Capitolo 10.
Ho sempre odiato gli inviti che richiedevano un vestito elegante. Ed è per questo che tutte le volte o rifiutavo categoricamente.
Ma in questo caso, non credo di poter rifiutare.
Non sarebbe per nulla carino non presentarsi alla propria festa di compleanno, che tra l' altro non ho organizzato io.
Avrei dovuto saperlo che non organizzare nulla avrebbe fatto scattare in Bill la sua vena artistica per le feste, trasformando un semplice compleanno in una festa esageratamente festosa.
Purtroppo, non posso tornare indietro.
La festa si svolgerà a Berlino, nel loro studio, e fortunatamente sono riuscita a ridurre il numero degli inviati fino ad arrivare a 264, di cui il 99% sono tutti sconosciuti, per me.
- Bill, ascolta, ti ho dato il permesso di fare una festa, non un evento straordinario – sbuffo, appoggiando i gomiti sul tavolo.
- Ma il DJ non può mancare, capisci? Non sarebbe una festa! - sussurra, a denti stretti.
- Ok, mi arrendo -.
Passiamo il pomeriggio intero a litigare sulle luci, sui festoni e cose varie.
- Bill, la festa è mia o tua? No perchè, tu 20 anni li hai già compiuti. Io li compio domani e non mi sembra il caso di lasciar fare tutto a te -.
- Ma se lasciassi tutto nelle tue mani non verrebbe fuori una vera festa – sbuffa, incrociando le braccia al petto.
Mi lancia un occhiataccia e si volta dall' altra parte, dandomi le spalle.
E lui avrebbe 20 anni?
La porta della stanzetta si apre ed entra Gustav, accompagnato da Tom.
- Bill, già imbronciato? - scherza Tom, appoggiando le chiavi della macchina sulla mensola.
- Pretende di decidere lui tutti i dettagli della festa di domani, la mia – intervengo.
- Non è vero, ti do solo dei consigli -.
- Consigli che, per altro, mi imponi -.
- Questo lo dici tu -.
- Io dico solo la verità -.
-Non è vero -.
- Sì -.
- No -.
- Sì -.
- BASTA! -.
Ci voltiamo entrambi e vedo Tom, con le braccia incrociate al petto che ci fissa, serio in volto.
- Piantatela o i dettagli della festa li decido io -.
- Ma la festa è mia! - sbuffo.
- Non mi interessa di chi è la festa, piantatela di urlare e di scannarvi a vicenda. Guardate, persino il cane è stufo di ascoltarvi -.
Osservo il cane sdraiato ai piedi del divano con le zampe che gli coprono gli occhi.
Mi vien quasi da ridere.
- E va bene Bill, organizza quello che ti pare. Vuoi mettere le cubiste ai lati della sala? Fallo. Vuoi il pesce al posto della carne? Perfetto. Vuoi le luci argento invece di quelle blu? Benissimo. Ma ora scusami, vado a recuperare Leo all' aeroporto – dico, alzandomi dalla poltroncina.
- Leo? -.
- Sì, ho invitato anche lui. Non è un problema, vero? -.
- No...certo che no -.
- Bene -.
Saluto tutti, accarezzo il cane che mi fissa anche lui mezzo terrorizzato e mi avvio verso la mia macchina.
Povera me.
**
- Leo! - esclamo, alzando la mano per farmi vedere.
Mi sorride e mi viene incontro, trascinandosi dietro la sua valigia.
- Chiara – mi saluta, con un abbraccio.
Non era potuto venire per le vacanze di Natale, così per farsi perdonare l' ho obbligato a venire per il mio compleanno.
- Fatto un bel viaggio? - chiedo, mentre ci avviamo verso la mia macchina.
- Oh sì, l' hostess che andava avanti e indietro continuava a fermarsi davanti a me, trattandomi come se fossi uno che ha bisogno della minima cosa ogni due secondi. “Vuoi qualcosa da bere?” “Posso esserti utile?”. Guarda, l' avrei presa a pugni se non fosse stata così carina – ammicca.
Gli do una gomitata e scuoto la testa.
Sono circondata da cretini.
- Domani c'è la mia festa di compleanno – sbuffo, avviando la macchina.
- Davvero? Posso venire? - si illumina, con un sorriso.
