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Cherry
- Emily -
Continuava a camminare, veloce. Non voleva sentire, non voleva parlare e soprattutto, non voleva discutere.
- Emily, fermati – Ida la richiamò per l’ennesima volta, ma lei continuò a guardare dritto, come se l’amica non esistesse.
- Emily cazzo! – sbottò improvvisamente questa.
- Che c’è? –
- Come sarebbe a dire che c’è? – rispose gesticolando la mora.
Emily la guardò contrariata e continuò a camminare, seguita dall’amica.
- Mi spieghi cosa hai oggi? Sei più strana del solito. Cos’è hai litigato con quello lì? -
- No – rispose secca.
- Come vuoi. Quando ne vuoi parlare, io sono qui. Lo sai –
La rossa non rispose, ed aumentò il passo. Voleva tornare a casa, la giornata era stata abbastanza pesante. Dopo la litigata in auto con Bill, a casa, le grida si erano tramutate in baci. E come sempre, la discussione era stata lasciata in sospeso.
Lei non voleva parlare, e , far smettere di parlare Bill era facile.
Bastava poco. Era eccentrico, ma rimaneva comunque un uomo.
L’aveva lasciato lì, di nuovo. Da solo.
Era uscita di casa in punta di piedi, come una ladra.
Non appena varcò la soglia di casa lasciò cadere la borsa a terra e corse a stendersi sul divano.
Vide Ida iniziarsi a spogliare ed entrare verso la loro camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle.
Sbuffò e si porto le mani sul viso. A volte, risultava acida e schiva ma non aveva la minima intenzione di ferire le persone a cui voleva bene. Non aveva la minima intenzione di ferire lei. Si alzò, e a piedi nudi andò verso la camera da letto.
Entrò e saltellando raggiunse il letto, dove si lasciò cadere con poca grazia.
- Scusa -
Ida sorrise e tornò a frugare nell’armadio.
- Cosa cerchi? -
- Ma, niente. Hai presente Luca, quel ragazzo che ho conosciuto oggi al bar?- la rossa annui e si stiracchiò – mi ha invitata stasera –
- Ah, capisco – disse guardandola maliziosamente.
- No, non hai capito niente. Lui non mi piace, anzi non mi piace per niente; però è stato così gentile e simpatico con me, che mi sembrava scortese rifiutare. Magari nasce una bella amicizia, chi lo può sapere – replicò poggiando sul letto tre capi diversi.
- Perché tu ci credi davvero? – le domandò la rossa.
- A cosa? –
- All’amicizia fra un uomo e una donna –
- Non lo so. Sinceramente spero che esista –
- Dai retta a me, prima o poi gli uomini ci provano. Tutti –
Si mise a sedere e fece per alzarsi, ma la voce di Ida la bloccò.
- Ma dove credi di andare? Devi aiutarmi a scegliere cosa mettere -
Emily l’affiancò ed iniziò a rimirare i vestiti, sul letto.
- Allora – iniziò portando l’indice sulle labbra – il vestito nero, mi sembra un po’ eccessivo per una semplice uscita da “amici”. Idem per la mini nera ed il top rosso. Quindi, opterei per i jeans e la canotta blu . Si si, lo so. Sono un genio. Non c’è di che -
Uscì saltellando dalla camera, così come era arrivata. Lasciando Ida alquanto allibita dal suo comportamento. Era rimasta immobile, con la canotta blu fra le mani.
A volte, era proprio strana…
- Ma cosa stai facendo? – Ida sgranò gli occhi, vedendo Emily ai fornelli.
Indossava un vecchio grembiule rosa pallido, che non le donava per niente.
Anzi, con indosso quel vecchio straccio sembrava ancora più cadaverica.
- Non lo vedi? Cucino! -
- Si, vedo. Ma… perché? –
Emily fece spallucce e tornò a mescolare con il mestolo, il liquido rossastro.
Ida la raggiunse, sbirciando il contenuto della pentola.
- Cos’è? -
- Sugo –
- Deduco che stasera, resterai a casa –
- Esatto – confermò la rossa mordendosi le labbra.
- La roba? – esitò l’altra.
- Domani. Domani sera –
Ida annuì ed andò verso lo specchio ed iniziò a portare su i capelli.
- Perché ti ostini a portare sempre la coda?- le chiese Emily osservandola di sbieco.
- Perché i miei capelli sono orribili – rispose osservandoli. Lisci, castani, all’altezza delle spalle.
- Li devo tagliare –
- E’ da quando ci conosciamo che sento dire la stessa cosa – rispose scettica Emily.
- Li taglierò – replicò convinta. Prese la borsetta e si avviò verso la porta d’ingresso.
- Io vado, a domani! –
La testa stava per scoppiare, se lo sentiva. Lasciò perdere il sugo, si strappò di dosso quell’ orribile grembiule, gettandolo da qualche parte, in un punto imprecisato della cucina ed andò a stendersi sul divano.
Ne aveva bisogno. Ma non sarebbe uscita, non aveva voglia di vedere anima viva. Non aveva voglia di vederlo.
La testa si faceva sempre più pesante, chiuse gli occhi per qualche istante, e poi, il buio.
Sobbalzò nell’udire il suono squillante del campanello. Portò una mano sulla nuca; sentiva una fastidiosa sensazione di vuoto.
