Verschieden, Progetto fanfiction a sei mani

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Fee1702
view post Posted on 13/11/2009, 16:12




Progetto

Finalmente ci siamo, dopo lunghe discussioni, mal di testa, soddisfazioni e insuccessi, siamo riuscite a mettere in atto un progetto che avevo in mente da tempo e che si è sviluppato in tutti questi mesi.
L'idea di questa fanfiction a sei mani è partita dalla mia mente bacata (strano eh). Come avrete capito, mi piace sperimentare nuove cose e divertirmi. Per questo ho pensato di creare una fanfiction dove ogni protagonista fosse descritto da una scrittrice diversa, lasciando ad ognuno la libertà di descrivere caratteri e situazioni in maniera autonoma, seguendo però lo stesso filo conduttore. Le scrittrici che si sono prestate, otre a me sono:
Jada, blueNacht, Summer, Kate e Teti.
Non garantiamo che il risultato sarà quello sperato, è difficile, infatti, mettere d'accordo sei menti diverse. Noi, però, ci proviamo.
La fanfiction nascerà e verrà sviluppata sotto i vostri occhi. Potete dare consigli e dire cosa non vi convince.
Per incuriosirvi un po’, vi descrivo brevemente la trama, senza svelarvi però, ovviamente, le varie peripezie alle quali le protagoniste andranno incontro. Due sorelle ricchissime, figlie dei proprietari di un Hotel di lusso ed una loro cara amica, si scontreranno con due inservienti del loro stesso albergo. Due mondi completamente diversi, uno contraddistinto dallo sfarzo e dal luccichio del danaro, l'altro dalla fatica di andare avanti e dalla forza di volontà.
Non sanno che però ad accomunarle c'è la stessa passione: i Tokio Hotel.
Tra amori, litigi, tradimenti, amicizie vedremo come si svilupperà la storia di :
Charlize, Ashley, Megan, Elizabeth, Anabel ed Eva.
Eccovi il prologo. A prestissimo con il primo capitolo! Con la speranza che questo progetto possa piacervi, vi lascio alla lettura.




Prologo

Il bianco ed il nero, il ghiaccio ed il fuoco, il giorno e la notte; cosa accomuna tutto ciò?
La diversità.
Charlize, Ashley, Megan, Anabel, Elizabeth ed Eva, apparentemente sono come il bianco ed il nero: le prime tre, appartengono all'élite di Berlino, sono belle, sono ricche e sono viziate, le altre due sono delle ragazze completamente normali, che si guadagnano da vivere lavorando e che, pur sognando una vita migliore, sono felici di essere così, l'altra è la traduttrice di una delle band più famose del mondo.
Ma allora cos'è che le accomuna?! La passione.
Un mondo in cui esiste ciò che non penseresti possibile, osa vivere.
Crederesti che l'odio può scoprire l'amore?
Che l'antipatia riesce ad accarezzare l'amicizia?
Che la sofferenza può accarezzare la passione?
Crederesti che la ricchezza può invidiare la povertà?
Se chiudi gli occhi, puoi provare a pensarci e scoprire che in un'altra realtà tutto ciò è vita.
Tutto questo è Verschieden
...

 
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.Jada.
view post Posted on 13/11/2009, 17:09




Questa FF la amo.
Per me rappresenta qualcosa di bello.
Grazie a lei sono nate amicizie indissolubili.
Grazie a lei ho trovato una sorella, una cognata un gruppo di amiche con le quali mi sento a casa.

E se questo esperimento andrà male (facciamo le corna), ci sarà rimasto dentro qualcosa, ci avrà fatto capire che, a priscinde dalle differenze sociali, culturali ecc, si può essere vermente una famiglia.
 
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Kate ~
view post Posted on 13/11/2009, 20:04




Che emozione *_*
Abbiamo coltivato questa FF per mesi e lo stiamo ancora facendo... spero piaccia!
E se anche non dovesse piacere, non importa: piace a noi e l'abbiamo scritta con il cuore U_U
 
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.Jada.
view post Posted on 13/11/2009, 20:50




Questo capitolo l'abbiamo scritto io e blueNacht.
Alla fine ci sono le presentazioni dei personaggi.
Speriamo che sia di vostro gradimento.



Capitolo 1
(Prima parte)



Si era svegliata presto, con le coperte completamente buttate da un lato e le braccia avvolte al cuscino, come se da un momento all’altro avesse avuto bisogno di un sostegno fisico.
Quella notte non aveva dormito niente, e la stanchezza si faceva sentire già tra i primi minuti delle cinque del pomeriggio, mentre sentiva Elizabeth bofonchiare esasperata, gesticolando in aria qualcosa di incomprensibile.
La vedeva frugare cassetti, fermarsi e ricominciare a camminare, poggiando, ogni tanto, una mano lungo il mento, per potersi ricordare cosa avesse perso.
Anabel sospirò per l’ennesima volta, girandosi verso la finestra, ad osservare per quanto tempo la pioggia sarebbe rimasta sui cieli di Berlino.
Non si era mai scordata, in tutti questi anni, quanto potesse esser rilassante il suono dello sbattere delle gocce contro il vetro, mentre gli ombrelli delle persone si muovevano disordinati, e gli ultimi uccelli si riparavano sotto i cornicioni.
«Ecco, trovato». La rossa si fece spazio con le mani lungo l’armadio, pescando, dal fondo, un affare simile ad un album fotografico, completamente immerso dalla polvere.
Anabel rise, voltandosi verso l’amica. «Cos’è?»
«Il nostro vecchio libro delle foto, ricordi?» rispose Elizabeth.
La mora si alzò dalla sedia, sorridendo. «Sì, ricordo come fosse ieri»
Lizie rise, incominciando a sfogliare le pagine. «Guarda, il nostro primo giro per le vie di Berlino»
«E’ stato il giorno in cui ti vidi per la prima volta con un gelato in faccia» rispose Anabel, prendendo la fotografia. «Che piccina» sorrise.
Elizabeth sbuffò. «Non ero piccola, avevo 18 anni»
«Appunto, lo sei ancora. Sono passati solo due anni» sottolineò la mora, ridendo.
«Sei tu troppo vecchia, io sono nella norma» bofonchiò Lizie, muovendo la mano in aria con nonchalance.
Anabel rise, sdraiandosi nel divano. «E’ passata un’eternità dal quel giorno»
Eppure, se la ricordava ancora quella giornata di sole, mentre riguardava, con nostalgia, le due giovani ragazze nella foto, invecchiate da una carta lucida ormai succube del tempo.

«Oddio Bell, ci siamo perse»
Era così che aveva incominciato a chiamare Anabel, ma lei non se n’era accorta; era troppo impegnata a sfogliare la mappa della città per dare ascolto alle richieste esasperate dell’amica.
«Bell?»
La mora si voltò lentamente, alzando gli occhi dalla mappa geografica. “Sì?”
«Ci siamo perse» biascicò Elizabeth.
Anabel sorrise, piegando la cartina e riponendola in borsa. «No, è solo la città che ha cambiato posizione»
«Non c’è niente da ridere. Delle povere ragazze come noi si son perse a Berlino, non sanno come uscirne, e questo gelato al cioccolato sta incominciando a sciogliersi troppo presto”» sbuffò, leccando i rimasugli che scendevano dal cono.
Anabel rise di nuovo, prendendo l’amica sotto braccio. «Suvvia, tutte le strade portano a Berlino»
«No, tutte le strade portano a Roma. E poi, noi siamo già a Berlino» bofonchiò Lizie.
«Piccoli ed inutili particolari» deviò la mora, incominciando a camminare.
«Ed ora, dove andiamo?»
Anabel rise, sistemandosi una ciocca di capelli. «Non lo so. Arriveremo da qualche parte prima o poi»


In realtà, aveva sempre saputo dove si stessero dirigendo. Di certo, non avrebbe messo a rischio la sua incolumità e quella di Lizie per un’incosciente curiosità. Eppure, le piaceva scherzare con lei, e le piaceva vedere la sua faccia contorcersi in piccoli mugugni esasperati, mentre cercava di leccare il più velocemente possibile quell’immensa palla di gelato.

«E se qualcuno ci rubasse?» domandò Lizie, bloccandosi all’improvviso.
Anabel contorse le labbra, pensando. «Oh, non lo farebbero»
«Perché?»
La mora rise. «Beh, vedendo il carattere che ci ritroviamo, non credo gli converrebbe»
Elizabeth sorrise, continuando a camminare. «Già, poveri loro»


L’ingenuità iniziale di Lizie la faceva sempre ridere, ma quel che più le piaceva di quella ragazza, era l’irrefrenabile originalità nel fare le cose.

Quel giorno, alla fine, si erano ritrovate a camminare per la via principale di Berlino, fermandosi ogni cinque secondi per immortalare, in una foto, le meravigliose emozioni che provavano nel solcare due metri.
«Guarda, quello non è Gustav Schäfer dei Tokio Hotel?» domandò Bell, fermandosi ad ammirare un cartellone.
Lizie girò su se stessa, facendo roteare pericolosamente la palla di gelato lungo la traiettoria circolare. «Dove?»
Anabel rise. «Lì»
«Dove lo ved-» La rossa si bloccò improvvisamente, chinandosi sulle ginocchia. «Bell, hai un fazzoletto?»
Anabel si piegò verso di lei, porgendole il tovagliolo del cono. «L’hai visto?»
«No, mi son completamente imbrattata la faccia di gelato» bofonchiò, pulendosi il viso.
«Oddio, come hai fatto?» rise pesantemente.
Elizabeth sbuffò. «Non ridere» disse, alzandosi imbarazzata. «Stavo cercando di ammirare il panorama da te indicato, quando mi son accorta di aver girato troppo velocemente»
Anabel si asciugò una lacrima, cercando di trattenersi. «Sei assurda»
«Lo so» sorrise, continuando a camminare tra una macchia e l’altra.