- Scherzi, vero? Se puoi...tu devi assolutamente venire, è diverso. Ho avuto la pessima idea di lasciare l' organizzazione del tutto nelle mani di Bill -.
Scuoto la testa, sorridendo a me stessa per quella scelta degna di una persona irresponsabile.
Proprio come me.
- Ti sosterrò moralmente domani, dai. Tranquilla – sorride, sfiorando appena la mia mano.
Aumento la stretta sul volante, sorridendo appena.
Arriviamo a casa mia e lo aiuto a sistemarsi nella stanza degli ospiti.
Osservo i vestiti all' interno della cesta del bagno e mi accorgo di essermi dimenticata di caricare la lavatrice.
Fatemi un applauso.
- Devo caricare la lavatrice. Tu sistemati, fatti una doccia, fai quello che vuoi. Quando è pronta la cena ti chiamo – sorrido, avviandomi verso l' uscita
- Se aspetti una ventina di minuti ti aiuto -.
- Come vuoi – sorrido.
Avvio la lavatrice e prendo il cellulare per chiamare Giulia.
- Ciao scema, sono io -.
- Ecco, la vagabonda ogni tanto si fa sentire – sbuffa.
- Eddai Giu, non te la prendere. Sono talmente impegnata. Domani c'è la mia festa di compleanno, che organizzerà Bill e mi sono già pentita di avergli detto sì. Mi dispiace tantissimo che non ci sarai, però – sbuffo.
Lo so, ma sono incasinata almeno quanto te. Ci sarà Leo a farti sostegno morale, no? -.
- Sì ma non sarà la stessa cosa -.
Odio questi momenti di eccessivo affetto l' una nei confronti dell' altra.
Rischio di impazzire se riesco a rendermi conto che potrei piangere da un momento all' altra.
Ok, sono completamente deficiente.
- Lo so, sì, sono preziosa io -.
- Vuoi un pugno nell' occhio? Decidi tu se destro o sinistro, per me è indifferente -.
Scoppia a ridere e non sembra essere intenzionata a fermarsi. Almeno non per il momento.
Rimaniamo a discutere un altro po' su quale fosse l' occhio da eliminare per primo, su cosa avrei dovuto mettermi per la mia festa e, cosa più importa, come mi sarei sistemata i capelli.
Anche se, dei miei capelli, non me ne poteva fregar di meno.
**
- Dai, chiuditi santo cielo! Chiuditi! - piagnucolo, mentre tento di chiudere la zip del “vestito”.
Comincio a saltellare in giro per la stanza nel tentativo disperato di chiudere questa maledetta cosa.
- Serve una mano? -.
Leo, appoggiato allo stipite della mia porta, sorride.
Mi volto di scatto e lo guardo, implorante.
- Chiuderesti la zip dietro, per favore? - sbuffo, avvicinandomi.
- Certo – annuisce.
Mi giro e lui, con un gesto secco, chiude quella tortura.
- Grazie – sussurro.
Rabbrividisco al contatto delle sue mani fredde con la mia pelle.
Rimaniamo in silenzio per un attimo, poi mi giro a fissarlo, notando quel suo sorriso così bello ancora stampato sulla faccia.
Mi accarezza una guancia, delicato.
- Il vestito ti sta benissimo -.
- Grazie, anche tu sei molto carino con quest camicia -.
- Oh no, tu sei molto, molto più bella di me, questa sera -.
Si avvicina di qualche centimetro, fino a che le sue labbra non si posano delicate sulle mie.
Rimango interdetta per una frazione di secondo, indecisa sul da farsi.
Le sue mani cingono i suoi fianchi e le mie braccia automaticamente finiscono incrociate attorno al suo collo.
- Forse è il caso se ci avviamo – dico, allontanandomi per interrompere il bacio.
- Sì, forse è meglio – sorride e si infila la giacca.
Cerco le chiavi della macchina sul tavolino della sala ma non le trovo. Eppure, di solito le metto sempre lì. Di solido. Evidentemente oggi no.
- Hai visto le chiavi della mia macchina? - chiedo, rivolgendomi a Leo.
- Sì, ce le ho io in tasca. Non vorrai guidare il giorno della tua festa di compleanno? -.
Sbuffo, irritata al solo pensiero di arrivare a quella festa.
- E se non andassi alla mia festa? - domando, più a me stessa che a lui.
