| .Jada. |
| | Grazie tesore Capitolo 3 Ricordava ancora il suo primo concerto. Era ovviamente il loro. Aveva quindici anni, ed era estate. eL'estati tedesche erano diverse da quello degli altri posti, ma per chi era abituato così tanto al freddo, quell’estate fu micidiale, la più calda degli ultimi dieci anni. Ricordava la sensazione del sole che batteva sulla sua testa, e per una persona che soffriva di pressione bassa quell’attesa estenuante non era il massimo della salute. Non seppe con quale forza riuscì a tirare avanti per quelle quattordici ore, ma ce la fece e li vide. Pesava che mai nella sua vita li avrebbe visti più vicini di così, ma evidentemente di sbagliava. «A che pensi?» Le chiese Gustav destandola dai suoi pensieri; era l’unico che fosse già pronto per gli scatti. «In realtà pensavo al mio primo concerto.» Rispose lei, sorridendo. «Di chi era?» Domandò il batterista, ingenuo. «Vostro.» Rise Atena, facendo ridere anche il biondino, «Mi avevate letteralmente sconvolta. Non ero mai arrivata a fare tanto per un gruppo. Prima di voi c’erano Green Day, ma non erano mai venuti a fare un concerto qui. Poi vi ho scoperto.» Spiegò, «E da lì sono iniziati i miei guai.» Aggiunse facendogli l’occhiolino. «Mi sono sempre chiesto, cosa si prova a stare dall’altro lato del palco? Cioè, io ci sono stato molte volte, ma credo che le emozioni cambino di palco in palco...» «Sì, è esattamente così. Stare ad un vostro concerto, attaccata alle transenne, o tra la folla, è qualcosa di inspiegabile. Non riesco a trovare le parole per descrivertelo.» Fece una pausa e ci pensò su, «E’... Ti fa diventare ingorda. Una volta che hai assistito ad un concerto dei Tokio Hotel non puoi più farne a meno. Ne vuoi di più... Sempre di più. Come una droga.» Gustav sorrise del paragone che aveva fatto Atena, «Immagino che quel giorno tu sia rimasta folgorata da Tom.» Ipotizzò scrocchiandosi le dita delle mani, lei rise istericamente. «Tutt’altro.» Gli disse, «Io ero perdutamente innamorata di te.» Gli spiegò continuando a ridere, «Ricordo che, nell’arco di trecento metri, ero l’unica ad urlare il tuo nome.» «Oh beh, grazie.» «Grazie a te. Era rassicurante essere una tua fan. Era una cosa molto tranquilla.» «Ovvero?» «Ovvero tu non mi davi preoccupazioni. Non eri un santo e lo sapevo, ma almeno, se decidevo di credere alla maschera silenziosa che avevi davanti le telecamere ero certa di non soffrire.» «Essere fan di Tom è diverso, vero?» Le domandò lui, era sempre interessato a sapere i pareri delle fan, tutte le fan; ma trovarsene davanti una che era stata per un po’ sua era qualcosa di curioso, voleva sapere tutto. «Sì, era più duro essere fan di Tom Kaulitz. Voglio dire, è difficile mantenere la lucidità quando leggevi di tutti i suoi filtr. Crescendo ho iniziato a pensarla in modo razionale, ad essere felice per i sorrisi che i paparazzi immortalavano quando si trovava con qualche ragazza... Però ovviamente, c’era una parte di me che non mandava giù la cosa.» Spiegò Atena, arrossendo; parlare con Gustav era una cosa talmente surreale da farle battere il cuore più forte del normale. Durante i primi anni dell’adolescenza e della sua vita da fan aveva immaginato molte volte di trovarsi a quattr’occhi con quel ragazzo, ma mai aveva pensato di parlare di Tom, con lui. «E da quando è nata questa passione per mio fratello?» Le domandò Bill alle sue spalla, facendola sussultare; non si era accorta che fosse lì. «Ricordo che era un pomeriggio e io stavo parlando con una mia amica via MSN, era il periodo che annunciava l’uscita del nuovo anno, eravate andati in spagna per un intervista, se non sbaglio. Uscì questa foto, la prima con il nuovo look.» Spiegò lei, guardando la semplicità del Bill che aveva di fronte, «Vi guardai uno per uno, poi mi soffermai su Gustav, ma la mano di Tom al suo fianco rapì la mia attenzione e per la prima volta lo vidi sul serio.» Si strinse nelle spalle, arrossendo. «Oh.» Annuì