quella ragazza minuta e strana, per colpa della propria stupidità, approfittando, quindi di quel momento e muovendo dei passi verso di lei, senza pensarci più di tanto, spinto dalla voglia di parlarle.
“Ciao, Ragazza del gelato.” Abbozzò, trovandolesi davanti.
Lei lo guardò, sorridendo con scherno, fingendosi per niente accomodante, nascondendo alla perfezione lo strano formicolio allo stomaco, provocato da quell’incontro.
“Ciao, ragazzotiinvitoacenaeticomproduegelatiepoinonfaccionulladituttoquesto”. Sfarfallò le lunghe ciglia sugli occhi grandi e verdi, non perdendo occasione per rinfacciarglielo, piccata, lasciando lui a grattarsi la nuca, imbarazzato e ad emettere un risolino.
”Non mi sono dimenticato, te lo assicuro, è che il gelato spalmato sulla maglia non è stato l'unico danno che ho fatto, considerando che ho piegato il biglietto e il rossetto si è spappolato tutto, rendendo il numero illeggibile, anche se devo dire che il colore era molto carino e, francamente, non credevo che, quindi, avrei avuto un'altra l'occasione di rivederti e mi fa piacere che invece sia successo, nonostante io abbia sicuramente perso punti con tutto questo.”Pronunciò, tutto d’un fiato, regalandole, poi, un sorriso luminoso e infantile, che la costrinse a sorridere, vagamente divertita da quella valanga di parole, accavallando poi le gambe, in modo provocante e scostandosi i capelli indietro.
“E chi ti dice di averne mai acquistati?” Domandò, provocatoria.
“Uhm… solo una sensazione, sono sempre stato perspicace.” Sollevò un sopracciglio, sedendosi vicino a lei e ordinando da bere, ormai dimentichi, entrambi, delle persone vicine.
“Spesso, però, ci si sbaglia.” Commentò lei, appoggiando il viso al palmo della propria mano, guardandolo, curiosa.
“Fidati, su certe cose, sbaglio raramente, danni a parte.” Ammiccò l’altro, portandosi il bicchiere alle labbra, osservandola, da sopra.
“Tu sei un po’ troppo sicuro di te.” Lo ammonì, ma senza rimprovero e per niente infastidita da quello.
“Me lo dicono spesso, ma non lo trovo negativo, dopotutto, non sarei quello che sono.”
Lei lo guardò stringersi nelle spalle, con un’espressione noncurante, convinto delle proprie parole e sorrise, ribattendo, solo per non dargliela vinta.
“No, no, non è negativo, solo che spesso bisogna stare attenti a non farsi male, dato che a volte, le certezze crollano.”
“Forse, ma si può sempre riprendersele.” Le sorrise, guardandola fissa negli occhi per un momento, prima di affondare di nuovo le labbra nel bicchiere. Risposta che piacque molto alla ragazza, avendo sempre provato ammirazione nelle persone sicure di sé, trovandosi, quindi, piacevolmente sorpresa, ma non certo pronta a non avere l’ultima parola.
“Può darsi di sì, può darsi di no… chi lo sa?”
“Sei ansiosa di far crollare le mie certezze, quindi?” Domandò, sorseggiando il proprio drink, leccandosi impercettibilmente le labbra, guardandola interessato, intrigato da quel botta e risposta.
“Ansiosa? Assolutamente no, non darti troppa importanza con me, Kaulitz.” Ridacchiò, passandosi le dita tra i capelli.
“Ovvio che no, io ti devo solo una cena per sdebitarmi, non pensavo mica che tu intendessi essere chiamata per altro.”Sollevò un sopracciglio, annuendo tranquillamente.
“E’ la prima cosa giusta che ti sento dire da tutta la sera.” Gli donò un sorriso angelico, lei.
“Oh, sono assolutamente onorato da questa concessione.” Commentò, divertito, attratto da quella ragazza che faceva tanto la difficile, senza dargliela vinta, come chiunque altra avrebbe fatto, facendogli saltare i nervi.
“Eh, fai bene, non è mica da tutti dire una cosa giusta in una sera!” Proseguì, saltando puoi fuori, improvvisamente: “Senti, vuoi ballare?” Propose, come fosse normale, alzandosi dallo sgabello e sistemando il vestitino sulle gambe, quasi distrattamente, lasciando lui completamente spiazzato, a sollevare le sopracciglia in un’espressione stupita. Si ritrovò, però, a pensare alla prontezza con la quale gli aveva proposto di baciarla, dopo una manica di insulti, scuotendo la testa e pensando che per lei, quell’imprevedibilità, doveva essere normale, alzandosi e punzecchiandola:
“Volentieri, anche se non vedo orde di ragazze in agguato da cui nascondermi generosamente.”