- Non penso sarebbe una buona -.
- Appunto -.
**
Arriviamo allo studio, contro ogni mia aspettativa. Ho passato il tragitto fino a qui a scongiurare Leo di cambiare direzione, senza riuscire a convincerlo.
Scendiamo dalla macchina e io, un po' barcollante per vi dei tacchi, mi appoggio al braccio di Leo.
Entriamo e a momenti faccio un infarto.
Il salone adibito alla festa è pieno di persone, che conosco e che, come la maggior parte, non conosco.
- Oh, finalmente -.
Bill ci viene incontro allargando le braccia, mentre sul suo viso rimane dipinto quel sorriso terribilmente terrificante. Tipico di lui.
- Ciao – borbotto, senza guardarlo.
- Non fare così, Chiara. Qui tutti mi hanno fatto i complimenti per l' organizzazione splendida... -.
- Scusa Chiara ma, ha ragione. L' organizzazione è splendida – dice Leo, guardandomi sorridendo.
Sbuffo. Ma perchè tutti contro di me?
- Io sono d' accordo con lui – si difende Bill, facendo ridere anche Leo.
- Bravi, cospirate contro di me e tu, Leo, non mi avvisi nemmeno. Mentre tu, Bill, aspetta solo che riprenda il tour. Ti lascio da solo all' aeroporto in balia delle fans. E' una promessa! -.
Mi allontano lasciandoli lì, a continuare a prendermi in giro.
Mi verso nel bicchiere l' unico analcolico presente: la Coca Cola.
La festa, dopotutto, non è così male. Conoscendo Bill, effettivamente sarebbe potuta andare molto, ma molto peggio. La musica non è nemmeno troppo alta. Qui, sono sicura che c'è lo zampino di Tom.
Con una mano ricambio il saluto di Gustav e Georg, poco lontani da me.
Due mani mi cingono i fianchi da dietro. Di scatto, mi volto.
- Auguri – dice, con un sorriso.
- Grazie – ringrazio, con un sorriso.
Ci sediamo su due sedie poco distanti, lontani quanto basta dalle casse per poter parlare senza urlare.
- Leo ti ha abbandonata? - scherza.
- No, sono io ad aver abbandonato lui. Lui e Bill stavano confabulando contro di me e me ne sono andata. H, ma mi rifarò. Leo lo caccio fuori casa, a dormire, mentre Bill farò in modo di lasciarlo da solo in aeroporto con le fan, appena riapre il tour. Puoi commetterci – borbotto, osservando il mio bicchiere.
Si guarda attorno.
- Beh, a me pare che il tuo Leo si stia divertendo abbastanza – mi informa, indicandolo.
Leo, appoggiato alla parete, sta chiacchierando con una bionda alta e secca. Troppo secca.
Tolgo dal mio viso l' espressione irritata e mi giro verso Tom.
- E quindi? Meglio per lui se si sta divertendo, io non lo sto facendo per niente – strillo, in preda a una crisi di nervi.
Sorride divertito, mentre mi offre un altro drink.
Non mi va molto di pensare al fatto che on ho ancora preso a calci Tom Kaulitz. Forse è meglio così.
Un bicchiere. Due bicchieri. Tre bicchieri. Quattro bicchieri.
Al primo ero completamente fuori, adesso sono pressoché devastata.
La festa continua e non faccio molto presente dell' ora o di Leo.
Può darsi che io abbia anche ballato con Tom; non ricordo molto delle due ore precedenti.
Mentre i miei quattro amici si danno da fare a sistemare tutto (da bravi ragazzi, li ho costretti a mettere in ordine, visto che a organizzare il tutto erano stati loro), io rimango sdraiata pancia in su a guardare il soffitto, mentre Leo, per quanto gli è possibile, tenta di farmi star zitta.
- Perchè sai...ho pensato. No, cioè, un attimo. Non stavo pensando per niente. Volevo dire che, per quanto mi sia possibile, sto tentando di fare un ragionamento giusto. Ma non ci riesco, sapete? Io ci provo, ma è come se fossi su un altro mondo. Oh, quel muro ha una crepa, guardate! - biascico, completamente instabile.
Alzano tutti lo sguardo e osservano la parete indicata dal mio braccio penzolante.
Lo lascio sbattere per terra e scoppio a ridere, tenendomi la pancia.