Bill, sistemandosi la giacca gessata. «Basta parlare di me. Siete tutti pronti?» Urlò verso i camerini, il tentativo di cambiare discorso era stato poco naturale, ma nessuno sembrò accorgersene. «Sì, per lo meno io.» Disse Tom uscendo, Atena restò impietrita, perché diavolo ogni volta le mozzava il fiato? Doveva darsi un contegno. Aveva ventitre anni, non poteva reagire come un adolescente. Respirò profondamente e Tom sogghignò passandosi la lingua sulle labbra, fiero di quello che aveva sentito. Non sapeva perché si sentiva così. Lei era una fan. Ma forse, come gli aveva detto il giorno prima, doveva smetterla di fare di tutta l’erba un fascio. Scosse la testa, lui non le sopportava quelle come lei. La superò e si andò a sedere sul divanetto, in attesa di ordini; Bill sospirò e quando Georg fu pronto iniziarono a lavorare. «Bill, inizia tu.» Gli disse la ragazza, «Karl, metti il pannello di luce fredda sulla terza lampada di sinistra.» Disse ad un ragazzo che eseguì subito l’ordine. «Bene, mettiti con le spalle al piano Bill... Ora alza il sopraciglio... Bravo, così!» Lo incitò lei. Dopo aver scattato foto singole a tutti, fu il turno di Tom; il chitarrista si alzò dal divanetto e andò vicino al piano, per Atena furono i minuti più difficili di tutta la giornata. «Mmh... Bene, siediti al piano.» Disse lei sospirando, «Ora suona...Così, bene.» I flash sembravano non dar fastidio al ragazzo, che intanto pigiava tasti a caso sul piano, ogni tanto guardava l’obbiettivo. «Ok... Bill, vieni qui. Voglio farvi dei scatti insieme.» Il moro fece come gli era stato ordinato e via con altri Flash...
_____
«Sono stanco morto.» Sbuffò Georg, gettandosi sul divano nero nello studio. «Non dirlo a me. Non ricordavo che fosse così stancante.» Constatò Gustav, stropicciandosi gli occhi. «Credo che dobbiamo solo riprendere i ritmi, poi tutto andrà bene.» Disse Bill, poggiando la testa all’indietro e facendo un lungo sospiro. «Si può fumare qui dentro?» Domandò Tom rivolgendosi ad Atena, per la prima volta non fu sgarbato. «No, ma io stavo pensando di andare sul balcone...» Rispose lei, lasciando il discorso a metà; quell’ragazzo le faceva venire l’ansia. «Andiamo!» Annuì il chitarrista, la ragazza di alzò e superandolo si diresse fuori la porta, Tom le stava dietro di qualche passo. «Che ne pensate?» Chiese Bill una volta che i due sparirono. «Riguardo la pace nel mondo o ti interessa la nostra opinione su qualcosa di specifico?» Domandò Georg, guardandolo in modo circospetto mentre arruffava i capelli di media lunghezza in una specie di coda. «Di Atena, deficiente!» Lo apostrofò il moro, facendogli la linguaccia «Secondo me è apposto. Poi mi sembra che prenda il suo lavoro sul serio...» «Ed è simpaticissima» Aggiunse Gustav, «Poi aveva una cotta per me, il che è sicuramente un punto a favore.» «Tu che ne pensi?» Gli chiese il bassista, sorvolando sulla frase di Gustav. «La penso come voi. Mi sembra molto brava nel suo lavoro. Poi è simpatica, non ci si annoia con lei.» «Meno male.» Sospirò Gustav, «Almeno la pensiamo tutti allo stesso modo.» «Tranne Tom.» Fece notare Georg, pronunciando quelle parole come una cantilena, una filastrocca già ripetuta mille volte. «Diamogli tempo. Secondo me, si ricrederà.» Disse il Kaulitz minore stringendosi nelle spalle. Aveva la sensazione che oltre l’ostilità reciproca tra Atena e Tom ci fosse del feeling, dovevano solo aspettare che quel muro in mezzo a loro crollasse... Quanto voleva trovarsi al posto del fratello. Era stato un sex simbol nazionale per anni, ora era un papà a tempo pieno. Non aveva più tempo per niente. A mala pena riusciva a ritagliarsi del tempo per lo shopping. Quanto avrebbe voluto che Atena fosse quella giusta. Dopotutto Heike l’adorava già, il che era un bene, visto che non poteva permettersi di portare alla bimba ragazze diverse ogni mese. Sospirò, forse tutto l’amore che Bill Kaulitz poteva dare doveva essere esclusivamente per sua figlia. Probabile.