“Uhm… sai che hai ragione? Vorrà dire che mi metterò a cercare qualcuno da salvare.” Prese tra le dita il bicchiere, finendo la propria bevuta e abbandonandolo al bancone, riavviando i capelli.
“Oh, non ti credevo così altruista!” Ribatté, divertito, senza preoccuparsi di fermarla.
“Vedi che a volte, ci si sbaglia?”
Gli fece l’occhiolino, ammiccando, allontanandosi poi tra la gente, raggiungendo gli amici di prima, soffermandosi a parlare con uno di essi, per niente interessata a quello che aveva da dirle, ma abituata a passare serate in quel modo, assecondando gli altri, tentando di divertirsi e mantenere le distanze, non sdegnando baci rubati e poi dimenticati, volendo approfittare di ogni istante della vita, volendola vivere a pieno, senza pensieri, eppure, trovandosi di continuo a puntare lo sguardo verso Bill, cercandolo anche senza volerlo, quasi pensando di tornare da lui e riproporli la richiesta predente, ma dandosi immediatamente della stupida. Infondo, aveva gettato l’amo e lui, volutamente, non aveva abboccato. Scrollò le spalle, aspettandoselo infondo, da uno come lui e tornando a fingere di prestare attenzione alle chiacchiere dell’amico. Un ragazzo normale, ma pur sempre alla sua portata.
Il ragazzo notò lo sguardo di lei spesso rivolto verso di sé, mantenendo, però, un atteggiamento indifferente, ripagandola della stessa moneta, per averlo lasciato lì, sfidandolo, ma vedendola poi insieme ad un altro, un tipo senza il minimo stile fra l'altro, secondo il suo “modestissimo”parere e sentendosi stranamente colto nel vivo, trovando impensabile che potesse essere preferito a lui e sbuffando tra sé, non disposto a farsi fregare così. Senza la minima esitazione, si alzò dallo sgabello, raggiungendola e sfiorandole una spalla per avere la sua attenzione, rivolgendole un lieve sorriso e tendendole la mano, come invitandola a lasciare lì quel tipo e ballare con lui, guardandola negli occhi. Lei ebbe come un leggero brivido a quel contatto, rendendosi conto di averci sperato fino a quell’istante, sul subito, volendo piantarlo lì, per non aver colto la prima occasione, ma lasciando morire lì le proprie difese per la prima volta con lui, scusandosi con l’amico e congedandolo, senza troppi fronzoli, afferrando la mano dell’altro e avvicinandoglisi, quasi timorosa, lasciandosi poi andare e sollevando le braccia attorno al suo collo, sorridendogli.
“Ce ne hai messo di tempo…”
“Eh, ti ho vista molto occupata nel salvare gente sola e bisognosa, non volevo disturbare." Le confessò, guardandola sottecchi e prendendo a muoversi, contro di lei, le mani leggermente posate sui suoi fianchi.
“Vedi che ti sbagli ancora? Non stavo salvando nessuno, stavolta ero io ad aver bisogno d'aiuto...”
La leggera risata di lui, la fece sorridere.
“Tranquilla, avevo avuto una sensazione anche di questo.”
“Beh allora, in questo caso, devo dire che hai detto un’altra cosa giusta.”
“Attenta, è già la seconda volta che lo dici. ” Continuò lui, tenendole testa e prendendo confidenza con la loro vicinanza, muovendosi a ritmo di musica, insieme a lei.
“Già, devo darmi una regolata…” Si strinse un po’ a lui, istintivamente, sentendosi a proprio agio.
“Eh, non vorrei dover cominciare a sentirmi troppo importante” Ridacchiò, divertito. “ E comunque, in questo caso, niente gelati, o cene, siamo alla pari.”
Lei lo guardò, assumendo un broncio infantile, mantenendo le braccia attorno al suo collo, ma scansandosi appena da lui, indispettita.
“Oh beh, come vuoi.”
“Eh, visto che ci siamo salvati a vicenda e che io dovevo solo sdebitarmi, mi sembra che tutto quadri, no?” La punzecchiò ancora, iniziando a piacergli il farlo, avvicinandola però, di nuovo a sé.
“… Quindi saremmo pari, ma… siamo ancora qui. Questo è strano…” Lo provocò, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
“Hai finito le scuse per fuggire?”
“Ho paura di sì…” Rispose, arrendendosi a quell’evidenza, aderendo appena al suo corpo.