Dopotutto, ancora se lo ricordava l’esatto momento, in cui, mentre Lizie si puliva, le aveva scattato una foto, inconscia dell’alto contenuto ricattante che ci potesse essere.
«Dovevi vederti, eri buffissima» rise Anabel, indicando la faccia in questione, completamente colma di gelato al cacao.
Elisabeth contorse la bocca in un ghigno, sorridendo. «Questo è niente in confronto alle tue meravigliose scene»

«Bell, è un ora che giriamo per il negozio...» si lamentò la rossa.
«Voglio compare qualcosa di uguale, e finché non lo trovo non ci muoviamo da qui.» ripeté Anabel per la trentesima volta; si era messa in testa che le ragazze dovessero possedere qualcosa di loro, ma non il solito braccialetto, il solito mezzo cuore, bensì qualcosa di speciale, speciale come la loro amicizia, «Ma io ho mal di piedi!» si lamentò Lizie; sapeva bene che Anabel, sarebbe stata capace di girare per il negozio altre trenta volte, finchè non avrebbe trovato qualcosa di adatto, la sua cocciutaggine non conosceva rivali; perciò alla ragazza non rimaneva altro che sedersi, tirare fuori la digitale e scattare alcune foto, del tutto inutili, ai suoi piedi.
«Trovato!» urlò la mora, zampettando allegramente verso l'amica, «Che ne dici?» chiese sventolando davanti gli occhi della rossa due sciarpe di lana, quella lana pesante, l'unica che riesce a tenerti caldo nelle gelide mattinate di Berlino.
«Alleluja!» cantilenò Lizie con un sorriso, scattando una foto.



«E questa?» chiese Anabel alzando il sopraciglio destro.
«Come non te la ricordi?!» rise Lizie, prendendo tra le mani una foto molto recente.
«Si che mi ricordo, e mi ricordo anche di averla cancellata dal tuo pc.»
La rossa sbatté le palpebre velocemente, «Suvvia, la prima foto del nostro primo concerto assieme, valeva la pena tenerla.» le disse con un sorriso.
«Si ma, guarda com'ero conciata!» si lamentò la mora mettendo un finto broncio.
«Ma falla finita, sei bellissima!»

«Corri Bell, corri!» urlava la rossa tenendo per mano l'amica; i cancelli erano stati appena aperti, ed una massa di gente correva per cercare di accaparrarsi il posto più vicino al palco.
«Oddio che fatica!» biascicò Anabel una volta arrivate davanti la transenna, la prima fila era loro, e nessuno le avrebbe schiodate di li. Lizie si accasciò sulla transenna, le spalle si alzavano e si abbassavano velocemente, la mora, a quella vista, strabuzzò gli occhi.
«Lizie ti senti male?!» chiese con una punta di paura nella voce, ma la Elizabeth alzò la testa e la sua risata si espanse per tutto il palazzetto.
«Oddio, devi vedere la tua faccia!» esclamò, mentre si teneva la pancia con le braccia.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» urlò la mora, poi si rese conto delle parole dell'amica, prese lo specchietto dallo zaino e, guardando il suo riflesso, scoppiò a ridere anche lei.
«Sono sicura che Georg si accorgerà di te!» la prese ancora in giro Lizie, asciugandosi gli occhi.
«Smettila cretina, Georg mi noterà per altre cose.» esclamò alzando un sopraciglio, e facendo ridere di nuovo Elizabeth.
Aspettarono l'entrata dei ragazzi così, prendendosi in giro e ridendo, e quando iniziò il concerto si presero per mano. Stettero un ora e mezza così, mano nella mano, cantando e ridendo, senza piangere, ma con il sorriso sulle labbra. Cantarono a squarcia gola Elizabeth e Anabel, sentivano che, in quel momento, stavano dando ogni fibra del loro essere a quei quattro ragazzi, ed erano felici di farlo insieme.



«Ah, ti devo dire una cosa.» disse Lizie alzandosi dal divano ed assumendo un aria molto seria; quelle foto le avevano fatto ricordare una cosa importante, molto importante.
«Cos'hai combinato?» domandò la mora, che conosceva fin troppo bene quegli occhi.
«Nulla...» rispose Elizabeth guardandosi la punta dei piedi, «ho solo...ho solo preso due biglietti per il prossimo concerti di Berlino dei Tokio Hotel.» aggiunse guardando di sottecchi la mora, che, intanto, aveva fatto cadere l'album delle foto.
«Oh mio dio, come li hai trovati, era tutto sold-out.» urlò Anabel correndo ad abbracciare Lizie.
«Li ho comprati da una ragazza che non poteva più andarci...Siamo nella fossa Bell! Ti rendi conto!» La rossa rispose all'abbraccio dell'amica, li avrebbero rivisti, un'altra volta, ma entrambe sentivano che, quella volta, sarebbe stato diverso.
«C'è solo un problema...» disse sottovoce Anabel.
«Quale?»
«Noi quel giorno lavoriamo...» sospirò la mora.
Delle volte il destino era un po' bastardo, l'avevano sempre saputo loro, e quella volta non si era fatto scrupoli a distruggere, con pochi secondi, la felicità delle due ragazze, che ora si guardavano, una con gli occhi lucidi, l'altra con le labbra arricciate. Stava cercando di rimediare Anabel, lei non si era mai piegata al volere del destino, in qualche modo riusciva sempre a raggirarlo, e ci sarebbe riuscita anche questa volta....

Continua...

____



Nome: Anabel
Cognome: Meyer
Anni: 24
Occhi: Azzurri
Capelli: Castani
Altezza: 1.74
Segni particolari: Ferita nell'animo e due tatuaggi: uno dietro il collo, rappresentante una fenice in volo tra rami di fiori di ciliegio, e una scritta nell'avambraccio destro.

SPOILER (click to view)


Alcune di voi la odieranno, altre la ameranno.
Ognuno ha i suoi pensieri, ognuno ha le sue parole.



Dopotutto, c'era una volta Anabel...

Odio le presentazioni. Odio qualsiasi cosa che metta in risalto solo una piccola parte di ciò che sono; perché alla fine, non mi conoscerete mai abbastanza.
Ho vissuto tre quarti della mia vita ad arrampicarmi in sogni di polvere, mentre mio padre si ubriacava in un bar, e mia madre cercava con morbosità altri uomini.
Le mie uniche forze erano quelle di dimenticare ciò che ero, ciò da cui provenivo, e provare a spiccare il volo verso un qualcosa che non potevano permettersi, un qualcosa che mi rendesse diversa da loro.
Sono stata un'interprete una volta, quando ancora potevo scegliere il corso di lingue, ed il banco di legno in cui dimenticare.
Ma non mi avevano lasciata andare, nemmeno quella volta.
Vidi il mio futuro infrangersi nel momento in cui mio padre si presentò nell'aula dell'Università, sbraitando con vigore ed agitando la verde bottiglia di birra, con quel marchio di rosa rossa impresso nella carta come fosse sangue.
Non passò molto tempo dal giorno in cui il Rettore mi invitò gentilmente ad abbandonare il mio corso di studi, ma non me ne rendo conto nemmeno ora, mentre osservo la mia stanza vuota e ricordo quanto son lontane le pareti.
A dir la verità, non avrei mai immaginato, un giorno, di ritrovarmi a lavorare in un famoso Hotel, con la persona a cui dedico il mio piccolo cuore.
Lizie, la mia piccola stella, la mia dolce ragazza, che mi è stata donata un poco così. Forse per bisogno, forse per pura coincidenza.
Ricordo ancora il giorno in cui scappai dalla mia città, consumando il giornale per cercare un qualsiasi annuncio che mi desse la possibilità di vivere come non avevo mai fatto, e lo trovai.
Trovai l'albergo, trovai la casa, trovai lei.
E adesso che questa dimora non è più vuota come una volta, adesso che non sento più le urla di mio padre verso un muro bianco, Elisabeth riempie le mie giornate di emozioni, risate, vibrazioni che nessuno mi può dare.
Sapete, ogni tanto mi piace sfogliare le fotografie che io e Lizie scattiamo, perché guardandole, realizzo dentro di me che quelle immagini, quei momenti, siano accaduti veramente, tra le strade di questa città, tra le panchine del nostro parco.
E mi diverto, poi, ad intrufolarmi tra le sue risate, e nascondermi sotto le coperte con la musica tra i pensieri, ricordando notti di concerti clandestini in mezzo alle stelle.
Non ho mai creduto alle favole, o a quegli stratagemmi inventati dalle persone per farne felice un'altra, perché son sicura che tutto prima o poi accadrà, anche quando i tulipani rossi che ora vedo davanti al balcone non riescono ad aprire i loro fragili petali.
Ma ci sarà un tempo, in cui troverò un qualcosa per cui sarò disposta a morire come schiuma tra le onde, un tempo in cui cadranno quei muri bianchi che circondano le mie spalle, un tempo in cui rivedrò il mio sorriso allo specchio, senza cercare di trovarlo tra le labbra della mia dolce ragazza.
Dopotutto, un giorno sarò forte anche io, e di questo, nel tempo, nessuno me ne priverà.

**

Nome: Elizabeth, ma chiamatemi Lizie
Cognome: Hale
Anni: 20
Occhi:
Azzurri
Capelli: Rossi
Altezza: 1.65
Segni particolari: Träumerin, sognatrice

SPOILER (click to view)


Non c'è molto da raccontare riguardo la mia vita, o forse si, dipende dai punti di vista; se vi piacciono le belle storie, quelle fatte di principi azzurri e cavalli bianchi, allora tornate indietro, qui non troverete nulla di tutto questo.
Sono una sognatrice, perchè la vita reale è troppo brutta per essere vissuta.
I miei genitori morirono quando avevo 16 anni, e da quel giorno venni sbattuta qui e li a casa di vari parenti.
L'ultima casa in cui sono stata ospitata era quella di zia Clara, un'allegra vecchietta, sfortunatamente, cinque giorni dopo il mio diciottesimo compleanno, morì.
Oramai ero maggiorenne e potevo smetterla con questi continui traslochi, così decisi di cercare un appartamento tutto mio.
Un giorno andai in un agenzia e l'agente immobiliare mi fece vedere una casa, piccola ed economica; non ci accorgemmo però, che li dentro c'era già un suo collega con un'altra cliente, a testa bassa feci per uscire, ma quella ragazza mi chiamò e dopo una breve chiacchierata decidemmo di prendere la casa in due, in questo modo, anche le spese sarebbero state dimezzate.
Fu così che conobbi Anabel, lei è la sorella che non ho mai avuto, è la madre che, troppo prematuramente, mi è stata portata via, è l'amica fedele che mai mi tradirà, la collega con cui bere un caffè.
La mia vita è una continua routine, lavoro, casa, casa, lavoro; raramente andiamo in qualche locale, ma è meglio così, io amo la tranquillità, alla musica psichedelica preferisco un buon libro.

