Verschieden, Progetto fanfiction a sei mani

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Kate ~
view post Posted on 16/11/2009, 20:57 by: Kate ~




Ed ecco il secondo capitolo, scritto solo da me.
Troverete la scheda del personaggio, come sempre, in fondo.
Spero vi piaccia! Buon lettura ^^

Capitolo 2



Quella mattina, Eva si svegliò con un gran mal di testa. La sera prima aveva tirato tardi con To¬m perché il ragazzo aveva una gran voglia di parlare ed Eva lo assecondava sempre. Parlare, per Tom, significava borbottare parole gesticolando, fumando, bevendo e, a volte, passeggiando avanti e indietro per la stanza.
Eva adorava questi momenti, che chiamava scherzosamente “la purga”, riferendosi al fatto che Tom sembrava svuotarsi di tutti i suoi affanni quando passava una serata in sua compagnia, dato che in lei vedeva l’amica e la sorella che non aveva mai avuto. Certamente Tom non poteva definirsi un ragazzo solo, dal momento che l’adorato gemello Bill e i suoi amici gli erano sempre accanto, ma non si era mai confrontato veramente con una persona del sesso opposto e in lei aveva trovato tutto quello che gli mancava.

Fra i due non c’era mai stato nulla che andasse oltre alla stima e all’affetto reciproci. Si volevano bene ma non si desideravano. Erano amici e capitava anche che delle notti si addormentassero nello stesso letto, ma il loro era un rapporto platonico e assolutamente innocente, contrariamente a quanto si potesse pensare.

La sua fama di playboy lo precedeva ed Eva, inizialmente, nutriva poca simpatia per il bel rasta, che la guardava sempre con fare languido e non lesinava qualche battutina. In seguito, solo pochi mesi dopo il suo ingresso nel “team Tokio Hotel”, aveva scorto una luce diversa nei suoi occhi color nocciola. Si erano avvicinati, timidamente, in una tiepida sera primaverile mentre sostavano nell’ennesimo hotel. Tom l’aveva raggiunta sulla terrazza del lussuoso albergo, con il pretesto di farle compagnia. In realtà era desideroso quanto lei di poterla conoscere un po’ meglio. La chiacchierata era durata quasi due ore e, da quella sera, era nato un sodalizio. Quando Tom era con lei, tornava il ragazzo sconosciuto che era stato fino a qualche anno prima, lasciandosi andare a confidenze che non avrebbe mai creduto di fare a qualcuno che non fosse Bill.

Eva poggiò i piedi giù dal letto, si stiracchiò alla bell’è meglio e diede un colpetto alla spalla di Tom, che si era addormentato sul suo letto senza però stendersi sotto le coperte.
La ragazza, la sera prima, non aveva voluto svegliarlo per spedirlo nella sua stanza, così l’aveva coperto con un plaid di lana e si era addormentata a sua volta, sdraiandosi però sotto le lenzuola.
«Tom, muoviti» lo chiamò, dandogli un altro piccolo spintone. Il ragazzo aprì gli occhi e se li stropicciò con una mano, mugugnando qualcosa di incomprensibile. Eva proseguì: «Alle dieci avete l’intervista con quel tizio, quello del giornale francese. Sono le nove…»
«Cazzo!» Tom si fiondò giù dal letto, salutò velocemente Eva e corse nella sua stanza. La ragazza, guardandolo sgattaiolare via, sorrise.

Non si sentiva così felice da anni e doveva tutto a quei quattro ragazzi che l’avevano accolta nella loro squadra come fosse un gattino abbandonato. A dire il vero, non aveva molto in comune con un povero gattino, tranne per il fatto che possedeva gli artigli che sapeva tirare fuori, all’occorrenza.
Dopo una rapida doccia scese nella sala ristorante dell’hotel per la colazione. Georg e Gustav erano già seduti al tavolo e quando la videro varcare la soglia, le sorrisero. Si accomodò accanto al batterista ed ordinò del caffè macchiato prima di iniziare a sbocconcellare un croissant.
«Notte intensa?» ridacchiò Gustav, scrutandole il viso.
«Tom aveva voglia di chiacchierare… non so perché ma riesce sempre a farmi capitolare» rispose, sorridendo «Non fa in tempo a bussare che sono già pronta ad ascoltarlo per ore»
Proprio in quell’istante, i gemelli fecero il loro ingresso nella sala da pranzo, seguiti da Toby.
«Ecco, si parla del diavolo…» aggiunse Eva.
«Che ho fatto?» chiese Tom, sedendosi accanto a lei.
«Dicevo che ieri sera mi hai fatto tirare tardi!»
«Io?» sghignazzò.
«Esattamente!» poi si alzò e disse, risoluta «Vado nella hall ad aspettare il giornalista. Non fate tardi, mi raccomando. I francesi son pignoli»

L’intervista durò mezz’ora, il tempo stabilito dalla casa discografica, dopodiché i ragazzi si recarono allo studio di registrazione, come ogni giorno, per poter terminare il loro nuovo disco, atteso da mezzo mondo. In quei momenti, Eva ne approfittava per rilassarsi con un buon libro, adagiata comodamente sul divano della sala.
Amava quel lavoro che si era trasformato in una sorta di avventura. Non avrebbe mai creduto di poter girare il mondo al seguito di una band, senza farne parte. Pensava che, fallito il suo tentativo di sfondare nel mondo della musica, sarebbe stata destinata ad un palloso impiego d’ufficio, chiusa in una triste stanza grigia.

