Verschieden, Progetto fanfiction a sei mani

« Older   Newer »
  Share  
.Jada.
view post Posted on 13/11/2009, 20:50 by: .Jada.




Questo capitolo l'abbiamo scritto io e blueNacht.
Alla fine ci sono le presentazioni dei personaggi.
Speriamo che sia di vostro gradimento.



Capitolo 1
(Prima parte)



Si era svegliata presto, con le coperte completamente buttate da un lato e le braccia avvolte al cuscino, come se da un momento all’altro avesse avuto bisogno di un sostegno fisico.
Quella notte non aveva dormito niente, e la stanchezza si faceva sentire già tra i primi minuti delle cinque del pomeriggio, mentre sentiva Elizabeth bofonchiare esasperata, gesticolando in aria qualcosa di incomprensibile.
La vedeva frugare cassetti, fermarsi e ricominciare a camminare, poggiando, ogni tanto, una mano lungo il mento, per potersi ricordare cosa avesse perso.
Anabel sospirò per l’ennesima volta, girandosi verso la finestra, ad osservare per quanto tempo la pioggia sarebbe rimasta sui cieli di Berlino.
Non si era mai scordata, in tutti questi anni, quanto potesse esser rilassante il suono dello sbattere delle gocce contro il vetro, mentre gli ombrelli delle persone si muovevano disordinati, e gli ultimi uccelli si riparavano sotto i cornicioni.
«Ecco, trovato». La rossa si fece spazio con le mani lungo l’armadio, pescando, dal fondo, un affare simile ad un album fotografico, completamente immerso dalla polvere.
Anabel rise, voltandosi verso l’amica. «Cos’è?»
«Il nostro vecchio libro delle foto, ricordi?» rispose Elizabeth.
La mora si alzò dalla sedia, sorridendo. «Sì, ricordo come fosse ieri»
Lizie rise, incominciando a sfogliare le pagine. «Guarda, il nostro primo giro per le vie di Berlino»
«E’ stato il giorno in cui ti vidi per la prima volta con un gelato in faccia» rispose Anabel, prendendo la fotografia. «Che piccina» sorrise.
Elizabeth sbuffò. «Non ero piccola, avevo 18 anni»
«Appunto, lo sei ancora. Sono passati solo due anni» sottolineò la mora, ridendo.
«Sei tu troppo vecchia, io sono nella norma» bofonchiò Lizie, muovendo la mano in aria con nonchalance.
Anabel rise, sdraiandosi nel divano. «E’ passata un’eternità dal quel giorno»
Eppure, se la ricordava ancora quella giornata di sole, mentre riguardava, con nostalgia, le due giovani ragazze nella foto, invecchiate da una carta lucida ormai succube del tempo.

«Oddio Bell, ci siamo perse»
Era così che aveva incominciato a chiamare Anabel, ma lei non se n’era accorta; era troppo impegnata a sfogliare la mappa della città per dare ascolto alle richieste esasperate dell’amica.
«Bell?»
La mora si voltò lentamente, alzando gli occhi dalla mappa geografica. “Sì?”
«Ci siamo perse» biascicò Elizabeth.
Anabel sorrise, piegando la cartina e riponendola in borsa. «No, è solo la città che ha cambiato posizione»
«Non c’è niente da ridere. Delle povere ragazze come noi si son perse a Berlino, non sanno come uscirne, e questo gelato al cioccolato sta incominciando a sciogliersi troppo presto”» sbuffò, leccando i rimasugli che scendevano dal cono.
Anabel rise di nuovo, prendendo l’amica sotto braccio. «Suvvia, tutte le strade portano a Berlino»
«No, tutte le strade portano a Roma. E poi, noi siamo già a Berlino» bofonchiò Lizie.
«Piccoli ed inutili particolari» deviò la mora, incominciando a camminare.
«Ed ora, dove andiamo?»
Anabel rise, sistemandosi una ciocca di capelli. «Non lo so. Arriveremo da qualche parte prima o poi»


In realtà, aveva sempre saputo dove si stessero dirigendo. Di certo, non avrebbe messo a rischio la sua incolumità e quella di Lizie per un’incosciente curiosità. Eppure, le piaceva scherzare con lei, e le piaceva vedere la sua faccia contorcersi in piccoli mugugni esasperati, mentre cercava di leccare il più velocemente possibile quell’immensa palla di gelato.