Stare su un balcone con Tom Kaulitz la rendeva agitata. Tom Kaulitz la rendeva agitata! Il suo sguardo la metteva a disagio; mentre fumavano lui la scrutava, come se volesse giudicarla in qualche modo, e il silenzio che si era creato tra i due non era confortevole, tutt’altro. «Come mai hai proposto proprio “Zoom”?» Domandò Atena, cercando di rompere il silenzio. «La prima che mi è venuta in mente.» Rispose lui con una scrollata di spalle, il suo atteggiamento non era d’aiuto con le intenzioni d’Atena. Non che avesse intenzione di fare chissà che cosa, ma almeno voleva costruire uno straccio di rapporto lavorativo, fondato sulla reciproca fiducia. Fiducia che da parte di lui non c’era. «Ok, mettiamo le cose in chiaro.» Sospirò lei mentre tirava dalla sigaretta, «Io non ti piaccio, e posso capirlo. Ma per tua sfortuna dovremmo lavorare insieme per un po’ di tempo, per cui, tutto questo astio sarebbe meglio lasciarlo fuori gli studi; poi in privato puoi fare quello che vuoi, anche organizzare il mio omicidio...» Gli disse guardandolo negli occhi, «Ci stai?» Aggiunse allungando la mano nella sua direzione. Il ragazzo la squadrò per la millesima volta, con aria di sufficienza, e lei pensò seriamente di strangolarlo; odiava essere al centro dell’attenzione. Tom si leccò le labbra, screpolatesi dal freddo, mentre Atena, di fronte a lui, attendeva una risposta. I jeans scoloriti sembravano usciti da qualche vecchio telefilm. Le converse con la linguetta scomposta erano orribili. Il cappotto che aveva indosso la faceva sembrare ancora più grassa, e i capelli arruffati completavano il tutto dandole l’aria di una pazza. Infondo, stringendo quella mano dalle dita così lunghe, cos’aveva da perdere? “Prova ad essere naturale, Tom.” Gli aveva detto suo fratello il giorno prima. Scrollò le spalle e strinse la mano di Atena, con vigore, lei gli sorrise, lui ritrasse velocemente l’arto da quel contatto, era meglio non farsi abbindolare. Aveva accettato di costruire una specie di rapporto lavorativo, ma fuori quel frangente lei rimaneva sempre la stessa, rimaneva qualcosa da cui stare lontano. «Posso farti una domanda?» Chiese lei, cercando di mantenere la calma. «Dimmi.» Sospirò il ragazzo, buttando fuori del fumo dalla bocca. «Perché ci odi così tanto?» Domandò, senza guardarlo negli occhi, «Voglio dire...Ok, molte di noi sono state insopportabili, però è da ipocriti avercela con chi ti ha reso una celebrità...O meglio, ha contribuito alla tua fama...» «Un tempo, distinguevo le fan. C’erano quelle buone e quelle cattive, come in tutti i gruppi; ma più diventavamo famosi, più vedevo aumentare il numero delle cattive e diminuire quello delle buone. Eravate ovunque, mancava solo che ne spuntasse una dal gabinetto mentre ero in bagno...Era una cosa terribilmente frustrante.» Sospirò Tom ricordando i momenti passati; quando, seriamente, non poteva andare neanche in bagno senza “scorta”. «Sì ma...Gli ultimi tempi eri diventato insopportabile, un rompipalle!» Cercò di alleviare la tensione Atena, «E poi non sei mai stato un bravo attore. Si vedeva lontano chilometri quando firmare un autografo ti dava noia, e quando no.» «Non tutte lo capivano.» Scollò le spalle il ragazzo. «Ricordo che un giorni ti vidi fermo ad un semaforo, con quel macchinone era impossibile non notarti. Le ragazze non ti facevano passare, si erano accalcate davanti la Cadillac e si era creato un traffico della miseria.» Rise viaggiando con la testa qualche anno addietro, «Dovette intervenire la polizia locale.» «Oh, io invece, ricordo di una tizia che, durante un concerto non so come è salita sul palco e mi ha abbracciato.» Scoppiò a ridere il chitarrista. «Sì! Restasti impalato, ho visto il panico nei tuoi occhi.» «Eh, avrei voluto vedere te! Ero nel bel mezzo di una canzone e mi vedo questa cosa venirmi incontro come una