Credo nell'amore, in quello a prima vista, anche se non sono mai stata con nessun ragazzo, poiché venivo considerata “l'orfanella”, ma sono del parere che ognuno di noi sia destinato a qualcosa e a qualcuno, per cui non demordo, so che prima o poi, un principe azzurro verrà in mio soccorso e mi porterà con se nel suo bel castello.
Per il momento mi accontento di vivere la mia vita con semplicità, scattando, con la mia fedele macchinetta, ogni cosa bella che mi passa sotto gli occhi, perchè ho imparato che la vita, troppo breve per essere vissuta la meglio, è fatta di attimi, ed è bello, ogni tanto, fermarsi a guardare quelle foto che racchiudono momenti felici.
 
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....:GiulY:....
view post Posted on 13/11/2009, 21:20




Mi incuriosisce molto, continua!Anzi: continuate ;-)
 
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view post Posted on 15/11/2009, 21:46
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Dare to dream

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Questo capitolo è stato scritto da me e da Fee1702.
Anche in questo caso trovate le schede dei personaggi alla fine.
Buona lettura! ^^


Capitolo 1
(seconda parte)



«CHARLIE!!! »
No... No... No, no!
Quella non era sua sorella che urlava, vero? E non erano le nove del mattino, vero? Ed in particolare, non erano le nove di DOMENICA mattina, VERO?!
Ma poi ci pensò su, per quanto le fosse possibile a quell’ora.
Solo una persona poteva chiamarla “Charlie”, solo una persona poteva strillare come una pazza in camera sua all’alba, sì perché per lei le “nove” di domenica erano ancora l’alba.
La domenica era abituata a dormire fino al primo pomeriggio, ad indicarlo c’era sempre la scritta appesa alla porta della sua suite: “Don’t disturb”.
E quello, più che un consiglio era un vero e proprio ordine, nessuno si azzardava a bussare alla porta o accennare al minimo segno di comunicazione con una Charlize ancora in fase rem. O meglio, nessuno tranne... lei.
«CHARLIE!!!» Continuò imperterrita una Ashley sull’orlo di una crisi di nervi.
«Giurami che non stai facendo quello che stai facendo, giurami che non mi stai svegliando e che io sto solo vivendo un incubo, allora potrò risparmiarti la vita». Digrignò la bionda ancora soffocata nel morbido cuscino di lino.
«Ma Charlie »Mormorò in maniera felina Ashley, sbattendo le ciglia.
«Che vuoi?! »Ringhiò la sorella.
«Ti devo parlare, è importante »continuò facendo il faccino da cucciolo indifeso
«Ashley ti avverto, se mi devi parlare ancora di quello, ti strozzo! »
Non riusciva a credere che sua sorella si fosse davvero innamorata di un sogno, di un qualcosa di irraggiungibile. Charlize voleva vederla felice, sua sorella era la persona più importante del mondo per lei, per questo non sopportava il fatto che dedicasse ogni suo istante a pensare a quell’individuo strano e inesistente. Per Charlie non era altro che quello.
Quello che non puoi toccare, o almeno vedere, non esiste. Probabilmente avrebbe potuto scrivere il manuale della perfetta materialista.
«Ti prego, ti prego, ti prego piagnucolò la mora con le lacrime agli occhi, destando la sorella dai suoi pensieri.
«E va bene! Ma tu guarda che sorella rompiballe mi doveva capitare!" disse Charlize tirandosi su e appoggiandosi allo schienale per ascoltare meglio.
«Allora? Vuoi un invito scritto o ti muovi a parlare? » continuò in preda ad una rabbia furibonda per essere stata riportata in vita dalla sua fase “rem”.
«Scusa» rispose la sorella bianca in viso per la paura di quello che stava per chiederle .
«E' che... ecco... »
«Ashley!" tuonò la minore sempre meno comprensiva.
«C'è un concerto dei Tokio Hotel e io vorrei tanto andarci » sussurrò la mora con lo sguardo basso.
Proprio come pensava... C’era di nuovo di mezzo lui. Ma ancora non si spiegava perché doveva dirlo proprio a lei.
«Da quando mi chiedi il permesso per fare le cose? » disse Charlize non nascondendo un vistoso sbadiglio.
«E' che insomma... non me la sento di andare da sola, sai ci sarà LUI e io ho bisogno di te » balbettò la maggiore facendo alla sorella un dolce sorriso.
Davvero le aveva chiesto quello?
«No Ashley non pensarci nemmeno! »
Rispose la bionda senza pensarci un istante. Poi si voltò verso la sorella maggiore e la vide così piccola, così fragile, mentre con una mano stringeva le lenzuola del suo letto e mordeva il labbro inferiore. Ashley era la maggiore, ma Charlize si era dimostrata sempre più forte, almeno in apparenza e, per questo motivo, si sentiva in grado e in dovere di proteggerla. Poi vide il viso della sorella contrarsi in un’espressione implorante.
No, non guardarmi in quel modo, sai che ti voglio bene ma non mi puoi chiedere questo! »
«A me nemmeno piacciono quei quattro sfigati!» incalzò la bionda.
«Charlie per favore, chiedimi in cambio quello che vuoi » piagnucolò la mora facendo un faccino sempre più smarrito.
«Non voglio nulla, solo che tu ti tolga della testa quell’ essere assurdo!» ribadì Charlize con sguardo serio.
«Charlie... ti prego dammi solo la possibilità di essere felice, ti chiedo solo questo. So che tu non credi più nell'amore, ma per favore, fammi fare le mie scelte da sola. Può essere da pazzi, può essere da ingenui, può essere da bambini sperare che uno bello e famoso come lui si accorga di me, ma ti prego, lui per me è importante come mai nessuno lo è stato prima, aiutami Charlie... »
Ashley disse quelle parole lentamente, ma con una fermezza e una convinzione che Charlize non aveva mai visto così nitidamente nei suoi occhi.
Le tremavano le ginocchia a sentir parlare Ashley di “amore” nei confronti di uno sconosciuto, non riusciva proprio a concepirlo, ma colpita da tutta quella sua determinazione non potè far altro che cedere, in fondo alla fine con lei cedeva sempre, era l'unica persona alla quale poteva dire di voler bene incondizionatamente e se l’accompagnarla l’avrebbe fatta felice, avrebbe acconsentito.
«Ok, va bene, ma ricordati che lo faccio solo per te, quindi non chiedermi di cantare, di saltare o cose varie al concerto, ok?» Disse la bionda non trattenendo una risata.
Ashley non le rispose nemmeno, non era necessario, si limitò a stringerla forte e a sussurrarle all'orecchio: «Grazie, ti voglio bene».

Continua...

______


Nome: Charlize Rachel
Cognome: Schneider
Anni: 20
Occhi: azzurri
Capelli:biondi
Altezza: 1. 73
Segni particolari: Semplicementa perfetta

SPOILER (click to view)

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La odiereta già lo so xD
Questo comunque è il mio personaggio femminile, vi lascio un assaggio di lei, per farvi un'idea. Piano piano lo svilupperò. (Fee1702)


Beh, chi sono io?
Charlize Rachel Schneider? No. Non solo.
Io sono fascino, sono eleganza, sono rabbia, sono vendetta, sono bellezza. Troppe arie? No, sono solo realista, è l’assoluta verità.
Ho vent’anni, ma ne ho sempre dimostrati molto di più. Fin da bambina ho sempre voluto apparire più grande delle mie coetanee, superiore in un certo senso.
Sono molto sicura di me, come avrete capito, ma del resto è così che mi hanno abituato. Sono stata servita e riverita sin dalla nascita, ho sempre avuto tutto ciò che desideravo, a partire dagli uomini. Sì perché a me basta uno schiocco delle dita per averli ai miei piedi. Invidia eh? Beh, non vi biasimo.
Vivo nella suite dell’albergo dei miei genitori. Il più lussuoso di Berlino con mia sorella Ashlee, l’unica persona, insieme a Megan, mia compagna di (dis)avventure, senza la quale non potrei vivere.
Da circa un anno studio per diventare attrice, sarebbe il mio più grande sogno. Sdoppiarmi in tante persone diverse per entrare nella mente di personalità opposte alla mia. Sono molto testarda, quindi, anche se la meta è difficile da raggiungere, ce la farò. Ne sono sicura.
Ho amato una volta sola nella vita. Frederich… Si chiamava così.
Ho creduto di aver trovato quello che le anime romantiche definiscono: “Il grande amore”.
Beh, ora so per certo che si tratta di una grande stronzata.
Era dolce, lo era davvero. Mi aveva riempito la stanza di fiori, mi faceva trovare delle rose bianche ogni mattina di fronte alla porta. Mi chiamava “la sua metà”, a pensarci adesso mi viene una carie ad ogni ricordo.
Ho passato con lui tre anni della mia vita, tre anni di magia, di favola. Ma si sa, ogni favola prima o poi termina e per me non terminò con un lieto fine.
Lo vidi nella sua macchina quel bastardo. Mi avvicinai in silenzio, volevo fargli una sorpresa, ma fu lui a farla a me.
Era seduto nei sedili posteriori e accanto una stronza si stava vestendo.
Fu da quel momento che decidi che tutto il genere maschile avrebbe pagato per quello che aveva fatto lui. Non mi sono più innamorata, mai più.
Molti ragazzi sono entrati nella mia camera, ma nessuno è entrato più nel mio cuore, lì ci sono solo io. Perché solo io merito me stessa.