«E se qualcuno ci rubasse?» domandò Lizie, bloccandosi all’improvviso.
Anabel contorse le labbra, pensando. «Oh, non lo farebbero»
«Perché?»
La mora rise. «Beh, vedendo il carattere che ci ritroviamo, non credo gli converrebbe»
Elizabeth sorrise, continuando a camminare. «Già, poveri loro»


L’ingenuità iniziale di Lizie la faceva sempre ridere, ma quel che più le piaceva di quella ragazza, era l’irrefrenabile originalità nel fare le cose.

Quel giorno, alla fine, si erano ritrovate a camminare per la via principale di Berlino, fermandosi ogni cinque secondi per immortalare, in una foto, le meravigliose emozioni che provavano nel solcare due metri.
«Guarda, quello non è Gustav Schäfer dei Tokio Hotel?» domandò Bell, fermandosi ad ammirare un cartellone.
Lizie girò su se stessa, facendo roteare pericolosamente la palla di gelato lungo la traiettoria circolare. «Dove?»
Anabel rise. «Lì»
«Dove lo ved-» La rossa si bloccò improvvisamente, chinandosi sulle ginocchia. «Bell, hai un fazzoletto?»
Anabel si piegò verso di lei, porgendole il tovagliolo del cono. «L’hai visto?»
«No, mi son completamente imbrattata la faccia di gelato» bofonchiò, pulendosi il viso.
«Oddio, come hai fatto?» rise pesantemente.
Elizabeth sbuffò. «Non ridere» disse, alzandosi imbarazzata. «Stavo cercando di ammirare il panorama da te indicato, quando mi son accorta di aver girato troppo velocemente»
Anabel si asciugò una lacrima, cercando di trattenersi. «Sei assurda»
«Lo so» sorrise, continuando a camminare tra una macchia e l’altra.


Dopotutto, ancora se lo ricordava l’esatto momento, in cui, mentre Lizie si puliva, le aveva scattato una foto, inconscia dell’alto contenuto ricattante che ci potesse essere.
«Dovevi vederti, eri buffissima» rise Anabel, indicando la faccia in questione, completamente colma di gelato al cacao.
Elisabeth contorse la bocca in un ghigno, sorridendo. «Questo è niente in confronto alle tue meravigliose scene»

«Bell, è un ora che giriamo per il negozio...» si lamentò la rossa.
«Voglio compare qualcosa di uguale, e finché non lo trovo non ci muoviamo da qui.» ripeté Anabel per la trentesima volta; si era messa in testa che le ragazze dovessero possedere qualcosa di loro, ma non il solito braccialetto, il solito mezzo cuore, bensì qualcosa di speciale, speciale come la loro amicizia, «Ma io ho mal di piedi!» si lamentò Lizie; sapeva bene che Anabel, sarebbe stata capace di girare per il negozio altre trenta volte, finchè non avrebbe trovato qualcosa di adatto, la sua cocciutaggine non conosceva rivali; perciò alla ragazza non rimaneva altro che sedersi, tirare fuori la digitale e scattare alcune foto, del tutto inutili, ai suoi piedi.
«Trovato!» urlò la mora, zampettando allegramente verso l'amica, «Che ne dici?» chiese sventolando davanti gli occhi della rossa due sciarpe di lana, quella lana pesante, l'unica che riesce a tenerti caldo nelle gelide mattinate di Berlino.
«Alleluja!» cantilenò Lizie con un sorriso, scattando una foto.



«E questa?» chiese Anabel alzando il sopraciglio destro.
«Come non te la ricordi?!» rise Lizie, prendendo tra le mani una foto molto recente.
«Si che mi ricordo, e mi ricordo anche di averla cancellata dal tuo pc.»
La rossa sbatté le palpebre velocemente, «Suvvia, la prima foto del nostro primo concerto assieme, valeva la pena tenerla.» le disse con un sorriso.
«Si ma, guarda com'ero conciata!» si lamentò la mora mettendo un finto broncio.
«Ma falla finita, sei bellissima!»