Tra una pagina e l’altra dell’ultimo romanzo di uno dei suoi autori preferiti, si rese conto che doveva a quei ragazzi molto di più di quanto si potesse immaginare. Specie ad uno di loro che, negli ultimi mesi, occupava gran parte dei suoi pensieri senza nemmeno saperlo.

Continua...

____



SPOILER (click to view)
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Eva è inspiegabile. Eva è solo Eva. A tratti vi piacerà, forse la invidierete, forse vi farà tenerezza oppure, forse, vi farà arrabbiare. Ma lei, qualsiasi cosa faccia, è solo e semplicemente Eva. (Kate)


Nome: Eva
Cognome:Chiari
Età: 23
Altezza: 1.63
Peso: 48 kg
Occhi: verdi
Capelli: neri
Segni particolari: tre piercing e una gran voglia di sognare...


Sono Eva, ho ventitrè anni suonati e volevo fare la rockstar ma la vita ha deciso che mi sarei dovuta accontentare della gloria riflessa.
Mi godo le luci del palcoscenico, le urla del pubblico e l’emozione della diretta da dietro le quinte, dal momento che sono la traduttrice ufficiale di uno dei gruppi più famosi della Germania e li seguo, quasi come fossi la loro ombra.

Sono nata a Oberhausen, ma i miei genitori sono italiani, trasferitisi in Germania per motivi di lavoro. Ho una sorella maggiore che è tutto quello che io non sarò mai. Sembra una principessa, si comporta come una principessa e io la detesto. Quando eravamo bambine, ci adoravamo, ma nel periodo dell'adolescenza le cose sono precipitate e le nostre strade si sono divise.

Al compimento della maggiore età ho messo da parte i libri e sono partita alla ricerca del successo, con le mie amiche storiche. Mio padre mi ha urlato dietro un monito che, pressappoco, suonava così “Non tornare a piangere, quando fallirai! Dovresti prendere esempio da tua sorella e laurearti!”
Sono uscita sbattendo la porta, mentre mia madre mi implorava di restare e mia sorella, quella stronza, ridacchiava sotto ai baffi.
Del resto, suonavamo da anni e pensavamo di avere le carte in regola per farcela, ma evidentemente il mondo non era ancora pronto per noi.

Il mio primo piercing risale a quel periodo, quando credevo di poter conquistare il mondo solo con la mia voce. Gli altri due, invece, li ho fatti quando il sogno si è infranto. Volevo comunque ricordarmi quel periodo, come una delle più fantastiche e cazzute fasi della mia vita.

Sono tornata in Germania con la coda fra le gambe solo due anni dopo e ho cominciato a lavorare come roadie, al seguito di un gruppo metal tedesco. Tra un viaggio e l’altro, ho imparato quattro lingue da autodidatta e, a ventidue anni, ho deciso di fermarmi.

Mi sono iscritta ad un corso atto alla formazione di traduttori professionali e, in meno di un anno, ho ottenuto il tanto sognato (dai miei genitori) pezzo di carta che mi conferiva un titolo preciso. Stronzate, a me non è mai importato un fico secco di queste stupide riconoscenze, tutto quello che so l’ho imparato per conto mio e, per questo, non mi sento inferiore a coloro che hanno studiato per anni chiusi nella severa università della capitale.
Ho imparato l’inglese già alle superiori e l’ho perfezionato nel corso della mia “tournee” mal riuscita, vivendo a stretto contatto con il popolo d’oltremanica. Il francese e lo spagnolo, invece, li ho imparati quando lavoravo come roadie e, modestia a parte, conosco abbastanza bene anche il russo, perché la ragazza di Matt, il frontman della band con cui ho viaggiato per due anni, è di Mosca.

Quasi due anni fa, appunto, ho ottenuto un posto di lavoro alla Universal in veste di traduttrice. Mi hanno ingaggiato un paio di volte, per aiutare alcuni gruppi durante le interviste, fino a che non sono arrivati loro…

Era un pomeriggio di merda, non vedevo l’ora di tornarmene a casa (anche se chiamare casa quel buco è davvero eccessivo) quando il capo, Mr. Friedman, mi ha chiesto se potevo raggiungerlo in ufficio.
Nell’esatto momento in cui il mio piede destro ha varcato la soglia della porta del suo ufficio, la mia vita è cambiata.
Ho conosciuto così i Tokio Hotel, quei quattro crucchetti che, adesso, sono tutta la mia famiglia. Per i primi mesi si servivano di me come traduttrice occasionale ma quando gli impegni sono aumentati, la mia presenza è diventata indispensabile.
E’ un anno e mezzo, ormai, che vivo su e giù per il mondo, dentro e fuori da grandi hotel che, se non fosse stato per loro, non avrei di sicuro mai visto.

Quello che era iniziato come un normale rapporto di lavoro, è diventato un vero e proprio sodalizio. Siamo diventati amici, amici veri.
Ho confidato a loro, nelle notti buie passate in viaggio, paure e sentimenti che avevo nascosto per anni.
Devo ammettere che ho sviluppato una sorta di dipendenza nei loro confronti e la cosa un po’ mi spaventa, ma sono certa che, qualsiasi cosa accadrà, non ci lasceremo mai.
Anche perché, da un paio di mesi a questa parte, uno di loro si è fatto strada anche nella mia anima…
 
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31 replies since 13/11/2009, 16:12   8866 views
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