Edited by °Summer° - 1/4/2010, 22:08
 
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BuffyTH_89
view post Posted on 16/11/2009, 16:03




Ebbrave ragazze, finalmente possiamo cominciare a godere dei frutti delle vostre fatiche XDDD

E' appena iniziata ma già mi intriga molto, e mi piace tantissimo come avete creato e descritto tutti questi personaggi diversi. Voglio proprio vedere come le loro esistenze si intrecceranno in questa storia^^
Attendo il seguito, per ora brave! Me vi ama <3
 
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Kate ~
view post Posted on 16/11/2009, 20:57




Ed ecco il secondo capitolo, scritto solo da me.
Troverete la scheda del personaggio, come sempre, in fondo.
Spero vi piaccia! Buon lettura ^^

Capitolo 2



Quella mattina, Eva si svegliò con un gran mal di testa. La sera prima aveva tirato tardi con To¬m perché il ragazzo aveva una gran voglia di parlare ed Eva lo assecondava sempre. Parlare, per Tom, significava borbottare parole gesticolando, fumando, bevendo e, a volte, passeggiando avanti e indietro per la stanza.
Eva adorava questi momenti, che chiamava scherzosamente “la purga”, riferendosi al fatto che Tom sembrava svuotarsi di tutti i suoi affanni quando passava una serata in sua compagnia, dato che in lei vedeva l’amica e la sorella che non aveva mai avuto. Certamente Tom non poteva definirsi un ragazzo solo, dal momento che l’adorato gemello Bill e i suoi amici gli erano sempre accanto, ma non si era mai confrontato veramente con una persona del sesso opposto e in lei aveva trovato tutto quello che gli mancava.

Fra i due non c’era mai stato nulla che andasse oltre alla stima e all’affetto reciproci. Si volevano bene ma non si desideravano. Erano amici e capitava anche che delle notti si addormentassero nello stesso letto, ma il loro era un rapporto platonico e assolutamente innocente, contrariamente a quanto si potesse pensare.

La sua fama di playboy lo precedeva ed Eva, inizialmente, nutriva poca simpatia per il bel rasta, che la guardava sempre con fare languido e non lesinava qualche battutina. In seguito, solo pochi mesi dopo il suo ingresso nel “team Tokio Hotel”, aveva scorto una luce diversa nei suoi occhi color nocciola. Si erano avvicinati, timidamente, in una tiepida sera primaverile mentre sostavano nell’ennesimo hotel. Tom l’aveva raggiunta sulla terrazza del lussuoso albergo, con il pretesto di farle compagnia. In realtà era desideroso quanto lei di poterla conoscere un po’ meglio. La chiacchierata era durata quasi due ore e, da quella sera, era nato un sodalizio. Quando Tom era con lei, tornava il ragazzo sconosciuto che era stato fino a qualche anno prima, lasciandosi andare a confidenze che non avrebbe mai creduto di fare a qualcuno che non fosse Bill.

Eva poggiò i piedi giù dal letto, si stiracchiò alla bell’è meglio e diede un colpetto alla spalla di Tom, che si era addormentato sul suo letto senza però stendersi sotto le coperte.
La ragazza, la sera prima, non aveva voluto svegliarlo per spedirlo nella sua stanza, così l’aveva coperto con un plaid di lana e si era addormentata a sua volta, sdraiandosi però sotto le lenzuola.
«Tom, muoviti» lo chiamò, dandogli un altro piccolo spintone. Il ragazzo aprì gli occhi e se li stropicciò con una mano, mugugnando qualcosa di incomprensibile. Eva proseguì: «Alle dieci avete l’intervista con quel tizio, quello del giornale francese. Sono le nove…»
«Cazzo!» Tom si fiondò giù dal letto, salutò velocemente Eva e corse nella sua stanza. La ragazza, guardandolo sgattaiolare via, sorrise.

Non si sentiva così felice da anni e doveva tutto a quei quattro ragazzi che l’avevano accolta nella loro squadra come fosse un gattino abbandonato. A dire il vero, non aveva molto in comune con un povero gattino, tranne per il fatto che possedeva gli artigli che sapeva tirare fuori, all’occorrenza.
Dopo una rapida doccia scese nella sala ristorante dell’hotel per la colazione. Georg e Gustav erano già seduti al tavolo e quando la videro varcare la soglia, le sorrisero. Si accomodò accanto al batterista ed ordinò del caffè macchiato prima di iniziare a sbocconcellare un croissant.
«Notte intensa?» ridacchiò Gustav, scrutandole il viso.
«Tom aveva voglia di chiacchierare… non so perché ma riesce sempre a farmi capitolare» rispose, sorridendo «Non fa in tempo a bussare che sono già pronta ad ascoltarlo per ore»
Proprio in quell’istante, i gemelli fecero il loro ingresso nella sala da pranzo, seguiti da Toby.
«Ecco, si parla del diavolo…» aggiunse Eva.
«Che ho fatto?» chiese Tom, sedendosi accanto a lei.
«Dicevo che ieri sera mi hai fatto tirare tardi!»
«Io?» sghignazzò.
«Esattamente!» poi si alzò e disse, risoluta «Vado nella hall ad aspettare il giornalista. Non fate tardi, mi raccomando. I francesi son pignoli»

L’intervista durò mezz’ora, il tempo stabilito dalla casa discografica, dopodiché i ragazzi si recarono allo studio di registrazione, come ogni giorno, per poter terminare il loro nuovo disco, atteso da mezzo mondo. In quei momenti, Eva ne approfittava per rilassarsi con un buon libro, adagiata comodamente sul divano della sala.
Amava quel lavoro che si era trasformato in una sorta di avventura. Non avrebbe mai creduto di poter girare il mondo al seguito di una band, senza farne parte. Pensava che, fallito il suo tentativo di sfondare nel mondo della musica, sarebbe stata destinata ad un palloso impiego d’ufficio, chiusa in una triste stanza grigia.

Tra una pagina e l’altra dell’ultimo romanzo di uno dei suoi autori preferiti, si rese conto che doveva a quei ragazzi molto di più di quanto si potesse immaginare. Specie ad uno di loro che, negli ultimi mesi, occupava gran parte dei suoi pensieri senza nemmeno saperlo.

Continua...

____



SPOILER (click to view)
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Eva è inspiegabile. Eva è solo Eva. A tratti vi piacerà, forse la invidierete, forse vi farà tenerezza oppure, forse, vi farà arrabbiare. Ma lei, qualsiasi cosa faccia, è solo e semplicemente Eva. (Kate)


Nome: Eva
Cognome:Chiari
Età: 23
Altezza: 1.63
Peso: 48 kg
Occhi: verdi
Capelli: neri
Segni particolari: tre piercing e una gran voglia di sognare...


Sono Eva, ho ventitrè anni suonati e volevo fare la rockstar ma la vita ha deciso che mi sarei dovuta accontentare della gloria riflessa.
Mi godo le luci del palcoscenico, le urla del pubblico e l’emozione della diretta da dietro le quinte, dal momento che sono la traduttrice ufficiale di uno dei gruppi più famosi della Germania e li seguo, quasi come fossi la loro ombra.

Sono nata a Oberhausen, ma i miei genitori sono italiani, trasferitisi in Germania per motivi di lavoro. Ho una sorella maggiore che è tutto quello che io non sarò mai. Sembra una principessa, si comporta come una principessa e io la detesto. Quando eravamo bambine, ci adoravamo, ma nel periodo dell'adolescenza le cose sono precipitate e le nostre strade si sono divise.

Al compimento della maggiore età ho messo da parte i libri e sono partita alla ricerca del successo, con le mie amiche storiche. Mio padre mi ha urlato dietro un monito che, pressappoco, suonava così “Non tornare a piangere, quando fallirai! Dovresti prendere esempio da tua sorella e laurearti!”
Sono uscita sbattendo la porta, mentre mia madre mi implorava di restare e mia sorella, quella stronza, ridacchiava sotto ai baffi.
Del resto, suonavamo da anni e pensavamo di avere le carte in regola per farcela, ma evidentemente il mondo non era ancora pronto per noi.

Il mio primo piercing risale a quel periodo, quando credevo di poter conquistare il mondo solo con la mia voce. Gli altri due, invece, li ho fatti quando il sogno si è infranto. Volevo comunque ricordarmi quel periodo, come una delle più fantastiche e cazzute fasi della mia vita.

Sono tornata in Germania con la coda fra le gambe solo due anni dopo e ho cominciato a lavorare come roadie, al seguito di un gruppo metal tedesco. Tra un viaggio e l’altro, ho imparato quattro lingue da autodidatta e, a ventidue anni, ho deciso di fermarmi.

Mi sono iscritta ad un corso atto alla formazione di traduttori professionali e, in meno di un anno, ho ottenuto il tanto sognato (dai miei genitori) pezzo di carta che mi conferiva un titolo preciso. Stronzate, a me non è mai importato un fico secco di queste stupide riconoscenze, tutto quello che so l’ho imparato per conto mio e, per questo, non mi sento inferiore a coloro che hanno studiato per anni chiusi nella severa università della capitale.
Ho imparato l’inglese già alle superiori e l’ho perfezionato nel corso della mia “tournee” mal riuscita, vivendo a stretto contatto con il popolo d’oltremanica. Il francese e lo spagnolo, invece, li ho imparati quando lavoravo come roadie e, modestia a parte, conosco abbastanza bene anche il russo, perché la ragazza di Matt, il frontman della band con cui ho viaggiato per due anni, è di Mosca.

Quasi due anni fa, appunto, ho ottenuto un posto di lavoro alla Universal in veste di traduttrice. Mi hanno ingaggiato un paio di volte, per aiutare alcuni gruppi durante le interviste, fino a che non sono arrivati loro…

Era un pomeriggio di merda, non vedevo l’ora di tornarmene a casa (anche se chiamare casa quel buco è davvero eccessivo) quando il capo, Mr. Friedman, mi ha chiesto se potevo raggiungerlo in ufficio.
Nell’esatto momento in cui il mio piede destro ha varcato la soglia della porta del suo ufficio, la mia vita è cambiata.
Ho conosciuto così i Tokio Hotel, quei quattro crucchetti che, adesso, sono tutta la mia famiglia. Per i primi mesi si servivano di me come traduttrice occasionale ma quando gli impegni sono aumentati, la mia presenza è diventata indispensabile.
E’ un anno e mezzo, ormai, che vivo su e giù per il mondo, dentro e fuori da grandi hotel che, se non fosse stato per loro, non avrei di sicuro mai visto.