«Corri Bell, corri!» urlava la rossa tenendo per mano l'amica; i cancelli erano stati appena aperti, ed una massa di gente correva per cercare di accaparrarsi il posto più vicino al palco.
«Oddio che fatica!» biascicò Anabel una volta arrivate davanti la transenna, la prima fila era loro, e nessuno le avrebbe schiodate di li. Lizie si accasciò sulla transenna, le spalle si alzavano e si abbassavano velocemente, la mora, a quella vista, strabuzzò gli occhi.
«Lizie ti senti male?!» chiese con una punta di paura nella voce, ma la Elizabeth alzò la testa e la sua risata si espanse per tutto il palazzetto.
«Oddio, devi vedere la tua faccia!» esclamò, mentre si teneva la pancia con le braccia.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» urlò la mora, poi si rese conto delle parole dell'amica, prese lo specchietto dallo zaino e, guardando il suo riflesso, scoppiò a ridere anche lei.
«Sono sicura che Georg si accorgerà di te!» la prese ancora in giro Lizie, asciugandosi gli occhi.
«Smettila cretina, Georg mi noterà per altre cose.» esclamò alzando un sopraciglio, e facendo ridere di nuovo Elizabeth.
Aspettarono l'entrata dei ragazzi così, prendendosi in giro e ridendo, e quando iniziò il concerto si presero per mano. Stettero un ora e mezza così, mano nella mano, cantando e ridendo, senza piangere, ma con il sorriso sulle labbra. Cantarono a squarcia gola Elizabeth e Anabel, sentivano che, in quel momento, stavano dando ogni fibra del loro essere a quei quattro ragazzi, ed erano felici di farlo insieme.



«Ah, ti devo dire una cosa.» disse Lizie alzandosi dal divano ed assumendo un aria molto seria; quelle foto le avevano fatto ricordare una cosa importante, molto importante.
«Cos'hai combinato?» domandò la mora, che conosceva fin troppo bene quegli occhi.
«Nulla...» rispose Elizabeth guardandosi la punta dei piedi, «ho solo...ho solo preso due biglietti per il prossimo concerti di Berlino dei Tokio Hotel.» aggiunse guardando di sottecchi la mora, che, intanto, aveva fatto cadere l'album delle foto.
«Oh mio dio, come li hai trovati, era tutto sold-out.» urlò Anabel correndo ad abbracciare Lizie.
«Li ho comprati da una ragazza che non poteva più andarci...Siamo nella fossa Bell! Ti rendi conto!» La rossa rispose all'abbraccio dell'amica, li avrebbero rivisti, un'altra volta, ma entrambe sentivano che, quella volta, sarebbe stato diverso.
«C'è solo un problema...» disse sottovoce Anabel.
«Quale?»
«Noi quel giorno lavoriamo...» sospirò la mora.
Delle volte il destino era un po' bastardo, l'avevano sempre saputo loro, e quella volta non si era fatto scrupoli a distruggere, con pochi secondi, la felicità delle due ragazze, che ora si guardavano, una con gli occhi lucidi, l'altra con le labbra arricciate. Stava cercando di rimediare Anabel, lei non si era mai piegata al volere del destino, in qualche modo riusciva sempre a raggirarlo, e ci sarebbe riuscita anche questa volta....

Continua...

____



Nome: Anabel
Cognome: Meyer
Anni: 24
Occhi: Azzurri
Capelli: Castani
Altezza: 1.74
Segni particolari: Ferita nell'animo e due tatuaggi: uno dietro il collo, rappresentante una fenice in volo tra rami di fiori di ciliegio, e una scritta nell'avambraccio destro.

SPOILER (click to view)


Alcune di voi la odieranno, altre la ameranno.
Ognuno ha i suoi pensieri, ognuno ha le sue parole.



Dopotutto, c'era una volta Anabel...