giocatrice di rugby americano...» Continuò a ridere Tom, facendo ridere ancora di più Atena, stavano avendo una conversazione civile, da persone adulte; Tom si arrestò di botto e la guardò negli occhi, lei fece lo stesso, sorridendo appena, poi entrambi guardarono altrove, continuando a fumare la propria sigaretta, quand’ebbero finito rientrarono, senza proferire parola su ciò che era successo fuori. «Madonna, si gela di fuori.» Commentò Atena, sedendosi vicino a Gustav e sfiorandogli inavvertitamente la mano con la sua. «Hai le mani congelate!» Osservò il biondino, poi prese le mani della ragazze e sorridendole dolcemente vi ci sfregò sopra le sue, cercando di riscaldargliele. Il corpo di Atena fu invaso da una scarica elettrica, un brivido. Gustav Schäfer, quello che, per anni, aveva desiderato fosse il suo Gustav, le stava tenendo la mano. Perché il mondo doveva girare sempre al contrario quando si trattava di lei? Perché non poteva essere ancora perdutamente innamorata del biondino alla sua destra? Magri avrebbe realizzato il sogno di una vita. E invece no. Doveva aver perduto anima e corpo per un ragazzo che, se avesse potuto, l’avrebbe uccisa; solo per il semplice fatto di essere una sua fan. Il mondo era crudele. Il destino infame. «Vado a prendere del caffè, per tutti.» Sbiascicò lei, ritirando la mano e alzandosi. «Ti aiuto.» Si offrì Bill, «Così sento anche se Heike ha mangiato.» Aggiunse prendendo il cellulare, la ragazza annuì e i due si diressero al piano di sotto, in silenzio. «Ok, devo chiederti una cosa da fan, posso?» Domandò Atena, arrossendo leggermente; quella era la giornata delle domande, infondo non le sarebbe capitato a lungo di lavorare con i suoi idoli, meglio cogliere la palla al balzo e placare la sua curiosità. «Certo.» Annuì il moro, sorridendole bonario. «Reset sembrava un disco già sentito, voi non ve ne eravate accorti in produzione?» «Noi lo sapevamo.» Sospirò il cantante, «I manager facevano pressione, la casa discografica minacciava di non rinnovare il contratto, così Jost prese le tracce di scarto di Humanoid, ce le fece riadattare e mise tutto nel disco...» Rivelò con una punta di amarezza nella voce. «Ma è una cosa...cioè...che schifo!» Disse lei, non trovando le parole adatte, da quel momento si era schierata dalla parte di fan che odiavano il manager. «Sì, uno schifo. A quel tempo non ci era neanche sfiorata di metterci in proprio, o di cambiare manager...» «Non potreste farlo ora?» Gli domandò Atena, arrivando alla macchinetta del caffè. «Non è così semplice. Quella è gente furba. Ci hanno rinnovato il contratto per altri quattro anni.» «Mi dispiace Bill. Non immaginavo che dietro ci fosse tutta questa...merda.» Mugugnò lei, mettendo la chiavetta nella macchina per il caffè; pigiò il tasto giusto ed attese l’uscita della bevanda. «Già, è stato un inferno. Tutti si aspettavano un altro successo, e dopo neanche ventiquattro ore la critica lo diede come il peggior album...» «Sì, lo ricordo bene. Ricordo che lo comprai una settimana dopo, per problemi di credito, e ribadivo che non avrei giudicato nulla fino all’ascolto. Quando lo sentii tutto fu uno shock. Il sound era praticamente uguale, le canzoni con le stesse parole, gli stessi significati, cambiava solo il titolo...» Ricordò lei, con un nodo alla gola; ascoltare quel CD fu veramente una pugnalata; per la prima volta non li aveva riconosciuti. «Mi dispiace.» Si scusò lui. «Figurati Bill, non è colpa vostra.» Lo rassicurò la ragazza, «Ora facciamo uscire questo benedetto video, e poi sono sicura che ripartirete alla grande. Me lo sento.» Aggiunse gonfiando il petto. «Sei una sensitiva?» Chiese lui alzando un sopraciglio. «No, una sognatrice.» Rispose Atena con una scrollata di spalle, Bill rise ,e l’aiutò con le tazze di caffè. Continua...Edited by .Jada. - 30/1/2010, 12:06
| | |
| |
|