Quello che era iniziato come un normale rapporto di lavoro, è diventato un vero e proprio sodalizio. Siamo diventati amici, amici veri.
Ho confidato a loro, nelle notti buie passate in viaggio, paure e sentimenti che avevo nascosto per anni.
Devo ammettere che ho sviluppato una sorta di dipendenza nei loro confronti e la cosa un po’ mi spaventa, ma sono certa che, qualsiasi cosa accadrà, non ci lasceremo mai.
Anche perché, da un paio di mesi a questa parte, uno di loro si è fatto strada anche nella mia anima…
 
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....:GiulY:....
view post Posted on 16/11/2009, 21:23




Bellissimo capitolo, sono sicura che Eva diventerà il mio personaggio perferito, anche l' altro è sto bello sopratutto la prima parte del risveglio di Charlize che ricorda la mia resuscitazione XD
 
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Fee1702
view post Posted on 16/11/2009, 22:55




Eva è fantastica *-*
 
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.Jada.
view post Posted on 26/11/2009, 21:59




E da quì inizia tutto.
Inizia la storia.
Iniziano i guai.
Inizia seriamente quest'avventura, e iniziano i capitolo scritti singolarmente da ogni autrice; tendo a ricordare che ogni capitolo che viene postato da oggi in poi è stato scritto dalla persona stessa che lo posta.
Buona lettura(;


Capitolo 3



Era una serena giornata di settembre, il 15 per essere più precisi.
Per la maggior parte delle persone quella data era priva di significato, ma per una cerchia, non poco ristretta, di ragazze, che sapevano guardare oltre la routine giornaliera, voleva dire soltanto una cosa: erano tornati!
Dopo mesi di silenzi, falsi rumor, cambi di look e scatti rubati, Bill, Tom, Gustav e Georg volevano gridare al mondo intero che erano vivi, e pensarono che la cosa migliore per farlo era di suonare nella capitale della loro patria: Berlino.
Inizialmente i manager si erano opposti, proponendo gli Stati uniti, ma loro si erano battuti con tutte le proprie forze, ed avevano vinto.
Per troppo tempo avevano trascurato le fan della Germania e di tutti quei paesi che li avevano sostenuti fin dall'inizio, che li avevano sempre spronati ad andare avanti.
Infondo, se ora erano una band di fama mondiale, dovevano tutto a loro, a quei fan che hanno sempre creduto in Bill, Tom, Gustav e Georg, per cui, oltre che un concerto di rinascita, quello era anche un concerto di ringraziamento.

Una cinquantina di ragazze si erano, da due giorni, appostate fuori dal palazzetto, con il solo scopo di accaparrarsi i posti migliori; come sempre avevano sfidato le condizioni meteorologiche che non erano delle migliori, anzi, la notte prima del concerto era stata molto fredda per essere una notte di fine estate.
Bell e Lizie erano arrivate lì la notte prima e mentre erano abbracciate nel sacco al pelo, fecero due conti: avrebbero visto il concerto tra la prima e la seconda fila, per cui, si addormentarono con il sorriso sulla bocca.
Charlie e Ashley, invece, non avevano nessuna intenzione di dormire a terra, al freddo ed in sudici sacchi a pelo, bensì sarebbero arrivate lì un paio di ore prima e, sfruttando le conoscenze paterne, avrebbero assistito al live in prima fila e poi sarebbero andate nel backstage. Ashley era, ovviamente, eccitatissima, avrebbe finalmente conosciuto l'amore della sua vita, mentre Charlize ne avrebbe fatto volentieri a meno, non riusciva a capacitarsi dell'amore della sorella per qualcuno che vedeva solo nei poster o nel televisore al plasma, l'aveva sempre detto lei che l'amore era una cosa strana...

Quando aprirono i cancelli, ci fu la solita corsa, fortunatamente Lizie e Bell erano magre ed allenate, così, contro ogni aspettativa arrivarono alle transenne, prima fila, tra Bill e Georg, ovviamente nessuno delle sue stava più nella pelle.
«Ci credi Bell, siamo di nuovo qui...» Esclamò Lizie con un grande sorriso, la mora annuì, guardando in un punto fisso davanti a lei, da cinque minuti si era fatta molto silenziosa, e questo aveva insospettito Elizabeth.
«Cosa c'è?» Chiese la rossa, all'amica.
«Nulla, mi è sembrato di vedere le Schneider.» Esclamò Anabel sospirando.
Non aveva mai sopportato quelle due, avevano sempre avuto tutto dalla vita e le sembrava che non apprezzassero nulla, per giunta, non trovava affatto giusto che loro sarebbero state in prima fila, senza l'estenuante attesa che era toccata a tutte le altre ragazze.
Le due sorelle, intanto, si facevano largo tra la folla per raggiungere il centro del palco, proprio dove stavano le due amiche.
«Ashley, quel posto non andava bene?!» Sbuffò Charlize, sgomitando tra la folla di ragazze sudate. Odiava quel genere di divertimento, odiava la puzza ed odiava quei quattro.
«Ma qui vedrò meglio Bill!» Le rispose la sorella sistemandosi sulla transenna e non curandosi minimamente di aver dato una gomitata ad una ragazza.
«Ehy, stai un po' attenta!» Sbraitò Anabel, voltandosi e strabuzzando gli occhi vedendo chi l'aveva colpita, allora prima ci aveva visto.
«Oh, guarda chi c'è...» Esclamò la bionda con un ghigno, «le due sfigate.» Continuò.
Quelle due non le erano mai state a genio, nè a lei, nè alla sorella, erano solamente due povere sfigate, che invece di godersi la vita erano costrette a lavorare.
Il punto è che le Schneider non riuscivano a guardare oltre la patina materiale di cui erano circondate, non si erano mai chieste perchè quelle due giovani ragazze lavorassero invece di divertirsi; e lo stesso ragionamento valeva per Anabel ed Elizabeth, loro due non riuscivano a vedere oltre, non volevano capire il vero motivo di tutta quella superficialità, infondo, pensandoci bene, quelle quattro, non erano poi così tanto diverse.
«C'eravamo noi qui.» Protestò Lizie, sbattendo i piedi per terra.
«Ed ora ci siamo noi.» Le rispose Ashley, alzando gli occhi al cielo; ora che c'era avrebbe difeso quel posto con tutte le sue forze, nessuno poteva impedirle di vedere colui che le aveva rapito il cuore da un anno, colui che ogni notte le appariva in sogno, risvegliandole i sensi, colui che aveva il potere di farla andare avanti quando le situazioni della vita la tiravano indietro.
«Dove sono i vostri biglietti?» Chiese con un sorriso beffardo Anabel, la mora sapeva che erano entrate di straforo e toccò, quindi, un tasto dolente, ma aveva dimenticato quanto insolenti fossero quelle due.
«Non ce li abbiamo,» Rispose Charlize con nonchalance, «Ma abbiamo i pass.» Sorrise mostrando due tessere di plastica, attaccate ad una cordicella.
«Per cui,» Continuò Ashley, «Avanti, dite alla security che siamo senza biglietti, tanto rientreremo, siamo delle Schneider.» Disse fiera la mora, con un sorriso beffardo sul volto.
Se c'era una cosa che Anabel ed Elizabeth odiavano più di qualsiasi cosa era la prepotenza, per cui alle parole delle ragazze dovettero chiudere gli occhi e fare un respiro profondo per combattere contro la voglia di picchiarle lì; forse, l'unica cosa che le fermò era il fatto che la security le avrebbe divise, e non avrebbero visto il concerto anzi, molto probabilmente, poiché erano tutte maggiorenni, sarebbero finite in carcere.
Decisero semplicemente di ignorarle, rigirandosi e cercando di chiacchierare, oramai mancava poco e non avrebbero rovinato quel giorno per colpa di quelle due, la stessa cosa fecero Charlize e Ashley.
Il piccolo concerto d'apertura fu breve, nel palazzetto la tensione era tale che si poteva tagliare con un’ unghia di Bill Kaulitz, la mano di Lizie stringeva forte quella di Anabel, così come faceva Ashley. L'unica che non sentiva niente, tranne un tremendo mal di piedi, era Charlize, che, anzi, sbadigliava e continuava a guardare l'ora.
Quando le luci si spensero ci fu un urlo disumano, mancavano una manciata di secondi, dopo dei quali, iniziarono i primi accordi di chitarra e già c'era chi piangeva, la prima canzone fu: “Wo sind eure Hände” . Ottomila paio di mani si muovevano a tempo ed altrettante ragazze cantavano a squarciagola, i loro cuori, battevano assieme alla batteria di Gustav.
Le canzoni si susseguivano e le parole di Bill toccavano l'anima di ogni ragazza.
“E’ sempre stato un poeta” Pensò Ashley, mentre il suo volto veniva bagnato di tanto in tanto da qualche lacrima.
Gli occhi verdi di Georg, intanto, avevano notato quelli azzurro ghiaccio di una ragazza in prima fila, i loro sguardi si erano incatenati e non accennavano a sciogliesi, anzi, di tanto in tanto, uno dei due aggiungeva un sorriso, e quelli della ragazza erano così belli che il bassista sbagliò accordi un paio di volte; errori, ovviamente, seguiti da qualche occhiataccia di Mr. perfezione Kaulitz, alias Bill.
Tom vagava per il palco, alla ricerca di qualche bella ragazza nelle prime file, quando trovò la sua preda era il momento di “Leb die sekunde” e non perse l'occasione per fare il suo bel giochetto con la chitarra, convinto che la biondona in prima fila sarebbe svenuta ai suoi piedi; sfortunatamente però, il rasta ricevette un bel due di picche, perchè la ragazza in questione, non solo non si eccitò guardando il suo bacino spingere contro una Gibson, ma gli sbadigliò in faccia, stanca di tutto quel rumore e quella fatica, tutto ciò fu un duro colpo per l'ego del chitarrista dei Tokio Hotel.
Era il momento di “Reden” e a metà canzone Bill fermò tutto, sorridendo verso le sue amate fans.
«Vorrei, far salire una di voi sul palco.» Proclamò, ci fu un urlo generale, che fece sorridere ancora di più il vocalist. Ashley si sporse dalla transenna, sperando in qualche miracolo divino; Georg con lo sguardo indicò a Bill una ragazza, e pregò, con gli occhi, il vocalist, questo alzò gli occhi al cielo, esaudendo, poi, il desiderio dell'amico: «La ragazza qui davanti, con la maglietta turchese.» Disse.
Anabel spalancò gli occhi, sorpresa, mentre Lizie le stritolò una mano, ma Ashley, alla sua destra, era più sorpresa di lei, e soprattutto era nera di rabbia; non gliene fregava nulla se lei lo avrebbe visto dopo nel backstage, quella lì non doveva avvicinarsi a Bill, lei era solo spazzatura.
Così, mentre Bell si sporgeva sulla transenna per scavalcarla, Ashley la prese per un piede, bloccandola e tirandola giù. Scalciare fu inutile, Bill le diede della timidona, facendo ridere tutto il palazzetto e chiamò un'altra ragazza; Georg sospirò, affranto.
«Ma si può sapere che problemi hai?» Urlò Anabel, rivolgendosi ad Ashley.
«Non alzare la voce con lei!» L'ammonì Charlie, prendendo le difese della sorella.
«E tu non ti mettere in mezzo, razza di cretina!» Oramai Anabel aveva perso le staffe, neanche la stretta di Lizie riusciva a fermarla, nemmeno la paura di essere cacciata dalla sicurezza.
«Come mi hai chiamato?!»
«Cretina, e se vuoi ne ho a bizzeffe di soprannomi per te!» Ripetè Bell, con l'adrenalina in corpo.
«Dilli se ne hai il coraggio, sfigata.» La sfidò Ashley, digrignando i denti.
«Finta bionda.» Rispose Lizie, che non aveva mandato giù quell'appellativo rivolto a Bell.
«Stai zitta tu, ragazzina!» Urlò Charlize, strattonando Lizie.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso, Anabel poteva sopportare tutto, ma nessuno doveva toccare Lizie, e siccome conosceva il punto debole della bionda, diede una spinta ad Ashley, che per poco non cadde dall'altro lato della transenna.
Charlize cacciò un urlo, prima di avventarsi contro la mora.
Calci, schiaffi, tirate di capelli, pizzichi e quant'altro, nessuno riusciva più a fermare quelle quattro, dovettero intervenire gli omoni della sicurezza, che le caricarono di peso, beccandosi anche qualche morso sulle braccia.
«Lasciami che gli spacco il culo!» Urlò Lizie, dimenandosi.
«Vieni qui, e poi vediamo se ci riesci... » Continuava Ashley a provocarla.
Le quattro ragazze vennero sbattute in una stanza abbastanza grande ed accogliente e vennero fatte sedere su dei divani di pelle, controllate a vista da un omone.
«State ferme qui, e non provate ad alzarvi.» Le intimorì questo con un occhiataccia; tutte e quattro alzarono gli occhi al cielo, certe che di lì a poco sarebbero stare sbattute in qualche cella di qualche carcere.
«Grazie, per colpa vostra non vedrò Bill!» Disse Ashley, additando Anabel ed Elizabeth, con gli occhi pieni di lacrime.
«La colpa è solo la tua.» Rispose serafica Lizie, mentre si massaggiava il braccio destro.
«Non sono io che ho cominciato.» Piagnucolò nuovamente la ragazza.
«Smettila Ashley, per la miseria!» Urlò Charlize, «Io neanche ci volevo venire qui, se è per questo, mi hai costretta tu e per vedere chi?! » Iniziò la bionda, non sentendo la sorella che, pallida in volto, le diceva di fare silenzio, «Per vedere quella specie di ragazzo che sculetta sui palchi di mezzo mondo, e quello scopettone che si tromba una chitarra perchè evidentemente è troppo sfigato per trombarsi una ragazza in carne ed ossa!» Oramai la Charlize era partita in quarta e nessuno la poteva più fermare, neanche le facce pallide delle altre ragazze.
«Che c'è? Perchè non parlate?» Chiese dopo qualche secondo.
Nessuno rispose, si limitarono a guardare un punto fisso dietro di lei, così, sbuffando si rigirò e rimase di sasso: il ragazzo che sculetta, lo scopettone e gli altri due la guardavano, ognuno aveva un' espressione diversa sul volto.