Odio le presentazioni. Odio qualsiasi cosa che metta in risalto solo una piccola parte di ciò che sono; perché alla fine, non mi conoscerete mai abbastanza.
Ho vissuto tre quarti della mia vita ad arrampicarmi in sogni di polvere, mentre mio padre si ubriacava in un bar, e mia madre cercava con morbosità altri uomini.
Le mie uniche forze erano quelle di dimenticare ciò che ero, ciò da cui provenivo, e provare a spiccare il volo verso un qualcosa che non potevano permettersi, un qualcosa che mi rendesse diversa da loro.
Sono stata un'interprete una volta, quando ancora potevo scegliere il corso di lingue, ed il banco di legno in cui dimenticare.
Ma non mi avevano lasciata andare, nemmeno quella volta.
Vidi il mio futuro infrangersi nel momento in cui mio padre si presentò nell'aula dell'Università, sbraitando con vigore ed agitando la verde bottiglia di birra, con quel marchio di rosa rossa impresso nella carta come fosse sangue.
Non passò molto tempo dal giorno in cui il Rettore mi invitò gentilmente ad abbandonare il mio corso di studi, ma non me ne rendo conto nemmeno ora, mentre osservo la mia stanza vuota e ricordo quanto son lontane le pareti.
A dir la verità, non avrei mai immaginato, un giorno, di ritrovarmi a lavorare in un famoso Hotel, con la persona a cui dedico il mio piccolo cuore.
Lizie, la mia piccola stella, la mia dolce ragazza, che mi è stata donata un poco così. Forse per bisogno, forse per pura coincidenza.
Ricordo ancora il giorno in cui scappai dalla mia città, consumando il giornale per cercare un qualsiasi annuncio che mi desse la possibilità di vivere come non avevo mai fatto, e lo trovai.
Trovai l'albergo, trovai la casa, trovai lei.
E adesso che questa dimora non è più vuota come una volta, adesso che non sento più le urla di mio padre verso un muro bianco, Elisabeth riempie le mie giornate di emozioni, risate, vibrazioni che nessuno mi può dare.
Sapete, ogni tanto mi piace sfogliare le fotografie che io e Lizie scattiamo, perché guardandole, realizzo dentro di me che quelle immagini, quei momenti, siano accaduti veramente, tra le strade di questa città, tra le panchine del nostro parco.
E mi diverto, poi, ad intrufolarmi tra le sue risate, e nascondermi sotto le coperte con la musica tra i pensieri, ricordando notti di concerti clandestini in mezzo alle stelle.
Non ho mai creduto alle favole, o a quegli stratagemmi inventati dalle persone per farne felice un'altra, perché son sicura che tutto prima o poi accadrà, anche quando i tulipani rossi che ora vedo davanti al balcone non riescono ad aprire i loro fragili petali.
Ma ci sarà un tempo, in cui troverò un qualcosa per cui sarò disposta a morire come schiuma tra le onde, un tempo in cui cadranno quei muri bianchi che circondano le mie spalle, un tempo in cui rivedrò il mio sorriso allo specchio, senza cercare di trovarlo tra le labbra della mia dolce ragazza.
Dopotutto, un giorno sarò forte anche io, e di questo, nel tempo, nessuno me ne priverà.

**

Nome: Elizabeth, ma chiamatemi Lizie
Cognome: Hale
Anni: 20
Occhi:
Azzurri
Capelli: Rossi
Altezza: 1.65
Segni particolari: Träumerin, sognatrice

SPOILER (click to view)


Non c'è molto da raccontare riguardo la mia vita, o forse si, dipende dai punti di vista; se vi piacciono le belle storie, quelle fatte di principi azzurri e cavalli bianchi, allora tornate indietro, qui non troverete nulla di tutto questo.
Sono una sognatrice, perchè la vita reale è troppo brutta per essere vissuta.
I miei genitori morirono quando avevo 16 anni, e da quel giorno venni sbattuta qui e li a casa di vari parenti.
L'ultima casa in cui sono stata ospitata era quella di zia Clara, un'allegra vecchietta, sfortunatamente, cinque giorni dopo il mio diciottesimo compleanno, morì.
Oramai ero maggiorenne e potevo smetterla con questi continui traslochi, così decisi di cercare un appartamento tutto mio.
Un giorno andai in un agenzia e l'agente immobiliare mi fece vedere una casa, piccola ed economica; non ci accorgemmo però, che li dentro c'era già un suo collega con un'altra cliente, a testa bassa feci per uscire, ma quella ragazza mi chiamò e dopo una breve chiacchierata decidemmo di prendere la casa in due, in questo modo, anche le spese sarebbero state dimezzate.
Fu così che conobbi Anabel, lei è la sorella che non ho mai avuto, è la madre che, troppo prematuramente, mi è stata portata via, è l'amica fedele che mai mi tradirà, la collega con cui bere un caffè.
La mia vita è una continua routine, lavoro, casa, casa, lavoro; raramente andiamo in qualche locale, ma è meglio così, io amo la tranquillità, alla musica psichedelica preferisco un buon libro.

Credo nell'amore, in quello a prima vista, anche se non sono mai stata con nessun ragazzo, poiché venivo considerata “l'orfanella”, ma sono del parere che ognuno di noi sia destinato a qualcosa e a qualcuno, per cui non demordo, so che prima o poi, un principe azzurro verrà in mio soccorso e mi porterà con se nel suo bel castello.
Per il momento mi accontento di vivere la mia vita con semplicità, scattando, con la mia fedele macchinetta, ogni cosa bella che mi passa sotto gli occhi, perchè ho imparato che la vita, troppo breve per essere vissuta la meglio, è fatta di attimi, ed è bello, ogni tanto, fermarsi a guardare quelle foto che racchiudono momenti felici.
 
Top
31 replies since 13/11/2009, 16:12   8866 views
  Share