Un leggero sorriso gli increspò le labbra, perdendosi per un attimo negli occhi di lei, sentendoli vivi, vispi, attratto per un attimo anche dal colore intenso del suo rossetto rosso, avvicinandosi al suo viso, una stretta allo stomaco a fargli compagnia, mormorando vicino alle sue labbra:
“Bene.”
“Già..”
Rispose, lei, sentendo il respiro di lui sulle proprie labbra e socchiudendo gli occhi, così, come altre volte, come con tanti altri, come tante altre sere, eppure una sensazione strana dentro di sé, nata nel momento in cui le proprie labbra incontrarono quelle di lui, ritrovando quel sapore che scoprì aver avuto voglia di assaporare di nuovo, abbandonandosi a quel bacio, schiudendo le labbra su quelle del ragazzo, sospirando appena. Quel ragazzo, che, in quel momento si trovò a chiudere gli occhi a sua volta, catturando le labbra morbide e carnose di lei, non sentendo estraneità, in quel contatto, volendo, invece approfondirlo di più, inclinando il viso di lato, affondando piano nella sua bocca e risalendo con la mano sulla sua nuca, avvicinandola ancora un po’ di più a sé, intensificando il loro bacio e accarezzando la sua lingua con la propria , stuzzicandola con il piercing che fece sorridere lei, rimanendo piacevolmente sorpresa dal contatto freddo con il metallo, assecondando i suoi movimenti, stringendosi a lui. Si ritrovò a sorridere sulle sue labbra, fino a che non fu costretta a dividersi, per riprendere fiato, rimanendo immobile a guardarlo, nella sua stessa posizione, spiazzati entrambi, come tornati sulla terra dopo un viaggio sulla luna, in confusione.
Fu lei a decidere di dover riacquistare lucidità, non avendo forse dovuto farlo, per non incappare nei suoi soliti pensieri, nelle sue insicurezze, ogni qual volta le sue emozioni si fanno più forti, volendo impedire che le facessero perdere il controllo, essendo sempre stata severa con se stessa, in questo caso, faticando a volte, a dominare la propria irrazionalità, irruenza, istintività, talvolta ai limiti dell’assurdo, ma riuscendovi nei rapporti con gli altri, grazie al suo essere testarda e contraddittoria.
“Scusa, credo che… che si sia fatto tardi, dovrei andare.” Si staccò da lui, suo malgrado a malincuore, facendo un passo indietro e stringendo la propria borsa a tracolla, abbassando lo sguardo e portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Bill si trovò a guardarla, non volendo che se ne andasse, muovendo un passo verso di lei, ancora spiazzato da quel bacio intenso.
“Ok, ma, sei sicura? Insomma, potrei, magari… accompagnarti a casa, se proprio devi andare.”
“NO!!!” Pronunciò a voce alta, di botto, alzando di scatto il volto verso il suo. “Cioè, grazie, ma sono in auto, non c’è bisogno, grazie ancora, ci vediamo!” Continuò, di fretta, voltandogli immediatamente le spalle e allungando il passo, quasi correndo via, sparendo tra la folla, lasciandolo a bocca aperta a guardarla sparire, preso alla sprovvista, rinunciando ad inseguirla, non sapendo nemmeno perché, infondo, ci tenesse tanto a trattenere con sè quella sconosciuta.
La ragazza si lasciò lui, quel bacio e quelle sensazioni alle spalle, dietro la porta di quel maledetto locale, tornando alla realtà con il colpo secco dello sportello della propria auto, infilando la chiave, e girandola, ma non ricevendo alcuna risposta del veicolo. Prese, così, ad imprecare, iniziando a pensare di aver dimenticato i fari accesi e che la sfiga l’avesse presa di mira, sbattendo la fronte sul volante due volte e gridando:
“Merda! Cazzo! Merda!” Uscì poi da lì, mollando un calcio alla ruota e incrociando le braccia al petto, furiosa e iraconda, calciando poi anche un sasso capitato vicino a lei.
Il cantante, dopo essere rimasto in mezzo alla pista da ballo come un idiota, si avviò fuori, scuotendo la testa, non avendo altro motivo per restare là dentro e raggiungendo la propria macchina, fermato, però, da un grugnito poco rassicurante.
“Uhm.. ehi!” Pronunciò lei, richiamando la sua attenzione, un ghigno sconsolato sul volto. Lasciandolo a sollevare un sopracciglio, sorpreso di rivederla, avendola vista dissolversi in stile apparizione e sparizione e aspettando che dicesse qualcosa.