Continua...
 
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....:GiulY:....
view post Posted on 27/11/2009, 14:52




L' invidia è una brutta besta, che porta a fare c*****e come questa.
M' immagino la scena di Charlize e dei "quattro sfigati", mitico.
 
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Fee1702
view post Posted on 27/11/2009, 20:39




CITAZIONE (....:GiulY:.... @ 27/11/2009, 14:52)
M' immagino la scena di Charlize e dei "quattro sfigati", mitico.

La vedrai nel prossimo capitolo XD
 
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Fee1702
view post Posted on 6/12/2009, 21:16




Ecco il mio cap ^^ Buona lettura!

Capitolo 4

L’espressione della bionda mutò di colpo. Non che non pensasse quelle cose, assolutamente no, ma perché aveva appena fatto una delle più grandi figure di merda di tutta la sua vita.

Ripensandoci, però, non era nemmeno quello che la turbava, ma lo sguardo di Ashley, la sua Ashley che la guardava piena di rabbia. Aveva di fronte a sé il sogno di tutta una vita per la prima e forse l’ultima volta e lei le aveva rovinato il momento.

Abbassò la testa e si morse il labbro inferiore. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essersi tappata la bocca in tempo.

Anabel e Lizie, nel frattempo, stentavano a credere a ciò a cui stavano assistendo. Migliaia di volte si erano ritrovate, insieme, avvolte in un abbraccio, mentre osservavano le stelle, a fantasticare sul loro ipotetico incontro con i propri beniamini. Elizabeth si vedeva vestita elegante, seduta ad un tavolo, a lume di candela, con lui, il suo batterista dai capelli color miele, mentre le imprigionava la mano nella sua. Anche Anabel, dal canto suo, benché fosse la più matura e razionale delle due, si era ritrovata a sognare un po’, mentre sfuggiva per qualche minuto alle preoccupazioni della sua vita reale.

Sperava in cuor suo che un giorno qualcuno avrebbe bussato alla sua porta e l’avrebbe portata via con sé, lontana da tutto. E durante quel concerto, per un istante che le sembrò eterno, due occhi color smeraldo si erano persi nell’oceano dei suoi e lei aveva pensato che, forse , a quel “qualcuno”, avrebbe dato il volto di Georg.

«Specie di ragazzo che sculetta per i palchi di mezzo mondo…»

Ci pensò la voce squillante di Bill Kaulitz a frenare i pensieri delle ragazze, mentre, distratto, si accasciava su un divanetto di fronte a loro.

«Questa dovrò appuntarmela, non l’avevo mai sentita dalla bocca di una mia fan».

Ashley ebbe un sussulto, quasi un mancamento. La sua voce, la sua incredibile voce le accarezzava l’udito e i suoi occhi erano poco distanti da lei. Fu come se la sua vita e i suoi sogni si fossero incontrati, eppure, non nel mondo migliore.

Charlize, a cose normali, avrebbe risposto al moro che se non aveva mai sentito quelle parole era perché lei non andava nemmeno vicina ad essere una loro fan e che se avesse aperto un po’ gli occhi, il signor “infilounditonellapresaperfarmilamessainpiega”, si sarebbe accorto che lei non era la prima né l’ultima a pensarla così.

Ma non lo fece, per quella sera aveva già parlato abbastanza. Si limitò a lanciargli un’occhiata di fuoco.

«E’...è finito il concerto? » Azzardò Anabel per tentare di migliorare almeno un po’ la situazione e instaurare una sorta di conversazione civile.

«Non saremmo qui, non ti pare?» Rispose acido il chitarrista dai lunghi rasta biondi, continuando a guardare torvo Charlize.

«Alla faccia della gentilezza Tom» Lo ammonì Georg.

«Gentilezza? Io entro qui e mi sento chiamare sfigato e scopettone e tu vieni a parlare a me di gentilezza?» Il biondo avrebbe continuato ancora se non fosse stato per il mansueto batterista che prese in mano le redini della situazione.

«Ok , ok, basta così, abbiamo iniziato tutti quanti con il piede sbagliato. Ricominciamo. Piacere, sono Gustav». Disse, tendendo la mano ad Anabel di fronte a lui.

«Anabel» Rispose sollevata la bruna.

Le presentazioni e i convenevoli si susseguirono, tra imbarazzo, Lizie e Ashley, le quali non riuscivano a spiccicare parola, cordialità , Anabel, Georg e Bill e grugniti, Charlie e Tom.

Parlarono del più e del meno, i ragazzi spiegarono che si erano recati da loro perché avevano assistito, divertiti, alla prima rissa tra ragazze durante un loro concerto ed erano curiosi di conoscere le artefici di tutto quel trambusto. Tra risate generali e qualche battuta poco piacevole di Tom indirizzate alla bionda e superba Charlie, i minuti passarono.

Ashley non riusciva, però, a rompere il giaccio. Scrutava Bill in ogni suo particolare, si perdeva nella perfezione dei suoi lineamenti, nella profondità dei suoi occhi e nessuno sapeva quanto lei avrebbe voluto dire in quel momento e quanto stava male per il non riuscire a farlo.

Sua sorella la osservava e riusciva a leggere nei suoi occhi la sua frustrazione.

Anche Bill sembrava essersi accorto di qualcosa, per questo lanciava alla ragazza sorrisi rassicuranti. Era ormai abituato a tentare di mettere a proprio agio le sue fan.