- Sapete, non ho mi bevuto così tanto in vita mia! Leo, accendi la musica, voglio ballare ancora. Fino a domani mattina! - urlo.
Mi appoggio al divanetto per alzarmi e, barcollando, raggiungo il tavolino vuoto.
Ci salgo sopra e aspetto che la musica parti.
- Leo, accendi quella musica per favore – mi lamento, battendo i piedi.
- Non mi sembra il caso – interviene Tom, mentre con un braccio tenta di farmi scendere.
- Non toccarmi, idiota! - strillo, togliendo la sua mano dal mio fianco.
Ride e mi lascia, così io ne approfitto per tornare sul tavolino.
- Ok, visto che non volete accendere la musica, ballo lo stesso – sbuffo, cominciando a “ballare”.
Sembra che di ballare si possa parlare. Tutto quello che ne esce fuori sono movimenti così goffi, così ridicoli, che per un secondo soltanto mi sento una regina.
Ovvio, sono ubriaca dalla testa alla punta dei piedi.
Ma non me ne importa più di tanto, visto che non so nemmeno quello che sto facendo.
Mi tocco i capelli, che ho deciso, per questa sera, di lasciare ricci.
Osservo un boccolo con interesse, quasi affascinata dalla perfezione di esso.
- Bill, oddio. Bill! - urlo, saltando sul tavolino.
Bill, sconvolto, si gira a fissarmi, seguito dagli altri.
Dimmi – dice, avvicinandosi.
- Bill, posso farti un regalone? Grande, ma grande tanto grande? - sussurro, facendo gli occhi dolci.
Perplesso, senza capire, mi guarda. - Sì, certo -.
- Ecco, visto che hai organizzato questa festicciola così carina, così graziosa, così...luminosa. Ho deciso che forse è il caso di premiarti. Ecco, vedi, ho pensato di dedicarti una cosa che io amo molto, che fa parte di me da sempre, anche se io spesso, questa cosa, la nascondo -.
Tutti mi guardano, sconvolti. Si strano chiedendo cosa io stia farneticando, molto probabilmente.
- Bene, Bill, questo è per te! - urlo, alzando le mani al soffitto.
Prendo tra le dita un boccolo dei miei capelli e glie lo faccio vedere, avvicinandomi a lui.
- Lo vedi questo bel boccolone? Ecco, te lo dedico, ti va? Sarà il Boccolo Bill. BB. Ti piace? -. E scoppio nuovamente a ridere.
Certo, molto gentile da parte tua. Adesso è il caso che vai a casa, però. Non sembri...molto in te – osserva, guardando gli altri.
- Ragazzi, io la riporto a casa. Mi spiace non potermi fermare per aiutarvi a sistemare – si giustifica Leo, mentre si allontana a prendere la sua giacca e la mia.
Mi ributto sul divanetto e chiudo gli occhi, cerca di potermi addormentare.
- La riaccompagno io, non è un problema – propone Tom.
La sua voce è un sussurro lontano. Sto per addormentarmi sul serio.
- Ok, come vuoi, ecco le chiavi della sua macchina -.
- No, lascia stare, ho la mia -.
Due braccia forti mi aiutano ad alzarmi, ma non riesco ad aprire gli occhi.
Il mio cervello, al contatto con l' aria fredda, riceve l' ossigeno necessario a dare l' ordine ai miei occhi di aprirsi.
- Tom Kaulitz, tu sei furbo. Dillo che volevi svignartela per non faticare a mettere a posto – biascico, reggendomi alla sua spalla.
- Può darsi – sorride, guardando altrove.
In macchina, nessuno parla, eccetto io che ogni tanto aprivo bocca per dire parole senza senso.
- Tu...ti sta molto bene il rosso, dico davvero – sussurro, concentrandomi sugli strani disegni della sua fascia.
- Grazie, anche tu sei molto bella stasera -.
- Me l' hanno detto tutti – dico, con un sorriso ebete.
Scuote la testa, mentre torna a fissare la strada.
- Ora, però, dimmi la verità. Sei geloso di Leo -.
- Sei tutta ubriaca -.
- Oh, questo lo so -.
- Brava -.
- Ma non hai risposto alla mia domanda -.
Non faccio in tempo ad ascoltare la risposta. Sprofondo, lentamente, nel sonno.