“Ecco... scusami.. mi chiedevo se... insomma... ho combinato un casino, nel senso che ho lasciato i fari accesi, credo e quindi deve essersi consumata la batteria, allora diciamo che sarei a piedi e che a quest'ora non mi va di chiamare un taxi, resterei troppo qua fuori da sola, e non credo sia il caso, voglio dire... non è un posto raccomandabile, quindi non so, magari tu, magari noi, no, andava meglio prima, magari potresti accompagnarmi, sempre che la proposta sia ancora valida, e non abbia altro da fare, o ti sia di strada, perché potresti benissimo alloggiare dall’altra parte della città, quindi non vorrei che… insomma, hai capito, credo, spero.”
Il sopracciglio del ragazzo aveva quasi raggiunto l’attaccatura dei capelli, mentre la osservava sproloquiare e rovesciargli addosso parole, aspettando di sentirla smettere, divertito, per poi esitare a rispondere, a posta.
“Facciamo che ti propongo uno scambio: La mia offerta è ancora valida, ma tu in cambio mi lasci di nuovo il tuo numero. Questa volta ho una penna.”Colse la palla al balzo, esultando tra sé.
“Ok, grazie mille.” Rispose lei, educatamente, ma senza l’ironia e il sarcasmo di poco prima, avviandosi verso la sua BMW e salendovi, in silenzio, guardando fuori dal finestrino, mentre lui, di tutt’altro umore, felice di quell’imprevisto, metteva in moto l’auto.
“Allora, dove ti porto?”
“Non è molto lontano, percorri questa strada fino alla fine e imbocca la prima a destra, sto a metà di quella.” Rispose, guardando ancora fuori, i lampioni ad illuminarle il volto, contratto in un’espressione tirata.
Lui seguì le indicazioni, guardando lei di tanto in tanto, un po’ spiazzato da quel silenzio e da quell’improvviso cambio di umore, non capendo cosa le fosse preso, ma non conoscendo, alla fine niente di lei, trovandola sempre più misteriosa e strana.
“Ecco, ci siamo quasi, svolta lì.”Lo avvertì, continuando a mantenere le difese, ormai imposte, riconoscendo poi il portone di casa e indicandoglielo. “Quella è casa mia.”Biascicò, togliendo la cintura, seria.
“Ok”Parcheggiò davanti ad essa, spegnendo il motore e volendo prolungare ancora un po’ quel momento con lei, guardandola, ma avvertendo la sua ritrosia, sollevato dal fatto di saper almeno dove poterla cercare, nel caso in cui si volatilizzasse di nuovo.
“Beh, grazie ancora. Adesso non siamo più alla pari, dato che mi hai salvata due volte.” Sorrise appena, senza però allegria, sistemando il cappottino e stringendo la borsa, portando una mano sullo sportello, per uscire da lì.
“Tranquilla, puoi sdebitarti quando vuoi e io una cena te la offrirei volentieri, comunque.” Abbozzò lui, guardando il sorriso di lei spegnersi lentamente.
“Ah, sì, certo, ok, grazie, davvero, ma non ce n’è bisogno.”
“Ma mi farebbe piacere.” Insistette.
“Sì, anche a me.” Rispose evasiva e frettolosa, costringendolo a non andare oltre, non volendo apparire troppo invedente, ma continuando a non capire quel suo comportamento.
“Buonanotte, Bill.” Fece per uscire, ma bloccandosi di colpo, voltandosi di scatto verso di lui, inspiegabilmente insoddisfatta da quel saluto, trovandosi ad avvicinarsi a lui, a premenre le labbra sulle sue, stringendo gli occhi, per qualche istante, fino a scendere dall’auto e chiudere lo sportello. Salì di corsa le scale e chiudendosi la porta elle spalle, poggiandovi la schiena e portandosi una mano sul viso, scuotendo la testa, decidendo in quel momento di cacciare via le emozioni provate quella sera.
“Buonanotte, ragazza del gelato.”Pronunciò lui, dopo esser rimasto immobile per svariati secondi, realizzando la pazzia e l’imprevedibilità di quella ragazza, di ogni suo gesto, mordendosi appena il labbro, come a catturare il suo sapore, rimasto impresso sulla sua bocca, sentendosi irrimediabilmente incuriosito da lei, partendo poi con l’auto, dopo aver lanciato uno sguardo alla luce accesa della sua finestra, sorridendo impercettibilmente e svoltando, riversandosi su quella strada che, si promise, avrebbe percorso di sicuro di nuovo.

Edited by Fee1702 - 9/1/2011, 20:54
 
Top
36 replies since 1/1/2011, 15:37   662 views
  Share