La minore delle sorelle Schneider pensò che avrebbe dovuto cercare almeno di rimediare a quello che aveva fatto e si fece spazio dentro di lei un’idea. Forse bizzarra, ma pur sempre un’idea.

Mentre pensava al modo di attuare il tutto, Anabel e Georg sembravano non esaurire mai argomenti di conversazioni. Le loro parole erano accompagnate da risate argentine del bassista e dai sorrisi della bruna, che non ricordava più quale fosse stata l’ultima volta che aveva parlato così tanto con un ragazzo.

Anche Lizie, aiutata dall’umiltà e dalla tranquillità di Gustav, si era dimenticata di avere di fronte a sé il batterista dei Tokio Hotel e in quel momento, chiacchierava tranquillamente con un ragazzo normalissimo, proveniente da Magdeburg.

Bill iniziò a parlare del concerto, raccogliendo le impressioni di tutti e pavoneggiandosi delle sue doti canore, scatenando l’ammirazione totale di Ashley e le alzate di occhi al cielo dell’altra sorella Schneider.

A Tom non sfuggiva niente delle reazioni della ragazza. Si trovò a scrutarla meglio, apprezzando le forme generose e il viso d’angelo di Charlie.

Un viso d’angelo che, secondo lui, non corrispondevano al suo carattere. Già se la immaginava mentre dominava, nel suo letto le sue voglie più perverse. Fu in quel momento che si ritrovò, inconsciamente a leccarsi il piercing e a guardarla in maniera più insistente.

«Ti hanno tolto l’uso della parola, rocchettaro?»

Commentò lei, irritata.

«Forse…ma non di qualcos’altro» Ammiccò il ragazzo.

«Tom! Porca miseria, frena i bollenti spiriti» Lo riprese il gemello.

Il rasta scrollò le spalle e si finse interessato alle chiacchiere che si stavano diffondendo nella stanza.

«Ashley, dannazione! Dì qualcosa…» Incoraggiò Charlize.

«Io…non…non ce la faccio» Si strinse lei nelle spalle.

La bionda alzò gli occhi al cielo e decise che in quel momento doveva dare un’altra possibilità alla sorella.

«Bene» esordì, alzandosi dalla sedia sulla quale era seduta, mostrando il suo metro e settanta di indubbio fascino e destando smorfie di approvazione da parte del rasta. «Credo che si sia fatto tardi, io e mia sorella dobbiamo togliere il disturbo»

« Uh, la mammina ti aspetta? » Osservò serafico Tom Kaulitz che si beccò un’occhiataccia da tutti presenti, tranne che da Anabel e Elizabeth che sghignazzarono tra loro.

Charlize, con molta fatica non rispose a quella provocazione, lo fece per sua sorella.

« Però, per rimediare a tutto il casino che abbiamo armato, ci piacerebbe se una sera di queste vi uniste a noi per una cena nel nostro Hotel, il “Gran Palace” »

Lo disse con sicurezza, non era certo il tipo che si vergognava, al contrario di sua sorella, che al momento della richiesta rimase sbalordita e sognante.

Le altre due ragazze, invece, si incupirono. Mai, sarebbero state invitate al tavolo delle Schneider. Non che lo desiderassero particolarmente, ma se lì ci fossero stati anche loro, le cose cambiavano eccome.

« “Gran Palace”? Questo sì che è buffo… Noi alloggiamo lì per l’intero mese, per la registrazione del nuovo album e per gli ultimi concerti nelle vicinanze» Asserì, sorridendo, il bassista.

Bill sembrò apprezzare quell’offerta e Gustav lanciò un’occhiata a Lizie, sperando di ritrovarla là quella sera. Peccato che le cose non sarebbero state di certo facili. Tom sbuffò, scatenando ancora di più l’irritazione della “piccola” Schneider, che si stava trattenendo, come mai aveva fatto in vita sua.

«Mi sembra un’ottima idea».

Rispose con un sorriso a 850 denti il cantante, guadagnandosi l’approvazione di tutti gli altri membri della band, tranne uno.

Ad Ashley per poco non venne un infarto e Charlie fu felice di vederla così contenta. Riuscì,infatti, addirittura a rivolgere un sorriso a Bill. “Un passo avanti”, pensò la biondina.

Le altre due, invece, si guardarono, scambiandosi sguardi tristi e rassegnati. Cosa che non sfuggì a Georg, il quale, però non seppe darne una spiegazione.

« Perfetto, allora magari, voi due scambiatevi i numeri, così ci metteremo d’accordo».

Consigliò a Bill e Ashley, Charlize, in tono sicuro. L’altra sorella la incenerì con lo sguardo, Bill, al contrario, non ci vide nulla di male e scrisse su un biglietto di fortuna il suo numero alla ragazza.

Ashley ancora stentava a credere al tutto, quando il ragazzo le porse il pezzo di foglio. Ormai era caduta in uno stato catatonico. Bill sorrise nel vedere le sue guance diventare di un rosso acceso.

Anabel decise che forse anche per lei e Lizie era giunta l’ora di andare, il mattino seguente le avrebbe aspettate una mattinata di intenso lavoro, così si apprestarono a salutare tutti.

« E’ stato un vero piacere Bell, a presto allora…» La salutò il bassista.

“Bell”, l’aveva chiamata “Bell”, arrossì.

«Piacere mio…» Gli disse prima di voltarsi ed uscire dalla porta.

Il saluto tra Lizie e Gustav fu un po’ più imbarazzato, una semplice stretta di mano. Elizabeth aveva paura di rovinare qualcosa in quella strana, ma perfetta serata e si limitò a non andare troppo oltre con i convenevoli. Era comunque certa, che, anche se non alla cena, lo avrebbe rivisto prima o poi. Infondo il loro albergo era il loro posto di lavoro. Sorrise e, anche lei, uscì attraversando la porta, per raggiungere la sua amica.

Mentre le due Schneider, dopo aver anche loro, salutato tutti, più svogliatamente Charlie, la bionda si sentì trattenere per un braccio.

«Vedremo se sono così sfigato da farmi solo la chitarra» Le soffiò in un orecchio Tom Kaulitz.

«Vedremo se ti darò la possibilità di dimostrarlo, idiota» Ruggì la bionda, stanca delle continue allusioni del ragazzo.

Lui sorrise, già immedesimato nella sua prossima sfida, lei uscì senza voltarsi indietro.

Ashley, invece pensò ancora al tocco della mano del cantante, così delicata, così speciale e si rallegrò del fatto che quella non sarebbe stata l’ultima volta.

Quattro ragazze si divisero per la città di Berlino, ognuna per la sua strada, ognuna pensando ad un paio di occhi diversi.

Lizie e Bell, una volta a casa si raccontarono ogni minima parola ed ogni minima sensazione. Non smisero mai quella notte di parlare. C’era troppo, davvero troppo da dire.

Anabel osservava la sua piccola Elizabeth che emanava una luce diversa, principesca, mentre parlava della sua “favola”. Era incredibile come in così poco tempo quei ragazzi le avessero regalato una gioia così immensa, una sorta di piccola oasi momentanea nel loro deserto. Si addormentarono così, con un nuovo sorriso sulle labbra.



***

Era l’ennesimo vestito che provava e finalmente era riuscita a trovare quello giusto. Quella sera Ashley pensò che avrebbe dovuto essere perfetta e così, intenta a cercare la minima imperfezione si osservò attentamente allo specchio. Lo specchio che rifletteva l’immagine di una ragazza bellissima avvolta da uno stretto vestitino rosso senza spalle, sulle quali ricadevano i suoi lunghi capelli scuri.

Charlie era intenta a indossare l’ultimo paio di scarpe acquistato, firmato prada. Adesso la sua altezza sfiorava il metro e ottanta. Sorrise soddisfatta mentre si rimirava per l’ultima volta, dopo essersi stesa sulle labbra un rossetto piuttosto scuro.

Non aveva nessun interesse ad apparire particolarmente bella, proprio quella sera, ma per lei era uno stile di vita, semplicemente, DOVEVA essere bella.

«Non ce la farò» Piagnucolò Ashley, mentre prendeva la sua borsetta abbinata al vestito.

«Non riuscirò a dirgli nulla neanche stavolta».

Charlie roteò gli occhi e la affrontò.

«Oh sì che ce la farai, o ti strapperò i capelli ad uno ad uno! »

«Ma tu non capisci! Lui per me è tutto… »

«Io capisco che tu la devi smettere di lamentarti e basta, mostra le palle una buona volta! Non a tutte capita un’occasione del genere e tu invece ce l’hai. Vuoi quel coso? Allora vai e prenditelo. »

Detto questo alla sorella, la bionda si avviò fuori dalla stanza, stanca di sentire continui piagnucolii.

Ashley ci pensò su, infondo sua sorella aveva ragione. Chi altra avrebbe avuto un’occasione del genere? Nessuna, e lei voleva Bill, lo voleva con tutta se stessa. Quindi avrebbe seguito il consiglio di Charlize e se lo sarebbe preso, fosse stata anche l’ultima cosa che avrebbe fatto. Forte di questa consapevolezza seguì Charlie fuori dalla porta.

Tutto questo non aveva a che vedere con quello che stavano vivendo le altre due ragazze, che con fatica, si destreggiavano tra i tavoli della sala del ristorante dell’ Hotel.

Lizie fissava la porta impaziente di vedere sbucare prima o poi i ragazzi, quando qualcuno si scontrò con lei, rischiando di versare il vassoio.

«Ehi ragazzina, vedi di svegliarti » Le urlò un suo collega cameriere.

«E tu vedi di farti i cazzi tuoi» Rispose Anabel per lei.

«Lizie, tesoro, torna in te o stasera nessuno avrà del cibo. » Sghignazzò la mora, seguita da un sorriso di Elizabeth.

La realtà era che un po’ si vergognava di farsi vedere da Gustav mentre serviva. Lei voleva essere con lui in un ristorante, ma di certo, in un’altra situazione. Anabel non si preoccupava molto di quello, invece. Lei per prima cosa era stessa, l’uomo che l’avrebbe liberata dal suo “cenerentolismo” avrebbe dovuto prenderla così, cameriera o meno.