Ancora mezza addormentata andò verso la porta, che aprì con noncuranza, e voltandosi con l’intento di raggiungere il divano.
- Ida, perché non fai più attenzione? E’ la centosessantacinquesima volta che dimentichi le chiavi a casa - Non ricevendo alcuna risposta, si girò.
Rimase impietrita. La sonnolenza svanì nel momento in cui incrociò il suo sguardo, serio.
- Cosa ci fai qui? - lui si limitò a guardarla in modo eloquente, come se il motivo fosse ovvio.
- E come hai fatto a trovarmi? – gli domandò vedendolo avanzare.
- Questo, non ha importanza – rispose guardandosi intorno.
- Oh si che ha importanza invece –
Lui la ignorò ed arricciò il naso.
- Ma cos’è questa puzza di bruciato?-
- Il sugo!- esclamò portandosi una mano sulle labbra e correndo verso la cucina, con Bill al seguito.
- Ordino due pizze – disse estraendo dai jeans il cellulare.
- Fa come vuoi – farfugliò Emily, intenta a scrostare la pentola con scarsi risultati. Passò più di venti minuti con l’intento di riuscire a pulirla per bene, mentre Bill, girava per casa curiosando dappertutto.
- E così, vivi qui – affermò Bill, sedendosi sul divano.
- Già – sospirò Emily, stanca. Si arrese e lasciò cadere la pentola sul lavandino. Forse Ida ci sarebbe riuscita.
- Vivi da sola? –
- E’ un interrogatorio? – sbottò acida. Lui s’irrigidì, ma mantenne la calma.
- No. Sto solo cercando di conoscerti meglio, visto che ogni volta che ti chiedo qualcosa cerchi sempre di sviare il discorso. Ma lasciamo stare, se non vuoi rispondermi fa pure – replicò lui, altrettanto acido.
- No, non vivo da sola. Vivo con un’amica – Lui la guardò sorpreso, probabilmente non si aspettava che Emily rispondesse. Pensava sarebbe stata zitta, che si sarebbe chiusa ancora di più nel guscio, o che avrebbe replicato, dicendo che lui non era nessuno, e in quanto tale, non aveva il diritto di porgli certe domande, perché non erano affari suoi.
- Vieni qui – Lei si avvicinò, e si sedette accanto a lui.
- Volevo solo dirti che la discussione di ieri, non è chiusa, anzi, è stata semplicemente interrotta. Quindi… -
Lo squillante suono del campanello, lo fece trasalire.
- Le pizze – annunciò Emily trionfante.
- Non finisce qui – sillabò lui.
Ma Emily, era già troppo lontana per riuscire a sentirlo.
Spostò la pentola, ancora incrostata e fece spazio alle posate e ai bicchieri appena usati. Si girò, e vide Bill che sul divano faceva tranquillamente zapping.
Le faceva uno strano effetto averlo lì, in casa sua. Si rigirò e poco dopo, sentì due braccia avvolgerle il bacino.
- Non puoi farlo domani? -
- Ho quasi finito –
Poggiò le sue labbra sul suo collo. Morbide, calde, umide e vogliose.
Sentì le sue mani risalire, fino a stringersi sui suoi seni. E il suo bacino premere, contro le sue natiche.
- Ho finito – sussurrò voltandosi.
Passò l’indice sulle sue labbra, appena schiuse. Lo voleva, subito.
Si issò sul tavolo e lui, si fece spazio fra le sue gambe.
Nudi, su quel letto. Su quelle lenzuola stropicciate, nudi ed ancora ansimanti.
Si toccavano, si baciavano, si accarezzavano. Non parlavano.
Bill poggiò la mano sulla sua guancia, per poi scendere sul collo ed ancora più giù, sino a prendere fra le mani un seno. Lei, fece scorrere la punta dell’indice sul suo profilo, sfiorando il naso, così perfetto, fino ad arrivare alle sue labbra.
Rosse e terribilmente umide. Si avvicinò, e sostituì l’indice con le sue labbra mentre la sua mano scendeva a stringere i suoi glutei.
Lui sospirò sentendo le sue mani, delicate e pretenziose; ed i suoi sensi s’annebbiarono nuovamente, quando sentì le labbra di Emily premere contro le sue, con quel retrogusto di ciliegia.
Sospirò e si staccò da lui, che prese a passare le unghie sul suo braccio.
Aveva scoperto che quello era uno dei modi più efficaci per far rilassare Emily, e lui, modestamente era convinto di riuscirci alla perfezione.
La rossa si mise a sedere, rompendo il contatto. Passò le mani sul viso e le fece scivolare fra i capelli, portandoli indietro. Sospirò e si voltò verso Bill che a pancia in giù sul letto, abbracciava il cuscino.
- Perché sei qui -
- Che domanda è ? – rispose mettendosi a sedere, accanto a lei.
- Rispondimi – si voltò verso di lui, seria.
- Volevo stare con te – poggiò un’unghia sotto le sue labbra – e poi, così non rischio di svegliarmi e non trovarti – lasciò scivolare l’unghia sul collo, ed Emily ebbe l’impressione che ogni centimetro di pelle, sotto il suo tocco, ardesse.
- Perché domani mattina ti troverò qui, accanto a me, non è vero Emily? –
Le chiese, anche se quella non era affatto una domanda, ed Emily lo sapeva bene.