Quando le due Schneider fecero il loro ingresso nella hall, i ragazzi erano già lì. Grazie alla mezz’ora di ritardo voluta da Charlie per farsi desiderare, tutti avevano pensato a chi fosse il mostro che era riuscito a togliere il primato a Bill Kaulitz.

Quella volta Bill notò il sorriso più acceso di Ashley e ne fu inaspettatamente sollevato. Tutti i ragazzi avevano osservato a lungo le due sorelle, apprezzando la loro bellezza. Persino Tom dovette ammetterlo, ovviamente non ad alta voce.

Charlize invece li scrutò ad uno ad uno con sdegno. Nessuno aveva la mia idea di cosa fosse l’eleganza. Il biondino cicciotto aveva un cappellino sportivo e le scarpe da ginnastica, bocciato!

Il piastrato muscoloso gli occhiali da sole anche di sera, bocciato!

Il porcospino aveva i camperos, del tutto fuori moda, bocciato!

E il rasta…Oh il rasta era decisamente fuori luogo, si vergognò quasi di farsi vedere in sua compagnia.

«Anabel ed Elizabeth? » Chiese il bassista, dopo averle salutate.

«Oh non temere, le vedrai, loro sono già dentro» Sghignazzò Charlize.

Gustav e Georg, rassicurati, si avviarono nella sala.

La cena iniziò tra le chiacchiere di tutti, Charlie si accese in una conversazione sulla moda con Bill. Si trovavano ovviamente in disaccordo su molti punti, primo tra tutti i “camperos”, ma se non altro la discussione era stimolante.

Ashley parlava un po’ con tutti, ma senza mai togliere di dosso gli occhi dal moro, che di rimando le sorrideva apertamente.

Tom si annoiava a morte invece, decise quindi di trovare un modo per animare un po’ la serata.

«Ehi Paris Hilton, a proposito di moda, non sai che mostrare una quarta di reggiseno con una scollatura da vertigine non è elegante? » Iniziò il biondo rivolto a Charlize.

«Tu vieni di parlarmi di eleganza? Comprati qualche vestito, invece di trovarli nei cassonetti, barbone» rispose la bionda, irritata.

Bill rise di gusto come tutti e rivolse uno sguardo ad Ashley che per un attimo si perse nel nocciola dei suoi occhi. Il cantante rimase a fissarla per qualche secondo, notando forse solo allora quanto i suoi occhi fossero profondi. Lei abbassò lo sguardo, arrossendo e lui sorrise portandosi alla bocca un pezzo di pane. Quel momento, la ragazza, non lo avrebbe mai dimenticato.

Georg poi, sussultò, giurò di aver visto Anabel, ma non poteva essere lei. Aveva un grembiule ed una divisa nera e stava servendo, sorridente una pietanza ad un tavolo poco distante. Ma poi, si accorse della presenza di una ragazza dai capelli rossi e lunghi, la stessa che quella sera era con Anabel, Lizie.

Tirò una gomitata a Gustav e lo fece voltare in direzione delle due. Occhi negli occhi, quattro sguardi si incrociarono tra loro, tra lo stupore dei due musicisti, l’imbarazzo di Elizabeth e la nonchalance di Anabel.

Le Schneider non persero tempo a vantarsi del fatto che le due ragazze non fossero altro che loro inservienti. Bill era troppo occupato a raccontare ad Ashley della sua vita per prestarci attenzione e Tom pensava ad altro… qualcosa di molto, ma molto diverso.

Gustav e Georg sembrarono non preoccuparsi di quella differenza sociale, cosa che fu lampante quando i due le salutarono con la mano, destando il sorriso di Anabel. Lizie invece aveva ancora quella tristezza che la assaliva.

«Non ti preoccupare piccola, non sono stupidi» la rincuorò Bell.

Charlize non si spiegò l’interessamento palpabile di quei due verso le cameriere, ma del resto non capiva proprio niente di quei tizi.

Tom continuò per tutta la sera a provocarla, ma quella volta la bionda non rimase zitta, rispose ogni volta a tono. Tranne l’ultima volta.

«Sei tanto brava a giudicare le apparenze, vero? Perché invece non ti preoccupi di più di come sei? CI faresti più bella figura». Questa fu l’ultima accusa del chitarrista nei confronti della ragazza, dopo un battibecco degenerato.

Tutti, che fino a quel momento erano occupati in altro, chi a lanciare sguardi alle cameriere, chi in una conversazione infinita, si voltarono a fissare Tom e Charlie che si guardavano pieni di odio.

«Scusate, vado a respirare un po’ d’aria pulita, qui c’è puzza» Disse alzandosi la ragazza.

Ashley si preoccupò, ma sapeva che in quel momento, raggiungerla sarebbe stato invano.

Tom, stizzito si alzò a sua volta sbattendo a tavola il tovagliolo. Non concepiva che quella non lo guardasse con desiderio, che non accennasse a piacerle almeno un po’.

Charlize si accese una sigaretta e si lasciò avvolgere dall’aria fresca settembrina, constatando però che non faceva per niente caldo e pensò che quell’idiota non sapeva proprio nulla di lei.

«Te l’avevo detto di metterti qualcosa di più accollato» L’ammonì il rasta vedendola rabbrividire.

«Vattene, non ne hai abbastanza di me? »

«Beh in effetti… Però, sai non è più così divertente senza la mia vittima»

Charlize si lasciò scappare un leggero accenno di sorriso.

«Senti, mi sono lasciato prendere la mano, non volevo dire… cioè…quelle cose le penso, però…»

Iniziò lui, incerto.

«Stai tentando di chiedere scusa?»

«No, va beh… è che…» Il suo tentativo di risposta fu interrotto dal brontolìo di stomaco della ragazza, che, imbarazzata si portò le mani alla pancia. Il chitarrista scoppiò in una sonora risata.

«Non c’è nulla da ridere! » Replicò lei.

«Se invece di fare la schizzinosa avessi mangiato tutto, ora non brontolerebbe»

Colpita e affondata. Non le era mai piaciuto farsi vedere trangugiare ogni tipo di cibo. Preferiva sfamarsi dopo, in camera sua con una pizza o un panino.

«Senti pensavo, a me non va di tornare dentro, magari potremmo…» Esordì il biondo.

Charlize strabuzzò gli occhi nell’intuire ciò che stava passando per la testa del ragazzo. Non sapeva che per lui era un modo per approfittarsi della situazione e “vincere” il suo bottino e non un raptus di gentilezza.

«Potremmo…?» Lo incitò.

Il biondo stava per continuare, ma qualcuno decise di interrompere.

«Charlize!!!» Urlò un ragazzo biondo e alto dal finestrino della sua mercedes a due posti.

«Kevin! » Lo salutò felice la bionda. Quella prospettiva era molto più interessante rispetto ad una pizza con quel buzzurro.

«Salta su, ci facciamo un giro!»

«Arrivo…»

«Un’altra volta eh Kaulitz… Scusami con gli altri»

E lo lasciò lì a bocca asciutta. Con un calcio lanciò lontano un sasso capitatogli davanti e maledì il carattere difficile della ragazza che sentiva già sotto le sue mani.



Intanto Ashley e Bill si erano persi nei discorsi più disparati. Lui scopriva la dolcezza e la semplicità che si nascondeva sotto un costoso abito di “Valentino” e lei scopriva di non essersi mai sbagliata sul conto di quel ragazzo così magnetico che le aveva letteralmente inondato il cuore. Decisero di allontanarsi insieme quella sera per continuare il loro discorso passeggiando all’aria fresca, tra risate, sorrisi e sguardi. Il tempo si era fermato intorno a loro e il cuore di Ashley cessò di battere quando il ragazzo le spostò una ciocca di capelli dal viso, nascondendola dietro l’orecchio della ragazza.

Ma la notte arrivò anche per loro, così Ashley fu accompagnata da Bill alla sua stanza.

«Sono stato bene stasera, avevo bisogno di un po’ di tranquillità» Disse il moro giunti di fronte alla porta.

«Io, beh grazie della serata» Certo non poteva chiedergli di entrare, non così, non subito, anche se lo avrebbe fatto volentieri.

«Grazie a te Ley» E dolcemente le posò le labbra sulla fronte, gesto che fece aumentare i battiti del cuore della ragazza, che si preoccupò che li sentissero anche dal piano di sotto.

La sua serata finì così, come quella di una principessa accompagnata dal suo principe. Entrò in stanza, si tolse le scarpe e si buttò a peso morto sul letto battendo le gambe su di esso e iniziando a ridere come una scema.

Era la sua “Ley”.



Gustav e Georg erano rimasti ancora un po’ nella sala ristorante per riuscire almeno a salutare le due ragazze, ma, irritati dal malumore di Tom decisero di andare a letto.

Gustav, piuttosto stanco, si gettò dentro la doccia per rigenerarsi e mentre l’acqua scorreva sul suo corpo, si trovò a pensare allo sguardo di Lizie, l’aveva vista preoccupata, quasi triste, ma infondo non la conosceva, poteva anche sbagliarsi.

Georg, a sua volta, pensava ad Anabel, il suo viso l’aveva incantato del tutto, doveva parlare ancora con lei, avrebbe trovato il modo.

Anabel provò un po’ di tristezza, quando, tornata a servire uno degli ultimi pasti della serata non trovò più i tre ragazzi seduti. Lo stesso fu per Lizie che lanciò un’occhiata rassegnata all’amica.

Quest’ultima accarezzò la chioma rossa della più piccola e la rassicurò, ancora una volta.

«Lo rivedrai, te lo prometto!»

Come avrebbero fatto l’una senza l’altra?


 
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; Lady ;
view post Posted on 7/12/2009, 12:59




Ok, diciamo che mentre leggevo mi sono fatta quattro risate con la rissa delle ragazze.
Gustav che fa da mediatore è il massimo.
Scusate il ritardo per questa ff, ma mi dimentico sempre -.-'
Commentavo a Fee capitolo per capitolo su msn, perciò lei sa xD
Complimenti per la ff.
^^
 
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31 replies since 13/11/2009, 16:12   8814 views
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